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La condanna del Cav spaventa la sinistra

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Terrore tra i No Berlusconi: certi giornali perderebbero il nemico pubblico numero uno (e molti lettori), certi partiti non avrebbero più scuse per la loro incapacità

Giulio Bucchi
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Proclamarsi innocente può essere una provocazione?  Assoggettarsi al giudizio dei giudici, sostenendo che in caso di condanna non si scapperà né si cercheranno scorciatoie ma si andrà direttamente in galera, può essere considerato «veleno gratuito contro i giudici»? Eppure questo è ciò che si poteva leggere ieri sull'Unità e su Repubblica.  Da sempre ossessionati da Berlusconi, i cronisti dei due giornali scrivevano a proposito del colloquio con il Cavaliere riportato domenica da Libero cose dell'altro mondo, immaginando intenzioni di cui nella chiacchierata con l'ex presidente del Consiglio non c'era traccia, ma che evidentemente nella loro testa sono ben presenti. La conversazione era calma, piena di buon senso e di serenità, senza neppure una parola contro i magistrati che lo devono giudicare o quelli che lo hanno già fatto. Paradossalmente l'ex premier era più preoccupato dalla situazione politica, dalla capacità del Pd di reggere i contraccolpi di una eventuale sentenza sfavorevole, dalla crisi economica che colpisce  le famiglie  e le imprese italiane. Il leader del centrodestra riferiva delle proposte presentate a Letta per reperire i fondi necessari  alla cancellazione dell'Imu sulla prima casa e per evitare l'aumento dell'Iva al 22 per cento. E raccontava dei colloqui intercorsi con il nuovo premier dell'Albania e con alcuni capi di multinazionali circa le prospettive dell'industria italiana. E però gli illustri colleghi dei giornali cari alla sinistra giustizialista in quelle parole hanno ravvisato «una provocazione». Anzi: «Veleno gratuito contro i giudici». Perché loro il Cavaliere lo vorrebbero così: sempre pronto a menare fendenti, sempre lì sulla barricata contro  le toghe, sempre preoccupato dei fatti suoi e dei suoi guai. Se invece Berlusconi si manifesta sereno, pronto a sopportare anche il torto di un'ingiustizia e dichiara di non avere alcuna intenzione di scappare o di fare cadere il governo, si mostra sensibile solo alle ricadute della congiuntura sul sistema produttivo del Paese e sulle tasche degli italiani, beh, allora, tutto ciò non va bene. Un leader del centrodestra che non possa essere dipinto come Barbablù, come il nemico della democrazia, come colui che vuole violentare la Costituzione dopo aver violentato il codice penale, non sta ai patti, non rientra nei giochi, fa saltare tutto il sistema, in particolare demolisce anni di propaganda.  Che provocazione può essere dichiarare che non si scappa da una condanna ma si è pronti a sopportarla? Quale minaccia rappresenta la constatazione che,  se ci dovesse essere un pronunciamento sfavorevole della Cassazione, questo si  scaricherebbe sul governo, ma non per colpa del Pdl bensì per reazione del Pd? Lo stesso giorno in cui l'ex presidente del Consiglio si lasciava scappare questa frase, rompendo il silenzio stampa impostogli dagli avvocati, le stesse cose le diceva l'ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, uno che  conosce bene il suo partito. Domenica, in un'intervista al Quotidiano Nazionale, l'esponente della sinistra dichiarava che, in caso di condanna, il Pd sarebbe saltato in aria come un birillo e, di conseguenza, anche il governo avrebbe fatto la stessa fine. Che cosa c'è di diverso rispetto a ciò che ha sostenuto Berlusconi, se non l'uso di parole un po' più forti? Nulla, ma nessuno sui giornali di ieri parlava a proposito di Sposetti di provocazione o di veleno contro i magistrati, caricati della responsabilità non solo di giudicare l'ex presidente del Consiglio, ma anche di tenere o meno in piedi l'esecutivo di larghe intese. La verità è che in queste ore i primi ad augurarsi che la Corte suprema non condanni il capo del centrodestra sono proprio i suoi più acerrimi nemici, i quali si rendono conto che il Cavaliere agli arresti sarebbe un disastro da tutti i punti di vista.  Una certa stampa non avrebbe più il pericolo pubblico numero uno a piede libero e dunque verrebbe meno anche una delle principali ragioni che inducono i lettori a nutrirsi dell'odio quotidiano. Una certa parte politica non avrebbe più alcuna giustificazione per  la propria indecisione e la propria incapacità e sarebbe nuda di fronte al giudizio degli elettori. Ecco perché oggi in molti si augurano che, in ultima istanza, la Cassazione trovi il modo, se non di assolvere Berlusconi, almeno di far slittare in là nel tempo la condanna o, ancor meglio, rinviare gli atti alla Corte d'appello in modo che il reato si estingua per avvenuta prescrizione. Fantasie? Mica tanto, soprattutto se è vero ciò che dicono i rilevatori di umori elettorali, secondo i quali, con il Cavaliere in prigione, il centrodestra esploderebbe, ma solo per numero di consensi. Lui dietro le sbarre arriverebbe davvero al 51 per cento, scherza un collega direttore da sempre collocato a sinistra. E la paura fa novanta. di Maurizio Belpietro [email protected] twitter @BelpietroTweet      

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