"PENA DI MORTE CONTRO L'IS"La misura estrema dei francesi
Tra le pieghe dei poteri speciali accordati al presidente François Hollande è scivolato anche un riferimento - giustamente non reso troppo esplicito - al «coinvolgimento della giustizia militare» nella guerra dichiarata all'Isis sul «fronte interno», cioè quello in casa. Nessuno pare averci fatto troppo caso. Ma è molto importante. Vuol dire che i reati previsti dal codice penale militare - per ora di pace, non ancora di guerra - dopo l'ultimo massacro sono ritenuti molto più adatti della giustizia ordinaria ad affrontare la minaccia dei jihadisti nelle nostre città. Significa anche che si è molto più vicini di qualche mese fa a infrangere un tabù: la pena di morte che ha resistito nei codici militari europei fino a tempi molto più recenti di quanto si pensi. I PROGETTI DI MARINE In Francia le esecuzioni capitali sono state abolite per volere del presidente Mitterand nel 1981. Dal 1995 si sono susseguiti almeno una ventina di progetti di legge, da parte di Marine Le Pen ma non solo, per reintrodurle: ora si vedrà. Pochi lo sanno, ma l'Italia, uno dei primi Paesi ad abolire nel 1948 la pena capitale, l'ha mantenuta nel codice militare tanto di pace che di guerra fino al 1994. E solo nel 2007, con Napolitano, nella Costituzione è stata cancellata la parte dell'art. 27 che continuava a prevederla. E adesso? Che contiamo di fare? Boh. Colpisce che in Italia tuttora, a parte i balbettii di Renzi e compagni, manca un qualsiasi piano di emergenza tipo quello francese. Ed è grave. È talmente evidente che un piano analogo è indispensabile nella malaugurata ma prevedibile ipotesi che ciò che è avvenuto a Parigi succeda anche da noi, come ci hanno promesso più volte. E stupiscono tanti commenti anche di osservatori acuti e incisivi come Sergio Romano che sul Corriere della Sera ha concentrato l'attenzione su un aspetto: il pericolo che i poteri speciali francese aumentino l'arruolamento di terroristi nelle banlieu. Sarà, ma è francamente marginale. L'intervento di mercoledì a Parigi ha dimostrato che se quei poteri fossero stati già in vigore, magari dopo le stragi di gennaio, la sera del 13 novembre sarebbero state risparmiate molte vite di innocenti. La velocità di reazione è decisiva nel limitare i danni. Poi, anzi prima, è fondamentale la prevenzione, la capacità di neutralizzare gli assassini prima che entrino in azione. E in questo è importante il «coinvolgimento della giustizia militare», passato sotto silenzio. I codici penali militari - anche quello italiano «di pace» in vigore - prevedono una serie di reati appunto militari che possono essere contestati non solo a chi porta una divisa ma anche a chi non la porta. E sono crimini che si attagliano perfettamente all'azione logistica dei jihadisti e dei loro supporter con cittadinanza francese (o italiana o belga ecc.) e - ancora meglio - ai foreign fighters di ritorno: dall'«intelligenza con il nemico», al procacciare notizie per compiere attentati, al fornire documenti e mappe, e contemplano pene molto pesanti in genere superiori ai 7-10 anni. Sono cioè gli strumenti giudiziari che, in tempi rapidi, possono aiutare - da soli non bastano - a svuotare il mare in cui nuotano i soldati del terrore. E veniamo alla pena di morte. La Convezione europea l'ha mantenuta in vigore (nei codici militari) fino al 2002. L'ha cancellata allora in una situazione ben diversa, anche se era un anno dopo l'attacco alle Twin Towers di New York che però ci sembrava così lontano. Scelta avvenuta sotto la spinta abrogazionista in particolare dei radicali italiani. Ho sempre avuto simpatia per la loro azione e per «Nessuno tocchi Caino». Ma forse abbiamo avuto troppa fretta. BUONA PREVENZIONE Discorso difficile e delicatissimo. Personalmente sono contro la pena di morte, perché nessuno Stato degli uomini può arrogarsi i poteri del Padreterno. Ma siamo tutti buoni e per la pace. È facile esserlo e il politicamente corretto uccide più dei terroristi. Se il patibolo serve per salvare uno, cento, tanti agnelli sacrificali che non sanno neppure di esserlo, allora è diverso. In guerra, purtroppo, forse la pena di morte è indispensabile. Non come deterrente, già Cesare Beccaria dimostrò ampiamente che non serve sotto questo aspetto. Ma come prevenzione: se vogliono fare i martiri accontentiamoli, contemporaneamente salvando centinaia, migliaia di innocenti. Cominciare a rendercene conto è già un passo avanti. Importante. di Pierangelo Maurizio [email protected]