Scusa Bersani, ma sei matto?
Bersana Jones è un "esploratore suonato". Chiede aiuto ai partiti, ma poi boccia le larghe intese. Nel frattempo l'Italia sprofonda: ci è o ci fa?
di Maurizio Belpietro E se fosse matto? Se dietro all'aria tetra di burocrate di partito semplicemente ci fosse il nulla? Se per Bersana Jones, esploratore alla ricerca di una maggioranza mai avuta, l'incarico di formare un nuovo governo fosse banalmente un compito più grande di lui? Se, insomma, il segretario del Pd stesse solo perdendo tempo per non dire la verità, ovvero che lui dal pasticcio in cui si è infilato non ha proprio idea di come uscirne e non ha in testa nessuna soluzione che possa dare un governo stabile al Paese? Se, cioè, la sua fosse una colossale presa per i fondelli degli italiani? Domande legittime che cominciano a farsi largo man mano che il capo del Pd procede nei suoi incontri. I quali, ricordiamolo bene, non sono con le forze politiche che dovrebbero sostenerlo in Parlamento, ma con i rappresentanti della società civile. Da quando ha ricevuto dalle mani del capo dello Stato l'incarico di esplorare e cioè di verificare se al Senato è in grado di convincere qualcuno a votare un governo presieduto da lui, Bersani ha visto i vertici di ogni tipo di associazione. Dai rappresentanti dei costruttori a quelli degli agricoltori, dai presidenti degli imprenditori - piccoli e grandi che siano - ai leader dei sindacati. Non solo: in questi tre giorni si sono succedute riunioni con personaggi di vario tipo, scrittori e operatori del mondo del volontariato - da Roberto Saviano a don Ciotti - per finire con la dirigenza di un certo numero di club. Si va da quello Alpino al Touring, passando per il Wwf e Greenpeace. Manca la bocciofila di Pizzighettone, ma è probabile che oggi la lacuna sia colmata. Intendiamoci, non ce l'abbiamo con i vertici delle associazioni convocate. Si tratta sicuramente di persone rispettabilissime e interessanti, che al candidato premier avranno portato la loro esperienza da diversi settori. Ma non si capisce a che serva tutto ciò. Forse ad arricchire le conoscenze del segretario del Pd in materia di scalate in montagna o di gite fuori porta. Tuttavia è assai improbabile che la discussione con la delegazione del Cai e del Touring Club abbia aggiunto un solo voto a quelli di cui Bersani già dispone in Parlamento. A questo punto, più passano i giorni, e più ci si domanda che cosa davvero il boy scout del Pd abbia in testa e soprattutto a che cosa stia dando la caccia. L'esplorazione infatti a noi pare procedere alla cieca, senza che vi sia una direzione precisa. Ancora una volta l'uomo che vuole farsi presidente del Consiglio ha ripetuto il suo mantra e cioè che lui ha otto punti e su quelli regola la sua bussola. Di nuovo Bersani ha rifatto appello alla responsabilità, ma ha pure detto che non ha alcuna intenzione di dar vita a un esecutivo di larghe intese e che non è per la concordia nazionale. Cioè, da un lato il segretario del Pd sollecita un'azione di buon senso, che metta davanti agli interessi personali quelli nazionali. Dall'altro, dopo quest'invito all'unità per affrontare i momenti difficili cui va incontro il Paese, Bersani si dichiara però favorevole alla discordia nazionale, respingendo qualsiasi governo di larghe intese. Più che il discorso di un premier o aspirante tale, la sua sembra la mossa di un gambero: un passo avanti e due indietro. Il segretario del Partito democratico sembra cioè avere poche idee ma confuse. In pubblico sollecita i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle a concedergli la fiducia, ben sapendo che difficilmente i nuovi senatori grillini acconsentiranno alla richiesta. In privato però vorrebbe che i parlamentari leghisti e berlusconiani si sacrificassero e, senza ottenere nulla in cambio, neanche un pubblico riconoscimento, gli regalassero i voti che gli mancano. La linea è talmente confusa che ora perfino i suoi stessi compagni cominciano a temere che Bersani stia soltanto bluffando e che in realtà non abbia in mano alcun asso da calare all'ultimo momento, ma stia giocando la partita come solo gli incoscienti e gli inesperti fanno. Certa è soltanto una cosa e cioè che, a forza di scherzare, il segretario esploratore rischia di rimanere con un cerino in mano e di bruciare anche la casa, che poi sarebbe la nostra. Già, perché mentre Bersana Jones passa il proprio tempo a incontrare il presidente dei circoli degli scacchi, il Paese va a rotoli. Domenica il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha dichiarato che le imprese sono agli sgoccioli e non ce la fanno più. Ieri, dopo il colpo di mano sui depositi bancari a Cipro, le Borse sono crollate e quella di Milano ha perso il 2,5 per cento. Nel frattempo l'agenzia Moody's ha fatto sapere che potrebbe declassare il debito pubblico italiano, rendendo più difficoltoso e oneroso il collocamento di Bot e Btp. Non è un buon motivo per domandarsi se le sorti del Paese le abbiamo affidate a un matto?