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L'Italia rischia il ko e i politici litigano su Kazakistan e oranghi

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L'insulto di Calderoli? Ingiustificabile. Il caso della moglie del dissidente? Una brutta figura. Ma non possiamo perdere tutto il tempo in polemiche: la priorità è l'economia

Andrea Tempestini
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Il dibattito politico di questi giorni è tutto incentrato sulle parole offensive di Roberto Calderoli nei confronti del ministro Cécile Kyenge e sulla faccenda Shalabayeva, la cittadina kazaka espulsa dall'Italia nonostante fosse la moglie di un oppositore del presidente Nazarbayev.  I lettori sanno cosa  pensiamo delle due questioni. Nel primo caso al posto dell'esponente leghista avremmo chiesto scusa e ci saremmo fatti da parte, perché un vicepresidente del Senato non può insultare un ministro della Repubblica, anche se di quel ministro non condivide una parola. Nel secondo caso, al posto di Alfano, avremmo tenuto duro, perché fino a prova contraria non c'è traccia di irregolarità commesse dagli uffici che da lui dipendono:  può essere che sia mancata la sensibilità politica nel trattare un caso delicato, con una bambina e una donna di mezzo, ma la formalità degli atti è stata rispettata e dunque il ministro degli Interni non ha nulla da rimproverarsi, se non di aver prestato il fianco con certi tentennamenti  a chi vuole farlo dimettere per chiudere in fretta l'esperienza delle larghe intese. Ciò detto, vedremo nelle prossime ore gli sviluppi di entrambi i casi e se tali sviluppi infiammeranno un clima politico già incandescente per la scadenza processuale che riguarda Silvio Berlusconi. Ciò che ci preme però non è di tornare su Calderoli e Alfano, e nemmeno di rimarcare quanto sia privo di sostanza - cioè di prove a carico - il giudizio in cui è coinvolto il leader del centrodestra. Ma semmai di segnalare quanto, trattando questi argomenti e rendendoli centrali nel dibattito politico, il Palazzo, inteso come Parlamento e governo, sia lontano dalla vita concreta degli italiani. Le parole dell'ex ministro della Semplificazione di sicuro non sono un esempio di eleganza e bon ton. Né si può negare che paragonare un ministro, per giunta donna, ad un orango sia un atteggiamento con forti venature razziste: il fatto che altri in passato abbiano offeso esponenti di centrodestra paragonandoli ad animali o rimarcandone i difetti fisici non giustifica comunque l'offesa.  Né si può sostenere che nell'affare Shalabayeva l'Italia ci abbia fatto una bella figura. Innanzitutto perché per un anno non si è resa conto che un dissidente del regime kazano e la sua famiglia erano nascosti  a Roma (ma i nostri 007 che combinano: solo pasticci?). E poi perché, una volta scoperta la presenza di moglie e figlia del banchiere in fuga, pur rispettando le procedure, ha mostrato con l'espulsione una fretta sospetta, quasi che il nostro Paese si fosse piegato alle pressioni e alle furbizie del presidente kazako. Ciò nonostante viene da chiedersi una cosa: ma una potenza industriale che ogni giorno si mostra impotente di fronte alla crisi, un'Italia in cui gli unici indicatori che salgono sono quelli che riguardano la disoccupazione, il debito pubblico e le tasse, può permettersi di passare giorni a discutere delle parole di Calderoli e dell'espulsione di una donna giunta clandestinamente a Roma, in possesso di un passaporto falso e di molti soldi e che al momento del fermo non ha chiesto asilo politico? Nel rissoso parlamento uscito dalle ultime elezioni, è possibile che nessuno si renda conto che il Paese cammina su un filo sospeso su un baratro e che se non si fa qualcosa si corre il rischio di precipitare nel vuoto? Gli ultimi dati diffusi ieri sono drammatici: a maggio il debito è aumentato di 33,4 miliardi rispetto al mese precedente, cioè più della manovra che a novembre del 2011 Mario Monti fece per «salvare» l'Italia. In totale fanno 2 mila 74,7 miliardi di euro: un record.  Nei primi cinque mesi dell'anno le tasse sono cresciute dello 0,7 per cento, facendo entrare nelle casse dello Stato 143,171 miliardi di euro, ma nel solo mese di maggio le entrate sono diminuite del 2,2 per cento, vale a dire che il Fisco ha incassato quasi un miliardo di meno. Segno evidente che il motore del Paese è imballato e che, nonostante l'introduzione di nuove tasse, a causa del calo dei consumi si spende meno e si pagano meno imposte. Cala infatti il gettito Iva, ma scendono anche l'imposta di registro e quella ipotecaria, cioè le tasse che un acquirente versa nel momento in cui compra una casa. Tanto per proseguire con parole di conforto, l'Inps segnala che quasi la metà dei pensionati prende meno di mille euro e circa un terzo poco più di 500. Cifre che rivelano una sola cosa e cioè che il cinquanta per cento di chi si è ritirato dal lavoro è alla canna del gas. Come se non bastasse, l'Ocse ci dice che il 53 per cento dei nostri giovani è precario e chi lavora prende meno che altrove, infatti quanto a retribuzioni siamo ventesimi su trenta Stati censiti. Altrove, cioè nei cosiddetti Paesi normali, di tutto ciò si parlerebbe e soprattutto si agirebbe con grande urgenza. Da noi invece c'è fretta di affondare Calderoli, Alfano, Letta e pure l'Italia. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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