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Marò, rischio pena capitale. Lo Stato Maggiore: "Basta con questa farsa"

"Tornano in India, tanto non li ammazzano". Nuova Delhi smentisce: "Nessuna garanzia". De Mistura insiste: "Ho un'assicurazione scritta"

Matteo Legnani
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"Il governo italiano ha richiesto e ottenuto dalle autorità indiane l'assicurazione scritta riguardo al trattamento che sarà riservato ai fucilieri di Marina e alla tutela dei loro diritti fondamentali" si leggeva l'altroieri nella nota di Palazzo Chigi in cui si spiegava la decisione di rimandare i due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre in India. Tradotto: per loro, niente pena di morte anche in caso di condanna. Rassicurazioni che sono valse la miseria di 48 ore. Perchè oggi, sabato 23 marzo, il ministero della Giustizia indiano, Ashwani Kumarm, ha affermato in un'intervista all'emittente Tv Ibn che "non esiste alcuna garanzia sulla sentenza" che verrà pronunciata sui due militari italiani. "Come può il potere esecutivo dare garanzie sulla sentenza di un tribunale?", ha dichiarato. Sempre Nuova Delhi, in mattinata, ha anche deciso che il processo ai due marò si compirà davanti a un tribunale ad hoc. De Mistura: "Assicurazione scritta" - Dopo le parole sibilline delle autorità indiane, il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura - interpellato dall'agenzia Ansa - ha ribadito che i due marò, Girone e Latorre, non rischiano la pena di morte. Secondo quanto affermato dal mediatore, il governo di Nuova Delhi avrebbe fornito all'Italia "una assiucrazione scritta ufficiale del ministero degli Esteri a nome del governo Indiano", in cui il Paese si impegna ad evitare, in ogni caso, il ricorso alla pena capitale. "Basta con questa farsa" - Durissimo l'intervento del Capo di Stato Maggiore della Difesa, l'Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, che arriva in una nota firmata a nome dell'intero Stato Maggiore della Difesa: "A nome ed insieme a tutto il personale delle forze armate si stringe affettuosamente ai nostri Fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvaotre Girone, ammirandone l'esempio, il coraggio, la disciplina e il senso dello Stato. E' consapevole e condivide la loro sofferenza e soprattutto quella delle loro famiglie che da noi non saranno mai abbandonate, oggi così come dopo la conclusione di questa vicenda". Binelli Mantelli si auspica che "questa vicenda che sta sempre più assumendo i toni di una farsa si concluda quanto prima e che i nostri Fucilieri, funzionari dello Stato in servizio di stato, alla stessa stregua di tutti i militari che operano all'estero con onore per la pace e stabilità internazionali, siano al più presto riconsegnati alla giurisdizione italiana". Lo Stato Maggiore poi precisa che "il comunicato è stato partecipato anche al Presidente del Cocer interforze, il Generale Cotticelli". E secondo Maurizio Caprara, sul Corriere della Sera, la polemica sul ministro della Difesa Giulio Terzi sarebbe feroce anche nel Palazzo. Il suo sottosegretario Marta Dassù l'avrebbe consigliato di dimettersi per salvare la faccia al corpo diplomatico italiano, in grave imbarazzo nello spiegare ai colleghi stranieri il balletto italiano. "Fast track" - Lo scorso 9 marzo il governo indiano aveva già avviato le procedure per il tribunale speciale dopo le accuse di ritardo da parte della Corte Suprema. Come promesso ieri, venerdì 22 marzo, dal sottosegretario italiano agli Esteri, de Mistura, il governo di New Delhi intende ora accelerare il complesso iter. Ai giornalisti il ministro della Giustizia Ashwani Kumar ha detto che la proposta inviata dal ministro dell'Interno è stata approvata ''in principio'' dal suo dicastero, il quale ''è impegnato a mettere a punto altri dettagli''. Spera ''di ottenere il via libera definitivo dal presidente della corte Suprema Altamas Kabir già la prossima settimana''. Secondo lui, il nuovo tribunale si occuperà del caso con una procedura accelerata (''fast track''). L'organismo dovrà decidere se la giurisdizione sul caso spetta all'India oppure se rientra nell'ambito nel diritto internazionale che prevede la competenza della giustizia italiana in base alla Convenzione Onu sul Diritto del Mare. No pena di morte - Intanto il ministro degli esteri indiano Khurshid ha dichiarato che ''non vi è stato fra i Paesi alcun accordo ne' sono state fornite garanzie''. ''Io non so chi abbia tirato fuori la questione dell'accordo - ha dichiarato Khurshid - e neppure perche' si parli di garanzie che non sono state né richieste né date''. ''Abbiamo dialogato su questioni specifiche come l'eventualità di un arresto o l'applicazione della pena di morte, che erano molto sentite in Italia ed in Europa, e su cui abbiamo potuto fornire assicurazioni'', ha precisato il capo della diplomazia indiana. Ma nella comunicazione fatta alla Camera, Khurshid ha detto che ''a prescindere dai procedimenti pendenti, il governo indiano ha informato quello italiano che (...) in sintonia con una giurisprudenza indiana molto condivisa, questo caso non ricade nella categoria di quelli che implicano l'ipotesi di pena di morte, ossia quelli definiti rari tra i più rari. Per cui non si deve avere alcuna preoccupazione al riguardo''. Le reazioni  Il caso dei marò continua però ad agitare la politica (nel mirino Monti e i ministri Terzi e Di Paola: gli ultimi due martedì riferiranno alla Camera). Renato Brunetta, capogruppo alla Camera del Pdl, non usa giri di parole: "Di fronte all'orrenda figura dell'Italia sulla pelle dei marò e sulla credibilità nazionale del Paese serve chiarezza e chi ha sbagliato si assuma le responsabilità". Sulla vicenda è intervenuto anche il Cocer della Marina, che esprime "lo sconcerto e il disorientamento del personale della Marina di ogni grado e ruolo in merito alla tragica vicenda che ha coinvolto nuovamente il destino di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone". I due sono atterrati a Nuova Delhi con un aereo speciale militare la notte scorsa.

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