Letta, adesso svegliati: hai già perso troppo tempo
Il Fisco non dà tregua, ma il governo continua a temporeggiare. Ora basta: è ora di battere i pugni in Europa
Per ora l'unica certezza è che lunedì gli italiani dovranno pagare le tasse. Irpef, Imu, Irap, Ires, addizionali: un ingorgo di imposte, tutte da versare entro il 17, giorno che sembra fatto apposta per farsi ricordare come il peggiore dell'anno. Certo, ci sono promesse di revisione (per l'Imu), forse addirittura di alleggerimento (dell'Irap). Qualcuno ha anche fatto balenare la possibilità di un rinvio della scadenza, almeno per gli studi di settore, ma siamo pronti a scommettere che non succederà niente. Per lo meno non nella prossima settimana. Mentre gli italiani fanno i conti per capire quanto dovranno sganciare al Fisco e i commercialisti impazziscono per tener dietro alle ultime novità partorite dall'Agenzia delle entrate, il governo discute. Sì, avete letto bene. Anche ieri, giorno in cui erano attese decisioni importanti, i ministri hanno dibattuto. Su che cosa? Ovvio, sulle misure da prendere. Il Paese va a rotoli, ogni giorno spunta una statistica che, come un bollettino di guerra, riporta morti e feriti sul fronte dell'economia e a Palazzo Chigi che fanno? Parlano. Dichiarano. Argomentano. E quando li si mette alle strette con domande banali tipo: quando deciderete sul da farsi?, rispondono che stanno valutando. Intendiamoci: non si possono addebitare a Enrico Letta le migliaia di aziende che in tutta Italia stanno chiudendo i battenti. Né lo si può considerare responsabile dei milioni di disoccupati di cui è pieno il Paese. E però bisogna anche dire che se abbiamo sostenuto la necessità di formare il governo delle larghe intese è perché ritenevamo che gli italiani avessero bisogno di qualche cosa di più concreto delle solite chiacchiere. Dopo le elezioni, per un paio di mesi il Pd si è baloccato con le metafore incomprensibili di Pier Luigi Bersani, inseguendo tacchini sul tetto e polli dal balcone, ma alla fine di cose pratiche non ne abbiamo viste. Speravamo che con Enrico Letta la musica cambiasse e fosse dunque arrivata l'ora di rimboccarsi le maniche e di mettersi al lavoro sui provvedimenti in grado di rilanciare la nostra industria e il nostro Pil. E invece tutto tace. Sono passati 45 giorni dall'insediamento del nuovo esecutivo, cioè circa la metà di quelli su cui si misura la luna di miele con un Paese, e ancora non si è visto niente. Invece che interventi sono arrivati annunci. Il finanziamento dei partiti è stato abolito ma soltanto a parole, perché la legge dovrà passare al vaglio del Parlamento e non è certo che ne esca così come è entrata. L'Imu sulla prima casa invece di essere cancellata è stata rinviata a settembre, così gli italiani potranno andare in vacanza con la spada di Damocle di un versamento da effettuare appena rientrati dalle ferie. Sospeso è anche il temuto aumento dell'Iva, dopo che l'incremento deciso dal governo Monti ha provocato una caduta dei consumi, e anche in questo caso non si conosce che cosa succederà. Con tutto ciò non vogliamo dire che Letta e i suoi ministri stiano perdendo tempo, ma che lo stiano prendendo sì. Invece di decidere, rinviano. Al posto di prendere l'economia per le corna come richiederebbe la situazione, temporeggiano. Con il risultato che l'estate si avvicina e ogni provvedimento è rimandato a settembre, in attesa che l'Italia riesca a superare l'esame di riparazione cui dovrà sottoporsi di fronte all'Europa e alla Merkel. Perché se è vero che la procedura d'infrazione è stata superata, è altrettanto vero che le prove non sono concluse e quella più impegnativa riguarda proprio la possibilità di ottenere un allentamento dei vincoli di bilancio e quindi anche dei cordoni della borsa. Non era meglio cercare di ottenere subito la promozione e dunque il via libera da parte di Berlino e di Bruxelles? Non è che si rischia di lasciar passare troppo tempo e di vedere peggiorare la situazione se si attendono i vertici e i summit internazionali per intervenire? A noi pare di sì, ma a quanto sembra le nostre preoccupazioni e i nostri allarmi non scuotono il governo. Il presidente del Consiglio per carattere non si agita mai, al punto da ricordarci un bello addormentato nel bosco che, sprofondato in un sonno profondo, non si accorge di quanto gli sta capitando attorno. Anche ieri il ministro dei rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, ha dimostrato che l'esecutivo ha ingranato la ridotta. Ai giornalisti che lo incalzavano per conoscere le decisioni su Imu e Iva, l'esponente del Pd ha risposto papale papale che è presto per dare risposte. Presto? Sì. Per sapere di quale morte dovranno morire i contribuenti si dovrà attendere fine agosto. Insomma, gli italiani possono aspettare. Chi non attende invece è il Fisco, che, come abbiamo ricordato, il 17 passa all'incasso. Anzi: siamo noi che dobbiamo passare a versare, perché lo Stato neppure si scomoda a ritirare a domicilio la sua parte. E così ci condanna pure ad aprire il portafogli per retribuire i servizi bancari. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet