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Siria, scomparso l'inviato della Stampa Quirico. Calabresi: "Non lo sentiamo da 20 giorni"

Il direttore del quotidiano torinese: "Entrato nel paese il 6 aprile, poi ha spento il cellulare". Nel 2011 fu rapito per due giorni a Tripoli

Giulio Bucchi
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  "Da venti giorni abbiamo perso i contatti con il nostro inviato Domenico Quirico, in Siria per una serie di reportage dalla zona di Homs". Il nuovo allarme sui giornalisti italiani in Siria arriva direttamente dal direttore de La Stampa Mario Calabresi, in un articolo pubblicato su lastampa.it. Quirico, 62 anni, è entrato in Siria il 6 aprile scorso, attraverso il confine libanese, e aveva in programma di attraversare la zona calda di Homs per poi spingersi fino alla periferia della capitale Damasco. Calabresi rivela come da due settimane, una volta persi i contatti con l'inviato ("uno dei più seri e prreparati ad affrontare situazioni a rischio"), l'Unità di crisi della Farnesina si sia attivata in ricerche "fatte in modo silenzioso e riservato in ogni direzione", che tuttavia non hanno portato risultati. Fonti Tgcom invece rivelano che Quirico è stato prelevato da Hezbollah. La ricostruzione di Calabresi - "La mattina di sabato 6 aprile gli abbiamo telefonato per avvisarlo del rapimento dei colleghi della Rai nella zona di Idlib. Ci ha spiegato che il suo percorso sarebbe stato completamente diverso e che ci avrebbe richiamato una volta passato il confine. Nel pomeriggio, alle 18:10, ha mandato un sms con cui annunciava al responsabile Esteri de La Stampa di essere in territorio siriano. Due giorni dopo - prosegue Calabresi -, lunedì 8, ha prima mandato un messaggio alla moglie Giulietta, per confermarle che era in Siria e che era tutto ok, poi verso sera l'ha chiamata a casa. La linea era molto disturbata, ha spiegato che di lì a poco il cellulare non avrebbe preso più e che le persone con cui viaggiava gli avevano chiesto di non utilizzare il satellitare, che sarebbe stato quindi in silenzio per qualche giorno ma di non preoccuparsi. Martedì 9 ha ancora mandato un sms a un collega della Rai nel quale diceva di essere sulla strada per Homs. E' stato questo l'ultimo contatto diretto avuto con Domenico. Prima di partire ci aveva avvisato che non avrebbe scritto niente mentre era in Siria e che per circa una settimana sarebbe rimasto in silenzio: la copertura della rete dei cellulari è saltata in molte zone dell'area di Homs e usare il satellitare non è prudente perché così si segnala la propria presenza".   Rapito anche nel 2011 - Nell'ultimo anno Quirico ha seguito la guerra in Mali, è stato in Somalia e per altre tre volte in Siria, dove aveva visitato Aleppo e seguito i ribelli a Idlib. "Siamo abituati ai silenzi di Domenico, che si ripetono quasi in ogni suo viaggio, tanto che l'ultima volta che era stato in Mali non lo avevamo sentito per sei giorni - sottolinea il direttore de La Stampa -. Fanno parte del suo modo di muoversi e lavorare: ha sempre sostenuto che le tecnologie e le comunicazioni sono il miglior modo per farsi notare e mettersi in pericolo. La sua strategia è di viaggiare da solo, tenendo un profilo bassissimo e mimetizzandosi tra le popolazioni, al punto di condividere con un gruppo di profughi il rischio della traversata in barcone tra la Tunisia e Lampedusa". Tra le esperienze da inviato di Quirico spiccano le cronache da paesi martoriati come Sudan, Darfur, Corno d'Africa, Uganda. E ancora, le primavere arabe in Tunisia, Egitto, Libia. Nell'agosto 2011, nel tentativo di arrivare a Tripoli, era già stato rapito insieme ai colleghi del Corriere della Sera Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina e di Avvenire Claudio Monaci: i quattro giornalisti vennero liberati dopo due giorni, ma il loro autista fu ucciso.  

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