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Amato e Mps giocano, i soldi li mettiamo noi

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L'uomo che batte cassa al Monte dei Paschi per finanziare i suoi hobby è lo stesso che nel 1992 entrò nottetempo nei conti correnti degli italiani

Andrea Tempestini
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Non è vero che  tutto va male in Italia: c'è anche qualcosa che migliora. Ad esempio i redditi di Giuliano Amato, indimenticato presidente del Consiglio che vent'anni fa debuttò a Palazzo Chigi sottraendo di notte il 6 per mille a chiunque avesse un conto corrente. Per effetto del nuovo incarico ricevuto dal capo dello Stato, da ieri gli introiti del dottor Sottile sono raddoppiati e ciò  dimostra che il soprannome affibbiatogli da Eugenio Scalfari si attaglia alla perfezione alla sua capacità di passare indenne tra le bufere, ma non al suo portafogli. A forza di pensioni e buste paghe varie, gli incassi mensili si aggirano intorno ai 60 mila euro. Dunque, altro che sottile, semmai gonfio. Sarà per questo che l'ex consigliere di Bettino Craxi si diletta a giocare a tennis? Forse. Di certo le sue partite, già immortalate dai fotografi, ora passeranno alla storia anche per le intercettazioni che spuntano dall'inchiesta Mps. Amato telefonava a Mussari, presidente della banca rossa, per sollecitargli la sponsorizzazione del suo torneo. Niente di penalmente  rilevante, intendiamoci. Solo la richiesta di piccolo favore e, come si sa, gli istituti di credito un favore non lo negano a nessuno,  soprattutto a un ex presidente del Consiglio in procinto di sedersi su altre importanti poltrone. Ciò detto, la ragione di premiare con un posto da giudice costituzionale un signore messo a riposo dall'università e dalla politica a noi resta misteriosa. Tuttavia Giorgio Napolitano lo ha voluto a Palazzo della Consulta e fra qualche tempo ce lo ritroveremo pure presidente della Corte, dato che ogni togato per prassi ha “diritto” prima del termine del mandato a ricevere il massimo stipendio, in modo da poter incassare il massimo assegno di congedo.  Del resto, che per affrontare i temi spinosi del Paese, tra i quali primeggia la disoccupazione, il capo dello Stato pensasse di nominare un ultrasettantenne non è stato per noi un fulmine a ciel sereno, in quanto la settimana scorsa avevamo anticipato la notizia. Per la verità, nell'articolo segnalavamo anche un pericolo e cioè che una volta occupata la poltrona della Consulta, Amato facesse il salto su quella di Palazzo Chigi. Come è noto, quando mesi fa Bersani non riusciva a far quadrare i conti del nuovo governo, il presidente della Repubblica aveva pensato di affidare l'incarico al numero uno della Corte costituzione Franco Gallo. Niente di più facile dunque che in caso di dimissioni di Enrico Letta il capo dello Stato ripensi di dare le chiavi del Paese all'unico che ha dimostrato di saperle usare come un grimaldello. Per di più, essendo in crisi da astinenza perché una volta pensionato non gli era riuscito di tassare più nulla, Amato tempo fa si ingegnò di spiegare agli italiani come risolvere il problema della grande massa di debito pubblico. Sul Sole 24 ore apparve infatti un suo articolo in cui sosteneva che per abbatterlo sarebbe stata sufficiente una bella patrimoniale sul ceto medio, dimostrando così di avere le migliori credenziali per fare il premier.  Ma oltre a sottolineare che qualcosa nel nostro Paese migliora, come per l'appunto i redditi percepiti da Giuliano Amato, ci corre l'obbligo di segnalare che anche sul fronte dell'occupazione si registrano piccoli segnali. Non siamo ancora al cambio di tendenza e non si sono ancora recuperati i quasi 2 milioni di posti di lavoro persi negli ultimi anni, però qualche passo avanti c'è.  Ad esempio quello del nuovo commissario alla spending review.  L'incarico lasciato vacante da Enrico Bondi sarà infatti presto ricoperto da un altro mani di forbice: ne hanno dato notizia ambienti vicini a Palazzo Chigi. Non si sa se la nomina servirà davvero a ridurre gli sprechi e a trovare i miliardi che servono a tagliare le tasse, tuttavia si può dire che almeno uno stipendio in più è assicurato e così si è dato un contributo decisivo nella lotta alla disoccupazione. Non è finita. Tra le buone notizie va annoverata anche l'indiscrezione riguardante i fondi ai partiti. Come è noto, il contributo pubblico incassato dai vari gruppi avrebbe dovuto essere restituito, con gravi danni per le casse dei movimenti, tanto che alcuni tesorieri minacciavano già il suicidio. Per scongiurare la moria di cassieri, le forze politiche paiono però avere escogitato un trucco per tenersi il malloppo. Niente restituzione dunque, almeno fino a nuovo ordine e questo dovrebbe tranquillizzare anche le centinaia di dipendenti del Pd che rischiavano di finire sul lastrico, licenziati a causa della cronica carenza di fondi.  Infine, sempre in ambito partiti, c'è da registrare che in barba all'impegno di pubblicare on line tutte le spese dei gruppi parlamentari, in modo da evitare altri casi Fiorito, Lusi e Maruccio, in pochi hanno messo in rete gli scontrini, e tra i pochi a quanto pare non ci sono molti onorevoli a Cinque Stelle. Altro dunque che «Porcini di Stato», come abbiamo titolato ieri raccontando le ultime sulla Casta. Qui siamo ai «Porcini con le ali». di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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