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Il vero colpevole è la Costituzione

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Cav condannato? Morirà l'ultima possibilità di cambiare il Paese. Basta vedere la campagna del "Fatto" a difesa della Carta: i soliti Professoroni ci vogliono mandare in malora, senza cambiare niente

Andrea Tempestini
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Per conoscere il destino di Silvio Berlusconi bisognerà attendere oggi, forse addirittura domani. Ora che sono certi che il reato non si prescriverà, i giudici della Suprema corte possono prendersela comoda e perfino dare prova di non avere fretta di condannare il Cavaliere, ma di essere pronti ad ascoltare le ragioni della difesa. Sapremo a breve comunque se, oltre ad avere ascoltato le cinquanta obiezioni mosse dai legali dell'ex presidente del Consiglio, il collegio della Cassazione le ha anche accolte, riconoscendo che nei confronti del leader del centrodestra è stata emessa una sentenza priva di fondamento. In questi giorni su Libero abbiamo più volte ricordato le incongruenze della condanna a quattro anni di reclusione e a cinque di interdizione dai pubblici uffici e dunque non abbiamo intenzione di ripeterci, limitandoci solo a ricordare che uno Stato di diritto è tale solo se il diritto lo rispetta e non lo calpesta. In questo caso, invece, nonostante non ci sia l'evidenza di una prova e nonostante nelle tasche del Cavaliere non sia stato trovato un euro di quelli che Berlusconi avrebbe frodato al fisco, si è deciso - al di là di ogni ragionevole dubbio - per la condanna. Che, se venisse confermata, provocherebbe effetti dirompenti non solo sul centrodestra, privato per mano giudiziaria del proprio leader, ma anche sulla situazione politica italiana. Di quel che accadrebbe al governo abbiamo già detto. Non per effetto della reazione del Pdl e di quelli che vengono etichettati come i falchi del centrodestra, ma come conseguenza inevitabile dell'esplosione del Pd. La sinistra che per anni ha sognato di abbattere Berlusconi provocherebbe un'immediata crisi di governo, utilizzando la condanna per chiudere l'esperienza delle larghe intese e per liquidare l'alleanza con i moderati. L'Italia si troverebbe senza governo proprio ora, mentre tutti si aspettano le misure decisive per rilanciare l'economia. Invece nella migliore delle ipotesi ci ritroveremmo con nuove elezioni, nella peggiore con un'intesa tra Pd e transfughi del Movimento Cinque Stelle per dar vita a un governo balneare. Un esecutivo tutto di sinistra, nel momento in cui ci sarebbe bisogno di un governo di centrodestra, pronto alle riforme e al cambiamento. E a proposito di voltar pagina, vorremmo segnalare che le fasi finali del processo che riguarda Berlusconi si intrecciano con una campagna condotta da il Fatto Quotidiano contro le modifiche alla Costituzione. Decine di migliaia di persone hanno già aderito all'iniziativa, sottoscrivendo l'appello contro la modifica  dell'articolo 138. Per chi non lo sapesse, questo è il penultimo articolo della nostra Carta ed è quello che regola i cambiamenti alla Costituzione stessa, rendendo faticoso se non impossibile ogni rinnovamento, perché per cancellare anche una virgola si deve sottoporre la decisione a diverse letture in entrambi i rami del Parlamento. Al solo pensiero che qualcuno potesse renderla adeguata ai tempi, gli amici del Fatto, uniti ai soliti intellettuali di complemento, si sono schierati a difesa della Carta. Come se cambiare fosse una minaccia  e non un segnale di raggiungimento pieno della democrazia. Di modifiche costituzionali si parla da tempo e da più parti sono ritenute indispensabili per modernizzare il nostro Paese, soprattutto per renderlo capace di reagire tempestivamente alla crisi. Indro Montanelli nel 1974, cioè quasi quarant'anni fa, ne parlò come di una necessità, criticando i partiti che montavano la guardia attorno alla Carta. Agli occhi del fondatore del Giornale, la nostra Costituzione non era la più bella del mondo, ma solo il frutto di un compromesso. L'accordo al ribasso fra due schieramenti, quello democristiano e quello comunista, ciascuno deciso a legare le mani all'altro. Dc e Pci fecero di tutto pur di non avere un governo in grado di governare. Piuttosto di qualcuno che comandasse, meglio nessuno.  E così è stato. Per sessantacinque anni abbiamo avuto non un regime parlamentare, ma un governo assembleare, senza che uno solo fosse in grado di tenere il volante e di condurre l'Italia verso la direzione giusta. I risultati di questo sistema, di questa Costituzione frutto del compromesso, sono sotto gli occhi di tutti. Rispetto agli altri Paesi siamo i più indebitati, i più sindacalizzati, i più assistiti, ma soprattutto siamo i più indecisi a tutto. Silvio Berlusconi nel corso degli anni ha sostenuto spesso la necessità di modificare la Costituzione per modernizzare l'Italia. «Datemi i poteri per governare», ha ripetuto più volte, «perché oggi un presidente del Consiglio ne ha meno di un sindaco e senza il volere del Parlamento non può neppure licenziare un ministro che non esegua i suoi ordini». L'anomalia italiana sta tutta qua. Il Cavaliere ha commesso molti errori, compreso quello di non riformare la Giustizia. Ma tanti di quegli errori sono dovuti alle mani legate imposte dalla Costituzione.  Se il Cavaliere venisse condannato, dunque, l'unica speranza di cambiamento rimasta a questo Paese sarebbe arrestata per sempre. Dopo di lui non ci sarebbe il diluvio, ma l'Italia sarebbe in mano ai veri conservatori: a quel nucleo di irriducibili che non vogliono cambiare niente, che vogliono mantenerci come siamo. Cioè mandarci in malora. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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