Cerca
Cerca
+

Le forbici non si vedono, il salasso sì

default_image

Abbiamo criticato Berlusconi quando, messo alle strette, ha rinnegato i suoi valori e messo le mani nelle nostre tasche. Ora il premier fa lo stesso e a Roma il Pd fa anche peggio. Se le larghe intese sono queste, non hanno senso

Nicoletta Orlandi Posti
  • a
  • a
  • a

Quando per accontentare Bruxelles e Angela Merkel Silvio Berlusconi varò una manovra che prevedeva un contributo di solidarietà a carico dei redditi più elevati, ci mancò poco che sulle pagine di Libero lo prendessimo a male parole. Ma come, scrivemmo, un governo che si è fatto eleggere con la promessa di non mettere le mani in tasca ai contribuenti, alla prima difficoltà che fa? Invece di tagliare le spese pazze della pubblica amministrazione, rimettendo in carreggiata i conti della Stato, fa esattamente ciò che aveva promesso di non fare, motivo per cui gli italiani hanno deciso di votarlo. Alla fine, dopo molte esitazioni, il Cavaliere fece marcia indietro e anche se non abolì del tutto il prelievo forzoso sugli stipendi dei cittadini medi, lo ridusse di parecchio. I lettori si chiederanno perché rinvanghiamo oggi una storia che risale a due anni fa, ora che a Palazzo Chigi c'è Enrico Letta e non Silvio Berlusconi.  La risposta è semplice: perché non abbiamo intenzione di fare sconti a nessuno. Così come non facemmo sconti allora a un governo che consideravamo vicino alle nostre idee politiche, giungendo anche a sollecitare la nascita di un partito anti tasse a cui avremmo volentieri fatto sponda, così oggi non abbiamo alcuna intenzione di essere tolleranti su misure fiscali che l'esecutivo delle larghe intese intende varare. Come sempre accade, i contorni della manovra sono ancora poco chiari e probabilmente solo un'attenta lettura del testo definitivo consentirà di tirare le somme. Ciò nonostante una cosa ci pare chiara. Cambiano i nomi, si moltiplicano le sigle, ma alla fine tocca sempre al contribuente pagare.  Trise, Tari, Tasi sono i nuovi acronimi inventati dall'amministrazione finanziaria, ma il risultato è che lo stato invece di tutelare il risparmio delle famiglie - come promette nella Costituzione - lo punisce. Infatti, quando il Fisco non riesce a far quadrare i conti rifacendosi sui lavoratori a reddito fisso, prelevando il massimo dai loro stipendi, si rivolge all'unico bene alla luce del sole, ovvero la casa. Da tempo questa è diventata una delle fonti principali di sostentamento di uno stato sempre più vorace. Prima l'Ici, poi l'Imu, infine Trise, Tari e Tasi: una sequela di imposte che rende il prelievo odioso e che rischia di uccidere un mercato, quello immobiliare, tra i più vitali del nostro Paese.  Quanto costa in termini di mancata imposta di registro e di depressione del settore delle costruzioni la pervicacia con cui il Fisco si accanisce sul mattone? Stime precise non ne esistono (anche se le associazioni di categoria forniscono cifre allarmanti), sta di fatto che si ha la sensazione che anche con le abitazioni stia succedendo ciò che si è già registrato con l'Iva e con la benzina: a forza di aumentare la pressione fiscale, il gettito rischia di precipitare fino a far perdere qualsiasi vantaggio per lo Stato. La miopia con cui i governi impongono la loro linea di lacrime e sangue è nota. Proprio ieri ricordavamo che nessuna delle tante manovre correttive varate in Italia negli ultimi vent'anni ha portato a risultati positivi. Anzi: insieme alla pressione fiscale si è innalzato anche il debito. E infatti proprio ieri la Banca d'Italia ha diffuso le ultime stime sull'indebitamento:  in otto mesi è aumentato di oltre 70 miliardi, cioè di circa quattro volte e mezzo l'ammontare dell'intera legge di stabilità decisa ieri da Letta e i suoi ministri. Tutto ciò mentre la pubblica amministrazione continua nel solito andazzo e per spiegare a che cosa alludiamo basta prendere le pagine di cronaca dei quotidiani della capitale. All'interno, fra le notizie della città, sia il Tempo che il Messaggero danno conto dei brillanti risultati della gestione Marino. Il famoso chirurgo eletto quattro mesi fa alla guida del Campidoglio nei centoventi giorni da primo cittadino non ha trovato il tempo di varare nulla di significativo, al punto che il consiglio comunale è riuscito a non approvare alcuna delibera, ma solo a votare 37 mozioni e quattro ordini del giorno, cioè niente di serio. La paralisi è tanto imbarazzante che perfino i consiglieri del Pd, partito dalle cui fila proviene il sindaco, se ne vergognano e iniziano a pensare di sospendersi lo stipendio. Nonostante nei suoi primi cento giorni non abbia fatto nulla di concreto, collezionando solo gaffe (da quella della nomina del nuovo comandante dei vigili alla chiusura dei fori imperiali), Marino è però riuscito ad assumere un certo numero di collaboratori. Dagli ex portaborse del pluri indagato tesoriere della Margherita ai trombati alle elezioni: amici e uomini di partito che secondo i calcoli del Tempo costerebbero alle casse pubbliche 4 milioni di euro. A fronte di queste nuove spese - non previste - il sindaco in bicicletta non si fa scrupolo di chiedere 600 milioni al governo per tappare le falle di bilancio. Certo, i buchi non sono tutti opera sua - non ancora almeno - ma l'allegro chirurgo sta dando il suo contributo. È per amministratori del genere che Letta ci chiede di pagare la Trise, la Tari e la Tasi? È per andare in soccorso di signori a cui non basta l'esercito di dipendenti pubblici  della capitale che il presidente del Consiglio blocca le pensioni a chi se le è sudate? Se questa è la politica economica del governo diciamo subito che non solo non la condividiamo, ma che è profondamente sbagliata. Il paese non ha bisogno di altre tasse sui soliti noti, ha bisogno che si taglino le mani ai politici che spendono troppo.   Nei giorni scorsi, quando la tenuta della maggioranza era in discussione, abbiamo scritto che non aveva senso mandare a casa l'attuale esecutivo per averne uno peggiore. Ma se il governo delle larghe intese si trasforma nel peggior governo delle tasse per il centrodestra non ha senso continuare ad appoggiarlo: meglio avere le mani libere. Soprattutto pulite.  di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet [email protected]

Dai blog