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Fiscal cliff, l'America evita il baratroTasse salate per i super ricchi

Nicoletta Orlandi Posti
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  L'anno nuovo porta ai ricchi americani più tasse. Allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre è stato raggiunto sul filo di lana l'accordo tra Casa Bianca e repubblicani al Senato  che salva l'America dal "fiscal cliff", ovvero il baratro fiscale che avrebbe imposto un aumento immediato delle tasse per il 98% degli americani e tagli indiscriminati alla spesa pubblica che avrebbe assestato un duro colpo all'economia degli Stati Uniti. Due ore prima dello scadere del termine ultimo il Senato degli Stati Uniti ha approvato con una maggioranza schiacciante - 89 voti favorevoli e 8 contrari - il testo finalizzato dal vicepresidente Joe Biden e dal leader della minoranza repubblicana al Senato Mitch McConnell, che prevede l'aumento delle tasse a chi guadagna oltre 450 mila dollari l'anno e rinvia di due mesi i tagli alla spesa pubblica.Oggi anche la Camera dei Rappresentanti, che il presidente Barack Obama - appena saputo l'esito della votazione al Senato - aveva esortato a votare "al più presto, senza ulteriori ritardi", ha licenziato il testo con 257 voti a favore e 167 contrari. I voti necessari erano 217. A votare "no" è stata una fronda di 85 repubblicani, fautori ad oltranza di un emendamento che prevedeva tagli alla spesa per 330 miliardi di dollari. L'intesa prevede che sui redditi oltre 400 mila euro, l'aliquota passerà dal 35 al 39,6%: per gli Stati Uniti si tratta del primo rialzo delle tasse da due decenni. Per le successioni su beni superiori a 5 milioni di dollari, l'imposta salirà dal 35 al 40%. Viene poi innalzata l'aliquota sulle plusvalenze e sui dividendi dal 15 al 20%. In questo modo, si tenta di raccogliere 600 miliardi di dollari in 10 anni per risanare il debito. Vengono inoltre posticipati di 2 mesi tagli automatici per 109 miliardi a spese militari e spese interne - e su questo punto potrebbero ripetersi i dissapori tra repubblicani e democratici - e vengono estesi gli ammortizzatori sociali per un anno a favore di due milioni di persone che hanno perso il lavoro. In assenza dell'accordo, da oggi sarebbero venuti a mancare negli Stati Uniti una serie di importanti esenzioni fiscali introdotti nel 2001 e 2003 e prorogati dall'allora presidente George W. Bush. Senza un intervento legislativo, tecnicamente, da stamattina sarebbero salite tutte le tasse che devono pagare gli americani. Ora resta da attendere il verdetto dei mercati, e se l'accordo non verrà ratificato come legge, gli effetti potrebbero essere molto pesanti. Ieri sera Wall Street ha chiuso la seduta in netto rialzo con il Dow Jones a +1,3% e il Nasdaq a +2%.  Soddisfatto il presidente Usa Barack Obama: "Né i Democratici né i Repubblicani hanno ottenuto tutto quel che volevano: questo accordo è la cosa giusta per il nostro Paese". Ma è consapevole che la strada è ancora in salita. "C'é ancora molto lavoro da fare per ridurre il debito americano e l'accordo raggiunto assicura che la riduzione del deficit comprenderà tagli alla spesa ed aumento delle tasse per gli americani più benestanti", ha detto Obama annunciando che l'intesa per evitare l'aumento delle tasse generalizzato era ormai "in vista", anche se "il problema del fiscal cliff sarà risolto gradualmente". "Se i repubblicani pensano che il lavoro per ridurre il deficit sia solo quello di tagliare la spesa dovranno cambiare idea", ha affermato Obama. Parole che hanno irritato diversi parlamentari repubblicani.  L'accelerazione nelle trattative si è avuta sin da due giorni fa, quando è sceso in campo Biden al posto del leader della maggioranza democratica al Senato Harry Reid, i cui colloqui con il collega repubblicano Mitch McConnell avevano raggiunto un punto morto. In una intervista televisiva, Obama aveva ammonito ancora una volta che "senza un'intesa ci sarà una reazione negativa dei mercati". Ma poi subito dopo il suo annuncio sull'accordo le Borse hanno registrato un'impennata che ha portato i suoi benefici anche nel vecchio Continente con l'Euro in rialzo su dollaro e yen fin dall'apertura. La moneta europea passa di mano a 1,3279 dollari dopo aver toccato un massimo di 1,3299 dollari. Euro/yen ai massimi da luglio 2011 a 115,74. La divisa giapponese arretra anche nei confronti del dollaro scivolando ai minimi da 29 mesi a 87,23.   

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