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L'Egitto affitta le piramidi

La crisi economica strangola il paese del dopo-Mubarak. Il piano del governo prevede una concessione quinquennale, che porterebbe nelle casse dello Stato fino a 200 miliardi di dollari

Matteo Legnani
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Piramidi affittasi. No, non è un'idea alla Totò, che in "Tototruffa 62" voleva vendere a un turista la Fontana di Trevi. Ma l'idea del governo egiziano per far fronte alla crisi economica che sta martoriando il paese dall'inizio della rivoluzione che un paio di anni fa ha deposto il presidente Hosni Mubarak. Le pramidi di Giza e la Sfinge, insieme alle aree templari di Luxor e Abu Simbel potrebbero portare nelle casse dello Stato una cifra dell'ordine dei 200 miliardi di dollari, a fronte oltretutto di un risparmio sulle spese di manutenzione e di sorveglianza di quelli che sono i monumenti più belli e famosi dell'antichità umana. Il progetto trova conferma in Adel Abdel Sattar, segretario generale del Consiglio supremo delle Antichità, che in un'intervista all'emittente OnTv ha parlato di una proposta avanzata dal governo. Secondo alcune indiscrezioni cui fa riferimento la tv  satellitare al-Arabiya, il Qatar, tra i primi sostenitori della   rivolta contro l'ex rais Hosni Mubarak, avrebbe già espresso il suo   interesse a prendere in gestione i siti archeologici  per un periodo minimo di cinque anni. in cambio, appunto di una somma  pari complessivamente a 200 miliardi di dollari, sufficienti per pagare l'enorme debito nazionale e avviare progetti di rilancio dell'economia. Per ora Abdel Sattar ha confermato solo l'esistenza della proposta del governo, mentre ha negato che il Qatar o altri ricchi stati del Golfo siano già coinvolti nella vicenda.

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