Cerca
Cerca
+

Come sono diversi l'uomo di panna e la Lady di ferro

default_image

di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

In un momento di follia il Wall Street Journal ha accostato il nome di Mario Monti a quello di Margaret Thatcher, descrivendo il premier italiano come l'erede della Lady di ferro. Ora se n'è pentito e ha fatto bene. Il confronto  è infatti del tutto fuori luogo, a cominciare proprio dal soprannome che la leader dei conservatori inglesi si guadagnò dopo il duro scontro con il sindacato dei minatori. Potrebbe il nostro presidente del Consiglio essere definito il Mister di ferro? A parte il fatto che il titolo suonerebbe male, no di certo. Monti infatti non ha smantellato il potere delle confederazioni come fece la Thatcher con le Unions. Non ha abolito gli incontri con i vertici di Cgil, Cisl e Uil, limitandone il potere, cambiando le leggi sugli scioperi, intervenendo addirittura sui criteri di elezione dei capi sindacali. Il premier italiano ha semplicemente annunciato la fine della concertazione, ma poi vi si è piegato, accettando di cambiare l'articolo 18 come la parte più radicale delle confederazioni pretendeva. Pur di salvare la Gran Bretagna dal declino cui pareva  inevitabilmente condannata, Margaret Thatcher sfidò l'establishment. Dai sindacati ai professori, dai dirigenti della pubblica amministrazione agli imprenditori. Il primo ministro inglese non ebbe paura di essere impopolare e nonostante i sondaggi l'avessero in poco tempo laureata come il capo del governo meno amato  che si ricordasse in Inghilterra, la signora tirò diritto, sostenendo che alla sua cura non vi era alternativa. Diceva: dopo un'operazione si sta peggio e per riprendersi ci vuole una convalescenza, ma non per questo la gente si rifiuta di sottoporsi all'intervento. Il suo bisturi affondò nella carne viva di una grande potenza che pareva rassegnata al declino. La Gran Bretagna da vent'anni cresceva a rilento: mentre Francia e Germania correvano, l'economia britannica ristagnava. Il solo dato in aumento era quello della spesa pubblica e della pubblica amministrazione. E proprio su quello si concentrò il primo ministro. I finanziamenti alle imprese furono tagliati, dicendo brutalmente agli imprenditori che se non erano capaci di produrre beni in grado di sopportare la concorrenza, dovevano chiudere. La Thatcher non ebbe paura di far aumentare la disoccupazione né di sopportarne le conseguenze. Nel Paese aumentarono le tensioni sociali, in molte città vi furono disordini e scontri mai visti prima. I professori bocciarono le sue tesi, sostenendo che avrebbero portato la nazione al disastro, ma la Lady di ferro non si piegò. «A coloro che stanno aspettando con il fiato sospeso quello slogan favorito dai media, U turn, io ho una sola cosa da dire: cambiate voi se volete, la signora non cambia». Questo il messaggio che mandò all'establishment, aggiungendo: «Se la spesa di denaro come fosse acqua fosse la risposta ai problemi del Paese, non avremmo problemi. Se mai vi è stata una nazione che ha speso, speso e speso, questa è stata la nostra. Oggi quel sogno è finito. Tutto quel denaro non ci ha portati da nessuna parte». Sostenendo che non c'erano alternative, Margaret Thatcher privatizzò le case popolari e presentò un budget che riduceva la spesa pubblica e innalzava le imposte indirette, lasciando i tassi invariati. Una follia per sindacati ed esperti. Ma la politica del primo ministro inglese rimise in moto l'economia britannica, costringendo gli imprenditori ad essere più competitivi e la pubblica amministrazione più efficiente. Fu l'inizio di un periodo prospero per il Paese: un boom lungo otto anni che riportò la Gran Bretagna ad essere una potenza internazionale. A chi le rimproverava l'aumento della disoccupazione, la Lady di Ferro replicò: «Il governo non può creare dal niente posti di lavoro sani, può crearne le premesse, riducendo l'inflazione e le tasse, togliendo regolamenti soffocanti, favorendo la crescita delle piccole imprese... È ciò che stiamo facendo». I risultati si videro già nei primi anni, con l'aumento delle imprese e degli occupati: oltre due milioni e mezzo di lavoratori indipendenti. Così Margaret Thatcher rivitalizzò il Paese, stimolando la capacità imprenditoriale. Così non sta facendo Mario Monti. La sua cura è il contrario. Alte tasse dirette, pochi tagli della spesa. Nessuna privatizzazione. Nessuna riforma della pubblica amministrazione. Nessuna battaglia contro lo strapotere sindacale. Altro che Lady di ferro. Monti al massimo e l'Uomo di panna. E non montata: quello era Gianni Agnelli, un'altra figura incomprensibilmente osannata. di Maurizio Belpietro  

Dai blog