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La fregola anti Cav nasconde un'altra stangata

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Il Pil non decolla e così la sinistra al governo prepara una nuova manovra tasse e sangue. La rabbia di Berlusconi decaduto verrà poi usata per dargli la colpa dei sacrifici in arrivo

Andrea Tempestini
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Che cosa succederebbe se la giunta per le elezioni si prendesse il tempo necessario a valutare le obiezioni presentate dal Popolo della Libertà sulla legge Severino?  La norma che prevede la decadenza da un incarico politico in caso di condanna non verrebbe rispettata e dunque cadrebbe il principio costituzionale per cui la legge è uguale per tutti? Silvio Berlusconi rimanendo in Parlamento ancora per qualche settimana, in attesa cioè di un chiarimento degli aspetti costituzionali della Severino, avrebbe la possibilità di farla franca anche se poi la legge fosse ritenuta inappuntabile? I giorni guadagnati sarebbero insomma un grave danno per la nostra democrazia? La risposta alle domande è no: non succederebbe assolutamente niente. La legge una volta valutata e confermata verrebbe applicata e né il Cavaliere né il centrodestra potrebbero fare o dire qualcosa per impedirlo. Nessuno potrebbe dunque lamentare una disparità di trattamento fra cittadini, ma solo il rispetto di una prassi prevista che consente di sospendere il giudizio in attesa del pronunciamento della Consulta. Perciò le poche settimane che Berlusconi trascorresse restando senatore della Repubblica non cambierebbero il corso della storia. E allora viene da chiedersi: perché tutta questa fretta? Perché improvvisamente il Pd si è fatto prendere dalla fregola di liquidare il capo del centrodestra, cioè di un partito di cui è alleato nella maggioranza di governo?  Certo, una parte della sua base preme per vedersi metaforicamente consegnata la testa del Cavaliere, così da poterla ammirare nella polvere. E però si fa fatica a credere che un gruppo dirigenti, fatto di politici sgamati che hanno combattuto mille battaglie e sono stati allevati a falce e martello oggi non sappia resistere alle pressioni di un pezzo di elettorato. Sì, ci sono i grillini che insistono e anche alcuni giornali che ogni giorno reclamano  il gesto tribale dell'espulsione del nemico dal Parlamento, ma si fa fatica a pensare che dei funzionari abituati a reggere la pressione di Mosca non siano oggi in grado di reggere il fastidio dei mosconi. E allora viene da chiedersi che cosa ci sia dietro, quale sia davvero il motivo che spinge i senatori del Pd a fare muro e respingere ogni richiesta, arrivando al punto di mettere a repentaglio anche il governo. La risposta sta probabilmente in un dato: 1,8 per cento.  Non si tratta dei  voti che il Partito democratico potrebbe guadagnare o perdere a seconda della linea tenuta sul caso Berlusconi, ma della percentuale di Pil in meno che si registrerà a fine anno. Il governo aveva previsto che la caduta del nostro prodotto interno lordo si arrestasse all'1,3 per cento. E invece no, il dato è peggiore di quanto sarebbe stato legittimo attendersi. Non a caso pochi giorni fa l'Europa ci ha avvisati che siamo i soli a non dare segnali di ripresa, l'unico Paese che continua a essere in crisi mentre altri invece se la sono già lasciati alle spalle e hanno iniziato la risalita. Vi chiedete cosa c'entra la decadenza della produzione industriale con quella di Berlusconi? Niente in apparenza, perché le due cose non hanno alcuna relazione, ma in realtà molto se c'è di mezzo una manovra. Mi spiego. Se il Pil cade più del previsto, cadono anche le previsioni del governo, in particolare quelle sui conti pubblici. Dunque, se le cifre non quadrano bisogna farle quadrare e per farlo non c'è altra via che predisporre una manovra correttiva, cioè nuove tasse e nuovi tagli. Siccome però il Documento di programmazione finanziaria va presentato il 20 settembre, vale a dire fra meno di due settimane, cosa c'è di meglio che dare un calcio nei denti al Popolo della Libertà, cioè all'alleato con cui si sostiene il governo, per poi  a seguito della sua reazione addossargli  la colpa della stangata che si abbatterà sugli italiani?   In pratica sulla pelle del Cavaliere e su quella dei contribuenti si sta consumando il gioco spregiudicato di un partito che è  in pieno congresso e anche in campagna elettorale. Votando in fretta e furia per la decadenza di Berlusconi, il Pd non solo si libera di un avversario e accontenta gli elettori più scalmanati e con la bava alla bocca, ma ottiene pure di addossare al centrodestra la responsabilità di imposte e sacrifici. L'eventuale crisi di governo e le prevedibili tempeste finanziarie che ne derivassero coprirebbero  ogni responsabilità, in particolar modo le loro. La sinistra potrebbe accusare gli ex alleati di aver terremotato il Paese, nascondendo dietro una cortina fumogena gli errori e le mancate decisioni alla base di ciò che sta accadendo. Inoltre potrebbe scaricare il peso della manovra sulle spalle dell'elettorato moderato, proteggendo ancora una volta l'assistenzialismo, gli sprechi e gli abusi.  A prima vista si tratta di un piano perfetto, con una vittima già designata che paga per tutti, ma il Pdl fa ancora in tempo ad impedire che ciò si realizzi. È sufficiente che apra gli occhi e non si faccia guidare dalla rabbia ma dal buon senso. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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