Una data lega i terroristi da Charlie Hebdo al Bataclan
Va bene Je suis Paris e Je suis qualunque cosa, ma forse non basta. E le scritte pacifiste a piazza Farnese a cornice dell' immensa corona di fiori forse dimostrano che non abbiamo le idee chiare. Una cosa soprattutto è ormai insopportabile. Apprendere tutte le volte che i massacratori risultino essere conosciuti dai servizi di sicurezza di Parigi che però sono sempre colti alla sprovvista. Non è credibile. Basta fare una piccola ricostruzione di 3 anni di stragi jihadiste in Francia e i risultati sono sconcertanti. Morale, i servizi francesi non ce la raccontano giusta. Certo, c' è sempre da capire quale - tra le mille segnalazioni - è quella attendibile. La Francia ha il problema della comunità musulmana più grande d' Europa. Ma non basta a spiegare i flop d' Oltralpe. Uno dei macellai di venerdì è un francese di 30 anni, «conosciuto dai servizi». È stato identificato dalle impronte digitali. Schedato dalla Dgsi, la Direction generale de la securité interieure, dal 2010: occhio all' anno. Sarebbe bastato intercettare lui. Senza contare il "profugo" siriano - un pericolo ovvio denunciato allo sfinimento da Libero, una delle poche voci - tra i carnefici, tre attentatori che vengono dallo stesso quartiere degli stragisti di gennaio nonché la pista belga già emersa allora. Non proprio fantasmi. Anche l' autore degli attentati di Tolosa e Mountaban (tre militari uccisi) e della strage alla scuola ebraica (4 morti) nel marzo 2012 era «conosciuto dai servizi». A Mohamed Merah si è risaliti grazie alla targa di uno scooter e all' ip del computer di una donna, madre di «due sospetti già sotto osservazione dei servizi antiterrorismo». E pure i killer di Charlie Hebdo, Said e Chérif Kouachi, e il complice Adamy Coulibaly dell' assalto al supermercato kosher (7-9 gennaio 2015) «erano conosciuti dai servizi». Uno dei fratelli Kouachi, Chérif, era stato arrestato nel 2008 come membro di un gruppo che reclutava combattenti da mandare in Iraq. I due fratelli Kouachi riescono ad addestrarsi in Yemen nel 2011 quando sono «persi di vista dai servizi». Coulibaly dall' età di 17 anni finisce in gattabuia cinque volte per rapina e spaccio. Una perizia psichiatrica ne evidenzia «la personalità immatura e psicopatica», «scarse capacità di introspezione». Nel 2010 - ancora - viene arrestato perché implicato nel tentativo di far evadere il terrorista Smain Ait Alit Belkacem (un simpaticone che nel '95 voleva far saltare il metrò di Parigi). Indagini che hanno coinvolto anche i Kouachi. Tutti con una sfilza di precedenti per reati comuni "politicizzatisi" in carcere (dunque facilmente agganciabili e controllabili). Tutti scarcerati poco dopo le condanne per terrorismo. Coulibaly e i fratelli Kouachi, grandi amici, sono conosciuti con altri come "quelli di Buttes-Chaumont", dal Parco dove si ritrovano e si allenano in esercizi para-militari. En plein air. Non proprio dei grandi cospiratori. A Coulibaly mancava solo di scriverlo sul biglietto da visita, che voleva andare a combattere in Siria. E gli attentati del dicembre 2014 - un automobilista si butta col furgone sui passanti, un altro assalta con un coltello un commissariato - (14 feriti), antipasto di quello che verrà a gennaio, a sua volta antipasto di quello che è arrivato venerdì sera? L' autore dell' assalto al posto di polizia, ucciso dopo aver ferito tre agenti, Betrand Nzohabonayo, passa per uno squilibrato. Però fratello di un «radicale islamista», che aveva cercato di andare in Siria, e due giorni prima sulla sua pagina facebook ha pubblicato la bandiera nera dell' Isis. Anche loro due «erano conosciuti». No, i servizi francesi non ce la raccontano giusta. Non è verosimile che gli 007 di Parigi, tra i migliori del mondo e con una delle storie più blasonate, ogni volta «si facciano sorprendere» e facciano acqua da tutte le parti. Non è pensabile. Questo è un dato di fatto. Trovare una risposta è più difficile. La più probabile è che queste cellule facciano parte del network infiltrato e di cui i francesi si sono serviti per fare il lavoro sporco in Siria, in Libia come in Iraq. Poi sono sfuggite di mano. Qualcosa tipo Bin Laden e gli Usa, giusto per capirci. A rafforzare l' ipotesi, gli assassini, da Coulibaly all' attentatore di venerdì, sono schedati dal 2010, come fosse una stessa "nidiata". Andare fino in fondo con le indagini o anche solo con una versione credibile significherebbe con buona probabilità far emergere la rete della barbe finte - cosa che nessuna intelligence può permettersi - ma anche responsabilità non solo politiche. Al governo di Parigi non si può certo chiedere - e ora poi - di mettere a repentaglio la propria sicurezza nazionale. Ma i fratelli francesi facciano almeno ammenda sugli errori - tragici - compiuti in Libia per detronizzare Gheddafi, ai quali ha tentato di opporsi solo un Berlusconi ormai troppo indebolito, e per destabilizzare la Siria di Assad. Poi, con la massima solidarietà, si faccia la guerra vera al terrore islamico. Giocarci, con questa guerra, per interessi e fini di parte è molto pericoloso. In gioco ormai sono la sicurezza di tutti i giorni, le vite dei nostri figli, il futuro dell' Europa. Pierangelo Maurizio