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Il giaguaro non è smacchiato. Darà battaglia sulle tasse

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Chi sperava in un annuncio di dimissioni è rimasto deluso: tutt'altro che rassegnato, l'ex premier è pronto a combattere in nome degli stessi ideali del '94

Andrea Tempestini
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Se qualcuno - tra i giudici e gli avversari politici - ha ritenuto che bastassero una condanna a quattro anni di carcere, l'interdizione dei pubblici uffici e una multa da mezzo miliardo di euro per far fuori Silvio Berlusconi, si è sbagliato.  Seppur fiaccato dalle sentenze e da una guerra senza quartiere che gli è stata scatenata contro da Pd e Cinque stelle, l'uomo che vent'anni fa scese in campo per battere la sinistra e impedirle di conquistare il potere non ha alcuna intenzione di mollare. Anzi: con il video messaggio di ieri sera il Cavaliere chiede che a scendere in campo insieme a lui siano tutti gli italiani liberi e forti, tutte le persone che non hanno intenzione di arrendersi allo strapotere e all'arroganza della sinistra e dei suoi alleati in toga.  Ieri, in attesa del videomessaggio, in alcuni ambienti vicini ai giornali cari all'onda giustizialista che attraversa il paese si era sparsa la voce che Berlusconi si apprestasse a gettare la spugna e che, con un coup de théàtre, avesse pronte le dimissioni per evitare l'onta di una cacciata dal Senato. Queste chiacchiere descrivevano un Cavaliere affranto e vinto, incapace di reagire e quasi rassegnato al suo destino, pronto a umiliarsi fino a chiedere la grazia o a consegnarsi ai servizi sociali. Invece, l'uomo che si è presentato di fronte alle telecamere tutto aveva tranne che l'aspetto dell'uomo sconfitto. Semmai aveva la serenità del combattente, di chi, sapendo di essere nel giusto, non si rassegna alla sconfitta ma è pronto di nuovo a incrociare la spada. Nei tredici minuti in cui si è rivolto agli italiani non c'è stata alcuna reazione rabbiosa contro il governo Letta, come invece molti si attendevano, ma il richiamo alla realtà drammatica della crisi economica.  Sin dalle sue prime parole il suo riferimento è stato allo spirito del 1994, a quella rivoluzione liberale contro l'invadenza dello stato e gli sprechi della pubblica amministrazione che fu il motivo del grande successo di Forza Italia. «Noi volevamo meno stato, meno spesa pubblica e meno tasse» ha detto Berlusconi, «mentre la sinistra proponeva altre tasse e più stato».  L'impegno a fermare il bombardamento fiscale non è però stato raggiunto secondo il leader del centrodestra a causa del ricatto dei piccoli partiti e per colpa di una magistratura politicizzata. La cappa che ha reso impossibile il cambiamento ci costringe a vivere, secondo il Cavaliere, in una democrazia dimezzata e chi si ribella è messo nel mirino. «Per il mio impegno ho pagato e sto pagando un prezzo altissimo» è stato il suo commento «ma si illude chi crede di avermi estromesso, perché io mi batterò fino alla fine». Parole che valgono come promesse proprio nel momento in cui la giunta per il Senato si accingeva a votare contro le eccezioni alla sua decadenza. Parole a cui l'uomo che per vent'anni ha rappresentato i moderati ha fatto seguire un appello diretto agli elettori. «Chiedo a voi di aprire gli occhi e di scendere in campo contro la giustizia malata». Protestate, fate sentire la vostra voce, impegnatevi personalmente. Per Berlusconi è ora che gli italiani si sveglino e reagiscano a quanto sta succedendo, ribellandosi. Quella del Cav.  è una chiamata alle armi, un discorso accorato in vista del ritorno a Forza Italia ed al suo spirito. Intendiamoci: nulla di eversivo. Né minacce di invadere le piazze né marce sui tribunali. Solo una protesta pacifica fatta di una nuova militanza politica. Berlusconi si rivolge al suo popolo, ad artigiani, commercianti, imprenditori, professionisti, cioè al mondo delle partite iva ma non solo, anche a chi è costretto al prelievo alla fonte, per chiedere di unirsi a lui nella rifondazione di un movimento contro le tasse e la ricostruzione di uno stato che abbia rispetto dei propri cittadini e dei redditi da essi conseguiti. I toni sono decisi e infatti l'ex premier per convincere i moderati a scendere in campo parla di ultima chiamata e non nasconde il momento drammatico.  Promettendo - decaduto o no dalla carica di senatore - di essere al fianco di quegli italiani che decideranno di raccogliere il testimone di «missionari della libertà». Certo, nell'appello del Cavaliere c'era un po' di enfasi e forse anche qualche parola un po' retorica, ma una cosa è sicura: chi ha annunciato con arroganza che per Berlusconi il gioco è finito ha parlato prima di avere la pelle dell'orso, anzi del giaguaro. Ai domiciliari o ai servizi sociali, meno ricco e quasi certamente fuori dal Parlamento e dunque ancor più nelle grinfie della magistratura, il leader del centrodestra c'è e si prepara a un'altra battaglia. E questa è quella decisiva, in cui più della sua condizione personale conta il ventilato aumento dell'Iva e la sospetta truffa della service tax. Su questi fronti ne vedremo delle belle. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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