Con la scusa di Silvio ci spremono ancora
La sinistra vuole usare il caso-Berlusconi come diversivo per coprire le stangate dei suoi Comuni e il redditometro, che permette ai burocrati di stabilire cosa possiamo comprare
Non se ne può più del tira e molla sul caso Berlusconi. Far decadere il Cavaliere per il Pd pare essere diventata l'unica ragione di vita, o, per meglio dire, di vita prima del congresso. Così, la tregua siglata martedì sera è durata meno di ventiquattro ore e ieri la questione si è rifatta incandescente, con gli esponenti del Partito democratico decisi a votare per l'espulsione del leader del centrodestra già prima del fine settimana. La linea ondivaga dei compagni ha lasciato senza parole perfino uno dei loro commissari nella giunta per le elezioni, il socialista Enrico Buemi, il quale in una dichiarazione alle agenzie ha riconosciuto che a rimettere tutto in gioco è la sinistra, non il centrodestra. Risultato, dopo mezza giornata di tranquillità, il governo di Enrico Letta è di nuovo in balia delle onde e c'è chi giura che ormai abbia pochi giorni di vita. Tutto ciò coincide con la diffusione di una serie di dati macroeconomici poco tranquillizzanti, che però ahinoi confermano quanto scritto ieri e cioè che la fretta di far fuori Berlusconi, e di conseguenza Letta, è assai sospetta e sembra avere come unico scopo non di offrire lo scalpo del Cavaliere, anzi il toupet, alle masse urlanti, ma la volontà di occultare la manovra correttiva di fine estate dietro una cortina di ferro. Fare più casino possibile, anche a costo di buttar giù Letta per poi sostituirlo con un Letta bis appoggiato da peones in fuga dal Pdl e da Grillo, consentirebbe infatti di attribuire al centrodestra la colpa della stangata che si renderà inevitabile prima della fine dell'anno. E se qualcuno ha dubbi sul fatto che l'economia stia andando a rotoli e vada trovata una soluzione basta che legga il rapporto diffuso ieri da Confindustria. In esso si parla di un nuovo punto minimo sul fronte dell'occupazione, che porta i posti di lavoro persi a oltre 1,8 milioni dal 2007 a oggi. Di conseguenza, se calano le persone che ricevono un regolare stipendio, calano pure i consumi, che a fine anno saranno scesi del 2,8 per cento, dopo il 4,3 perso nel 2012. Sette punti in meno di spesa in un biennio significano sette punti in meno di prodotto e se non si traducono immediatamente in sette punti in meno di personale, tasse e quant'altro è solo perché i processi economici hanno i loro tempi, ma è chiaro che prima o poi il contraccolpo si farà sentire anche su quei fronti e probabilmente prima di quanto si pensi. Oh, certo, il rapporto di Confindustria spande anche ottimismo sul prossimo anno, annunciando che forse si è toccato il picco più basso della crisi e se all'Italia fosse garantita la stabilità si potrebbe intravvedere la ripresa, se non da vicino almeno con il binocolo, cioè vale a dire nel 2014. Sta di fatto che prima di Natale c'è da rifare i conti e soprattutto occorre farli quadrare. Dunque, vai con i depistaggi, operazioni che a sinistra hanno sempre saputo far bene, coprendo con un diversivo ogni loro problema. Ciò che però sarà difficile nascondere è che, anche se attribuite come conseguenza ai guai del Cavaliere, le tasse sono sempre tasse ed è ai contribuenti che tocca pagarle. Qualche giorno fa avevamo fatto l'elenco di tutte le addizionali che i bravi sindaci della sinistra si apprestano a scaricare sulle spalle degli italiani (una montagna di denaro) che si aggiungeranno a quelle già versate al Fisco nazionale. Ieri il Corriere della Sera ha scoperto che i rincari Irpef decisi dalle amministrazioni locali sono ai massimi e già duemila comuni hanno deciso di applicarli. Una stangata – la definizione è del quotidiano di via Solferino, cioè dell'organo ufficiale del lettismo in Italia – che costerà cara alle famiglie italiane. È tutto? No, c'è anche il redditometro, che zitto zitto, mentre il toto crisi impazza, è entrato in vigore e adesso minaccia di perseguitare i contribuenti. Come è noto, il simpatico strumento misura i consumi e le capacità di spesa di ogni persona che presenti la dichiarazione dei redditi, sia essa un lavoratore dipendente che un professionista, un negoziante, un artigiano o un imprenditore. In pratica si tratta di uno spesometro che stabilisce se il soggetto sotto esame è in grado di giustificare determinati acquisti. Ufficialmente il marchingegno serve a rintracciare gli evasori, ma nei fatti ciascuno di noi verrà schedato e nel fascicolo finiranno le nostre buste paga, le ricevute bancarie, i pagamenti fatti con carta di credito e tutto quanto sarà riconducibile al nostro nome, vacanze comprese. Niente di grave se fossimo di fronte a una pubblica amministrazione che sa maneggiare con intelligenza e discrezione i dati raccolti. Ma molto di preoccupante se a registrare le informazioni sono dei burocrati occhiuti e dall'animo inquisitorio, poco disposti e ancor meno flessibili di fronte ai casi della vita. Insomma, da oggi oltre che dai pasticci che combina la sinistra, dalla crisi e dalle difficoltà quotidiane, tocca difendersi anche da chi ci chiederà conto di scontrini e ricevute del ristorante. E per evitare di essere nei guai è meglio prepararsi: e noi vi spieghiamo come. di Maurizio Belpietro twitter @BelpietroTweet