Tra prima casa e imprese ci prendono per l'Imu
Spostare a dopo l'estate l'acconto non ha alcun effetto né sulla fiducia né sul portafogli, servono sforbiciate nette
di Maurizio Belpietro Il governo ci sta prendendo per l'Imu. A due settimane dal solenne impegno del presidente del consiglio di rimodulare l'imposta che colpisce i proprietari di case, l'esecutivo non ha partorito nulla, ma rinviato tutto a lunedì. Un appuntamento cui Letta a quanto pare si prepara a fare il minimo sforzo e a partorire un topolino. Una misura piccola piccola, così piccola che chi possiede un'abitazione quasi non si accorgerà neppure che sia stata presa. Al contrario di quanto era stato promesso non ci sarà alcuna cancellazione della odiosa tassa sul mattone e nessun taglio che ne riduca l'impatto sul portafogli degli italiani. Neppure per chi di alloggio ne ha uno solo, quello in cui abita con la famiglia, quasi sempre frutto di numerosi sacrifici e spesso ancora gravato dal mutuo. Anche i proprietari di prima casa dovranno pagare: la sola concessione che Letta vorrebbe elargire ai contribuenti meno abbienti è il rinvio della scadenza di giugno. La rata infatti non si dovrebbe versare alla vigilia delle vacanze, ma al ritorno, per la precisione a fine di settembre. Forse qualcuno delle alte sfere di Palazzo Chigi avrà pensato con tale mossa di fare un gran piacere alle famiglie, consentendo loro di poter partire per le ferie senza la preoccupazione di aver svuotato il conto corrente per adeguarsi alle ingiunzioni di pagamento del Fisco. Purtroppo si dà il caso che chiunque sappia di dover saldare un conto appena rientrato da un periodo di relax non trascorre un soggiorno spensierato, ma tende a risparmiare in vista della scadenza settembrina. Dunque, se nella testa dei nostri ministri questa è una misurata destinata a rilanciare i consumi e dunque a far riprendere l'economia, si può anticipare senza paura di essere smentiti che il provvedimento non avrà alcuna efficacia sull'andamento degli acquisti. Risparmiare tre mesi non è infatti un gran risparmio: alla fine si sa che comunque si dovrà pagare e dunque le persone continueranno a far la spesa con estrema oculatezza, rimandando a domani ciò che avrebbero potuto acquistare oggi. La decisione del governo in pratica non farebbe sconti a nessuno, neppure ai piccoli proprietari, quelli che solo apparentemente sono titolari della casa in cui abitano, ma che in realtà sono “affittuari “ delle banche, alle quali pagano una montagna di quattrini ogni anno per il prestito ottenuto. Insomma, se questo è il modo per restituire fiducia ai consumatori e per invertire la tendenza che spinge all'ingiù il nostro prodotto interno lordo, beh, bisogna concludere che non ci siamo. Anzi: che il governo sta procedendo proprio nella direzione opposta, quella delle decisioni senza coraggio. Ma non è tutto. Il consiglio dei ministri decidendo di non decidere ma di rinviare non ha solo deluso le aspettative di milioni di famiglie obbligate a versare una tassa ingiusta e impopolare, ha anche ignorato la richiesta che veniva da commercianti e industriali di sospendere il super acconto sugli immobili. Come avevamo annunciato nelle scorse settimane, presto chi ha un'attività commerciale sarà chiamato a pagare la prima rata dell'Imu. Il versamento è alle porte, essendo stata fissata la scadenza del 17 giugno. Ma ciò che impensierisce esercenti e imprenditori è soprattutto l'entità della stangata. Rispetto allo scorso anno, la rata potrebbe essere superiore del 50 o del 200 per cento a causa di uno dei tanti doni lasciatici dal governo Monti. Il decreto “Salva-Italia” – che a dispetto del nome che porta non ha salvato un bel nulla, se non la carriera politica dell'ex presidente del consiglio – infatti ha previsto un aumento dei valori fiscali di riferimento di capannoni e immobili strumentali che si somma al venti per cento già alzato lo scorso anno. Senza contare che se, per far quadrare i conti, i comuni a loro volta hanno deciso di ritoccare l'aliquota, l'acconto potrebbe rivelarsi un salasso. Secondo il Sole 24ore, che all'argomento ha dedicato ieri il titolo d'apertura della prima pagina, a Roma e Milano si pagherà il cinquanta per cento in più di un anno fa, ma non va meglio a Bologna o Napoli, dove per un esercizio chiamato a versare dodici mesi fa più di cinquecento euro potrebbero volercene 738. Già, perché alla mannaia del Fisco non sfuggiranno i negozi e neppure gli alberghi o i centri commerciali. Contributo, immaginiamo decisivo, per decine di migliaia di piccole attività, le quali, causa crisi, sono costrette a tirare la cinghia e spesso a tirare giù la claire, ma dopo il prelievo forzoso deciso da comuni e governo molto probabilmente non avranno altra via che liquidare tutto e portare i libri in tribunale. Siamo troppo pessimisti? Non ci pare. Il problema è che dopo aver visto all'opera Rigor Montis, non vorremmo doverci scontrare con Rigoletta, che non avrebbe nulla a che fare con il personaggio dell'opera di Verdi e soprattutto, nonostante il nome, non ci farebbe per nulla ridere. Dunque, ci auguriamo un rapido ripensamento: lunedì datevi da fare... [email protected]