Scacco a Berlusconi
Napolitano ha tolto l'ultima arma a disposizione di Silvio. Ora, per concedergli la grazia, Re Giorgio vuole che si ritiri dalla politica
Adesso, con la nomina dei nuovi senatori a vita, è tutto chiaro. E, purtroppo, anche tutto pronto per la grande trappola. Altro che grazia. Macché atto di clemenza che possa consentire a Berlusconi l'agibilità politica. Se vuole evitare un anno ai domiciliari o l'affidamento in prova ai servizi sociali, il Cavaliere dovrà chinare il capo, ammettere la colpa e rassegnarsi a un passo indietro. In pratica, una resa incondizionata, senza nemmeno l'onore delle armi. Esageriamo? Niente affatto e proviamo a spiegare perché. Come è noto, per indurre il presidente della Repubblica a valutare senza preclusioni un suo intervento a favore del proprio leader, il centrodestra aveva in mano un'arma formidabile, vale a dire le elezioni. È risaputo che il capo dello Stato è contrario allo scioglimento anticipato delle Camere e per evitarlo, sin dal primo giorno del suo secondo mandato, aveva messo sul tavolo le dimissioni. Tuttavia, qualora il Pdl avesse deciso di staccare la spina, il governo avrebbe faticato a rimanere in piedi, perché, mentre a Montecitorio ha numeri sufficienti per tirare a campare, al Senato manca almeno una ventina di voti. Dunque, la minaccia di Napolitano di gettare la spugna per favorire la nascita di una nuova maggioranza pareva poco concreta, anche tenendo conto di una consistente fronda dentro il Movimento Cinque Stelle che avrebbe potuto disobbedire alle direttive di Grillo. In pratica, senza il Popolo della Libertà Enrico Letta non aveva, fino a due giorni fa, alcuna possibilità di sopravvivenza. Fino a mercoledì, appunto. Da lì in poi tutto è cambiato. Da quando Berlusconi è stato condannato, anzi da prima, a noi è parso chiaro che l'unica via d'uscita dalla situazione in cui ci stavano infilando i giudici con la condanna Mediaset era costituita dalla grazia presidenziale. Senza quella, il Cavaliere non avrebbe avuto scampo e il centrodestra nemmeno. Tuttavia, come fu evidente dal giorno in cui per primi parlammo di atto di clemenza, sul Colle erano tutt'altro che allegri all'idea di dover cavare le castagne dal fuoco facendo un piacere a Berlusconi. La decisione rischiava di intaccare la popolarità di nonno Giorgio e dunque, in cambio dell'intervento, Napolitano pretendeva che il Cavaliere alzasse bandiera bianca e si levasse di torno per sempre. Difficile da digerire per uno nato combattente e deciso a resistere anche quando tutto sembra perduto. Anche perché Berlusconi aveva dalla sua ancora un paio di assi da calare, ovvero l'Imu e le elezioni. Minacciando di far cadere il governo e di farlo su un argomento caro ai portafogli degli italiani, il centrodestra era in grado di esercitare una forte pressione sul Quirinale. Era, appunto: perché una volta cancellata - pur con i mille pasticci che abbiamo segnalato - la rata di settembre dell'Imposta municipale, il Cavaliere si presenta alla battaglia della vita disarmato o quasi. L'argomento cardine per porre fine prematuramente all'esperienza delle larghe intese non c'è più, e una crisi di governo potrebbe non essere capita dagli italiani. Non solo: oltre al venir meno del motivo per rompere la maggioranza, rischiano di mancare anche i numeri. Fino a pochi giorni fa Berlusconi poteva far balenare il ritiro della delegazione pidiellina e al Senato Letta non avrebbe più avuto la maggioranza. Una mossa che neanche la defezione di qualche senatore del centrodestra avrebbe potuto neutralizzare. E neppure l'uscita di una decina di pentastellati in rotta con Grillo. Insomma, né i traditori del Pdl né quelli a Cinque stelle sarebbero stati sufficienti ad assicurare una navigazione tranquilla. Ma da ieri Enrico Letta può contare su quattro voti in più: con la nomina di quattro senatori a vita, tutti se non di sinistra almeno politicamente distanti da Berlusconi, Napolitano ha allungato la vita all'esecutivo. Claudio Abbado è il direttore d'orchestra più rosso che ci sia, la ricercatrice Elena Cattaneo è una sostenitrice di Bersani, Renzo Piano non è un ultrà alla Fuksas ma di certo non parteggia per il centrodestra e così pure il premio Nobel Carlo Rubbia. Insomma, il presidente della Repubblica ha nominato quattro moschettieri che, quando ci sarà da votare, lo faranno senz'altro in favore di Letta e compagni. Risultato: la pistola che il Cavaliere teneva sul tavolo durante la complessa partita della sua decadenza da senatore e l'esecuzione della sentenza della Cassazione, all'improvviso si rivela scarica. Ancora una volta siamo troppo pessimisti? Ricordiamo solo che nell'ultimo mese abbiamo azzeccato le previsioni sulla grazia come via d'uscita e anche quelle sulla condanna di Berlusconi. Non c'è due senza tre. E, nel caso ci sbagliassimo, faremo ammenda con piacere. di Maurizio Belpietro [email protected] twitter @BelpietroTweet