Il regalo dell'Onu a Morales:cocaina libera in Bolivia
Il presidente (e i narcos) festeggiano la decisione choc delle Nazioni Unite. Hanno detto no Italia, Usa e Russia. Si crea un precedente allarmante. Altri stati potrebbero chiedere il permesso
di Maurizio Stefanini L'Italia si era opposta, ma l'Onu ha concesso alla Bolivia il diritto a coltivare coca legalmente, e adesso Evo Morales prepara per lunedì una grande festa nella città di Cochabamba, cui si prevede la partecipazione di almeno 60.000 persone che come momento clou si dovrebbero mettere a masticare coca tutte assieme. Arrivato al potere dopo essere diventato famoso come leader dei coltivatori di coca (cocaleros), Morales nel 2009 ha fatto approvare una nuova Costituzione in cui si sancisce tra l'altro che la coca è «patrimonio culturale, risorsa naturale rinnovabile della biodiversità di Bolivia, e come fattore di coesione sociale; nel suo stato naturale non è stupefacente». Ma la Bolivia a quel tempo era membro di una Convenzione internazionale sugli stupefacenti dell'Onu approvata nel 1961, e che pur consentendo di utilizzare la coca per il tè, per la produzione di medicinali, per la Coca Cola, e per tutta una serie di usi alternativi dalla fabbricazione di farina a quella dello shampoo, imponeva entro i 25 anni dall'entrata in vigore di far vietare la masticazione della foglia: uso tradizionale tra i contadini boliviani, che lo chiamano akulliku, ma che le Nazioni Unite assimilavano ad altre utilizzazioni allucinogene, a partire dalla fabbricazione della cocaina. (...), spiega Maurizio Stefanini su Libero di domenica 13 gennaio. In Bolivia ora si potrà coltivare la coca senza alcun limite. Una concessione quella accordata dall'Onu che può creare un precedente pericoloso. Altri stati potrebbero seguire l'esempio bolivano e creare un mercato liberalizzato della coca. L'Italia si era opposta con tutte le sue forze, ma l'Onu ha deciso per il "sì". Un regalo per il più famoso coltivatore di coca, il presidente Evo Morales che ora gongola. Continua a leggere l'articolo di Maurizio Stefanini su Libero di domenica 13 gennaio