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Gufi sui moderati ma a sinistra stanno peggio

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Galli della Loggia bacchetta i moderati, incapaci di esprimere politici decenti. Ma da Lusi a Maruccio, i progressisti non hanno certo brillato

Lucia Esposito
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Sul Corriere della Sera di ieri, Ernesto Galli della Loggia (che un collega di cui taciamo il nome perché lavora in via Solferino ha ribattezzato Ernesto Polli dal Balcone) ha scritto un editoriale sulla crisi di rappresentanza politica dei moderati. La tesi in breve è la seguente. Comunque vadano le sue vicende, se cioè accetti un'uscita di scena in cambio di qualche beneficio presidenziale o si giochi il tutto per tutto andando ai domiciliari e dunque alle elezioni, Berlusconi è al tramonto e con lui tramonta anche l'attuale centrodestra. Secondo l'opinionista del quotidiano milanese, nel Pdl non si vedono leader capaci di subentrargli raccogliendone l'eredità e nel Centro, inteso come Scelta civica, cioè Monti, Casini e compagnia, non c'è anima viva che sia in grado di intercettare un consenso che senza il cavaliere rimarrebbe orfano di rappresentanza. Forza Italia, o come diavolo si chiamerà, privata del suo fondatore-padrone dunque si dissolverebbe in una «rissa inconcludente e feroce fra cacicchi e cacicche minacciati di disoccupazione». Fin qui si può anche essere d'accordo con il professore-commentatore. Del resto, anche noi nel nostro piccolo abbiamo più volte segnalato il pericolo che un passo indietro del Cavaliere (o un passo avanti verso la prigione) rappresenti un passo indietro di un'intera area politica, la quale si vedrebbe privata del solo leader che negli ultimi vent'anni ha saputo tenerla unità e condurla alla vittoria. Dove però l'editorialista del Corriere è meno convincente è quando si spinge a spiegare che la crisi del centrodestra viene da lontano e coincide più o meno con l'intera storia della Repubblica. Secondo l'illuminato commentatore, i moderati non hanno mai espresso nulla di politicamente significativo. In settant'anni avrebbero dato vita solo a due partiti: l'Uomo qualunque - che visse una brevissima stagione - e Forza Italia. Diversi per consistenza e durata, il movimento di Giannini e quello di Berlusconi avrebbero in comune la gracilità organizzativa e l'inconsistenza e la contraddittorietà della proposta politica. Ad unirli sarebbero la mancanza di radici, il fatto di avere una guida personalistica e una tentazione populista, ma, soprattutto, una «classe politica raccogliticcia e mediocre».  Non è la prima volta che Giannini viene riesumato per spiegare il successo di Berlusconi. In passato il suo nome è stato accostato anche a quello di Bossi e in entrambi i casi si ricordava il passaggio politico del fondatore dell'Uomo qualunque per segnalare la provvisorietà, quasi che sia Forza Italia che la Lega fossero destinate ad un identico destino, cioè a sparire in pochi anni. Come si è visto, sia per quanto riguarda il partito di Berlusconi sia per quello del Senatur, le cose non sono andate così, perché Forza Italia e la Lega hanno segnato la storia di questo paese dai primi anni Novanta ad oggi. La verità è che quanto accaduto negli ultimi vent'anni dimostra semmai il contrario e cioè che l'area politica dei moderati è forte ed esiste a prescindere da chi la rappresenta. Una volta c'erano la Dc, il Psi, i liberali e i missini, i socialdemocratici e i repubblicani. Poi, decapitati quei partiti grazie ai magistrati di Milano (ad eccezione del Msi), gli italiani non hanno scelto gli eredi del Pci, ma sono nate Forza Italia ed An, mentre la Lega ha occupato uno spazio che prima non era neanche lontanamente presidiato. E domani, qualora scomparissero il Pdl e il Carroccio, quasi certamente ci sarebbe qualcosa d'altro che noi ora non siamo in grado di immaginare. Ciò significa che in Italia esiste un blocco sociale e politico che noi chiamiamo genericamente moderati ma che comprende uno spazio che va dai riformisti ai conservatori e non è di sinistra. Si tratta di un'area di cui fanno parte professionisti e imprenditori, commercianti e operai. Gente pratica, che non è né populista né insofferente alle regole, come spesso la si tende a rappresentare. Sono semplicemente persone che non hanno una visione ideologica delle cose e reclamano uno stato poco invasivo ed efficiente, un fisco equo e la capacità decisionale che è richiesta ad un paese moderno. Questo blocco - che in Italia è maggioranza - non si riconosce e non si riconoscerà mai negli eredi del Pci e in quelli della sinistra Dc. Perché gli uomini che si sono raccolti attorno al Pd rappresentano l'esatto contrario di ciò che reclamano i moderati.  Ma per descrivere la solitudine di chi vota per il centrodestra, Galli della Loggia aggiunge che i moderati esprimono dei politici raccogliticci e mediocri.  Certo la classe che ritroviamo sotto le bandiere del centrodestra non è la migliore che ci si potesse attendere: alcuni onorevoli e consiglieri regionali sono francamente imbarazzanti. Tuttavia questo è un problema che non riguarda solo il Pdl e la Lega, cioè la cosiddetta area moderata, ma tutti i partiti. Destra e sinistra da questo punto di vista non fanno differenza. Non ci sono solo i Fiorito, ci sono anche i Lusi, i Maruccio, le Marylin Fusco: purtroppo sui giornali se ne scrive di meno perché pur sperperando denaro pubblico come l'ex ras laziale del Pdl appartengono all'area della sinistra e a quello che un tempo si definiva il partito dei valori. E taciamo per carità di patria della qualità del personale politico del Movimento Cinque stelle: volevano cambiare il mondo e sono finiti a litigare sulla diaria.  La crisi di rappresentanza non è esclusiva del Pdl o come diavolo si chiamerà: è affare di tutti i partiti e tutte le aree politiche. Di solitudine non sono affetti quindi solo i moderati ma tutti gli italiani, i quali vorrebbero dalla politica risposte concrete ed efficaci ai loro problemi e invece ricevono in cambio del proprio voto solo chiacchiere inconcludenti e discussioni esasperanti. Certo, la classe politica del centrodestra non è entusiasmante, ma sono vent'anni, cioè dai tempi della discesa in campo che sentiamo parlare di una destra migliore: il primo a scriverne fu Indro Montanelli. Lui avrebbe voluto una destra liberale, quasi ottocentesca, ma era un uomo del secolo scorso. Purtroppo la destra è quella che abbiamo, cioè quella che passa il convento. Ma in fondo è sempre meglio questa destra piuttosto che la sinistra che ci è toccata in sorte. Maurizio Belpietro    

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