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Saccomanni, vai a casa

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Il ministro dell'Economia aumenta le tasse, parla di una ripresa che non c'è e crea il caos sull'imposta immobiliare che lui perlatro non abolirebbe. Lo faccia per manifesta incapacità o per coerenza, ma si dimetta

Ignazio Stagno
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Nel passato, in materia di fisco, ne abbiamo viste di ogni colore, tuttavia la confusione di questi giorni a proposito dell'Imu non è paragonabile a niente altro di cui siamo stati testimoni.  A seguire le notizie che si rincorrono, l'imposta municipale unica un giorno si paga e il giorno dopo no, ma trascorse altre ventiquattr'ore la tassa sull'abitazione principale rispunta come per magia. Tra Tares, Tari, Tasi, Iuc, Service tax e altro ormai anche i commercialisti faticano a orientarsi  e infatti ai contribuenti  che sollecitano delucidazioni rispondono invariabilmente allargando sconsolati le braccia: anche loro non sanno più che dire, anzi non sanno che fare e spesso, in attesa che le acque si facciano meno torbide, suggeriscono di  pagare una cifra simbolica, mettendo in conto un ravvedimento operoso nel prossimo anno. Qualsiasi ministro dell'Economia, di fronte a un tale caos, avrebbe già fatto le valigie, prendendo atto se non del fallimento dell'intero governo almeno del proprio. Qualsiasi ma non Fabrizio Saccomanni, il quale, nonostante sia manifestamente incapace di reggere il timone del dicastero più importante, passa da una comparsata in tv a  un'intervista ai giornali, riempiendo lo spazio tra l'una e l'altra con una conferenza stampa. Le ultime notizie che lo riguardano risalgono a domenica, quando si è concesso una conversazione con un giornalista  de La Stampa di Torino. La chiacchierata è un condensato di chicche, a partire dall'annuncio che le imprese estere tornano a investire in Italia e dunque  ora tocca a quelle italiane fare la propria parte, «sottraendosi ad un catastrofismo ancora diffuso».  Una bacchettata nei confronti delle aziende talmente ingiustificata che perfino un imprenditore di sinistra come Riccardo Illy (fece il governatore del Friuli ai tempi dell'Ulivo) si è sentito in dovere di rispondergli mandandolo a quel Paese. Nel sermone domenicale il ministro dell'Economia non solo ha promesso la ripresa, ma ha annunciato pure un robusto taglio di spese, anche se, come gli ha fatto notare l'intervistatore, con la manovra si segnalano nuove spese, controbilanciate da maggiori entrate, ossia tasse.  Il meglio però Saccomanni lo ha dato parlando dell'Imu. A proposito della beffa che costringerà dieci milioni di contribuenti a pagare la quote d'imposta che non saranno coperte dallo Stato, il numero uno dell'economia  ha liquidato il caso come se si trattasse di una polemica di poco conto. «Quelle che restano», ha spiegato  al quotidiano sabaudo, «sono per lo più somme modeste».  Capito? Cari italiani, fatela finita: in fondo dovrete pagare cinquanta euro o poco più. E comunque, ha continuato Saccomanni, «allo scopo di non complicare la vita della gente  abbiamo fissato il versamento in corrispondenza di altre scadenze tributarie». Tradotto: non vi facciamo pagare a Natale ma all'Epifania, così a Capodanno potete brindare.  Tuttavia, per dare un segnale di tranquillità e contribuire al rasserenamento degli animi, il superministro, nell'intervista, ha tenuto a informarci che l'abolizione dell'Imu non è per sempre: «La intendo come misura congiunturale: uno sgravio temporaneo per favorire la ripresa. Un tributo sugli immobili resta comunque necessario per finanziare i Comuni e così si spiega la scelta del governo per il 2014». Come dire: rassegnatevi, quest'anno l'avete fatta franca ma l'anno prossimo all'Imu non si scappa. Diciamo che come incentivo alla ripresa non c'è male: più rassicurante di così... Tutto ciò testimonia una cosa e cioè che Saccomanni è inadatto a guidare il dicastero dell'Economia. Sarà anche un bravo banchiere, forse un ottimo capo dell'ufficio studi, ma non ha ancora capito che cosa significhi avere in mano la cassa di un Paese.  L'ex direttore della Banca d'Italia parla come se fosse a un convegno e non come un signore che ha responsabilità di governo e deve rendere conto ai cittadini. Per lui 50 euro sono una somma modesta (lo dica alla pensionata con assegno al minimo) e l'imposta municipale è solo un problema contabile. Non importa che l'abolizione dell'Imu faccia parte del programma del governo di cui egli fa parte né che sia stata presentata come uno dei punti qualificanti sui quali Letta ha ottenuto la fiducia. Dall'intervista alla Stampa si capisce che per Saccomanni abolire l'Imu è un errore.  Opinione ovviamente rispettabile, come tutte. Tuttavia, a differenza di quella di un professore che interviene durante un seminario, quella del ministro dell'Economia è un'opinione che pesa e se non è rispettata, se cioè la maggioranza parlamentare decide diversamente da quanto sostiene chi ha in mano la cassa, di solito il ministro ne trae le conseguenze.  Se Saccomanni non è d'accordo con la decisione di abolire l'Imu, perché è entrato a far parte di un governo che aveva dichiaratamente come scopo la cancellazione di quella  tassa?  Se secondo lui l'Imposta municipale va mantenuta anche sulla prima casa, in quanto, come ha spiegato alla Stampa, la ritiene inevitabile, perché di fronte alla decisione dei colleghi non rassegna le dimissioni? Insomma non c'è solo il caos a richiedere che Saccomanni faccia le valigie. C'è anche un problema di coerenza. O crede in quello che fa oppure meglio che lasci. Di certo, per quanto ci riguarda, non lo rimpiangeremmo. di Maurizio Belpietro

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