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Dopo il Porcellum, arriva la porcata

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La Consulta ha delegittimato il Parlamento: ciò imporrebbe di votare al più presto, ma il Quirinale punta ad allungare la vita del governo con la scusa della nuova legge elettorale e delle riforme. Ma stavolta il Napolitellum non funzionerà

Ignazio Stagno
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Dopo il Porcellum ci toccherà il Napolitellum. Già, perché la porcata elettorale, che secondo la Corte costituzionale ha consentito l'elezione di un Parlamento illegittimo, sta per essere sostituita con una porcata presidenziale che ha il solo scopo di prendere tempo e di allungare la vita al governo che poggia su una legge fuorilegge. Ci spieghiamo. I giudici della Consulta hanno sentenziato che il premio di maggioranza e le liste bloccate non rispondono al principio costituzionalmente tutelato che dà ad ogni italiano in età di voto il diritto di scegliere da chi farsi rappresentare. In pratica, i guardiani della Carta hanno cancellato la legge maggioritaria e il bipolarismo, riportando in vita il vecchio sistema delle preferenze e dunque il proporzionale. Si può essere d'accordo oppure no con la decisione della Corte e noi non lo siamo, ma questo è il verdetto dei signori cui è affidato il compito di verificare la rispondenza  delle leggi con la Costituzione. Risultato: basterebbe prendere atto della sentenza, recuperando le norme antecedenti l'introduzione del Porcellum e del Mattarellum, quando appunto non esistevano né il premio di maggioranza né le liste bloccate. Dopo di che servirebbe solo indicare la prima data utile per consentire agli italiani di tornare a votare con la nuova legge. Semplice no? Tuttavia, ciò che risulta chiarissimo a chiunque e dunque perfino a noi, sta per essere complicato in modo che né il volere dei giudici costituzionali né quello degli elettori siano tenuti in conto. Lo si è capito già mercoledì, poche ore dopo il pronunciamento della Consulta, quando i commenti dei principali protagonisti della politica tentavano di spiegare l'inspiegabile, ovvero che se il Parlamento è illegale non lo è ciò che il Parlamento ha votato e vota, ovvero il governo e le sue leggi. Astuzie giuridiche che hanno il solo scopo di non invalidare il passato e soprattutto di convalidare il futuro dell'esecutivo. Se le leggi votate fino a ieri sono valide e quelle che verranno presentate nei prossimi mesi anche, non c'è alcuna fretta di mandare a casa Letta e i suoi ministri. Anzi, ci sono tutte le premesse per allungare i tempi e rinviare le elezioni a data da destinarsi.  Non a caso ieri il nostro capo dello Stato ha fatto sentire la voce dell'oltre Colle. Essendo il principale sponsor del presidente del Consiglio, Giorgio Napolitano ci ha tenuto a far sapere che il governo non è a rischio. Anzi, sta meglio di prima perché ora che si deve cambiare il Porcellum c'è tempo per discutere e approvare non solo la nuova legge elettorale, ma anche le riforme che non si sono fatte in oltre sessant'anni.  Il tentativo del capo dello Stato è chiaro: prendere tempo per consentire a Letta e i suoi ministri di arrivare fino al 2015. Tradotto significa che se si discute non si vota. E più carne al fuoco c'è e più ci vorrà tempo per cuocerla. Dunque, nonostante la decisione della Consulta imponga di fare presto perché un Paese non può rimanere per anni con un Parlamento di non eletti, gli elettori non potranno tanto presto sedersi a tavola per votare. È questo il Napolitellum. Un giochino facile facile per far slittare le elezioni in un lontano futuro. Perché, naturalmente, se il Parlamento oltre al nuovo sistema elettorale deve varare un nuovo sistema istituzionale, senza il bicameralismo perfetto e con il dimezzamento degli onorevoli, ci vorrà tempo. Molto tempo, anche perché degli onorevoli che decidono di mandarsi a casa e di dimezzarsi da soli non si sono mai visti. Dunque almeno fino a dicembre del prossimo anno di votare non si parlerà, ma addirittura potrebbe accadere che le urne vengano spostate ancor più in là, arrivando a fine legislatura. Il trucco è evidente. In sessanta giorni non si può scrivere ciò che non si è scritto in sessant'anni. E soprattutto dopo che lo si è scritto non si può pensare di approvarlo in poche settimane.  Insomma, il Napolitellum è un sistema per prendersela comoda. Una porcata per far passare le vacanze di Natale e approfittare della scarsa memoria degli italiani, i quali tra un brindisi di Capodanno e l'altro dovrebbero secondo i calcoli di Palazzo Chigi e Quirinale dimenticarsi di essere governati da chi non ha titolo per farlo. Napolitano, Letta e tutti gli altri confidano nell'oblìo, in quella macchina tritura ricordi che si chiama tempo.  Ma stavolta i piani del capo dello Stato e dei suoi amici potrebbero essere sbagliati. Un po' perché se alle Camere c'è chi ha voglia  di dimenticare, fuori c'è chi non ha interesse a farlo. Da Berlusconi a Grillo, passando per Renzi, il partito delle elezioni è più forte di quello di governo e dunque si può immaginare che, dall'otto di dicembre in poi, la tenuta dell'esecutivo sarà messa ancor più a dura prova di quanto non lo sia stata finora. Non solo. A farci ritenere che il Napolitellum non funzionerà è anche la rabbia dell'opinione pubblica. Non tanto per l'illegittimità della legge elettorale, quanto per la nocività della legge di stabilità. Già a gennaio i nodi di Saccomanni e Letta verranno al pettine e con essi le tasse. Le imposte da pagare appena passata l'Epifania, unite a quelle già versate prima di Natale, potrebbero far saltare il tappo del governo come quello di uno spumante. In tal caso,  le porcate del Palazzo, per una volta,  non avrebbero funzionato. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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