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Paese nei guai anche se Silvio se ne va

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Belpietro risponde a Mughini secondo il quale è meglio per tutti se Berlusconi si ritira

Nicoletta Orlandi Posti
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di Maurizio  Belpietro Caro Giampiero Mughini, si può essere d'accordo o meno sulla tua proposta, ma bisogna riconoscere che, mentre altri blaterano del nulla,  tu almeno un'idea per uscire dalla situazione di stallo in cui ci troviamo ce l'hai. Anche io come te, sebbene ne abbia voglia, non intendo entrare nel merito dei processi: mi limito solo ad osservare un fatto riguardante il giudizio che rischia di chiudere, con l'interdizione dai pubblici uffici, la carriera politica del Cavaliere, quello per cui sabato è stata disposta la visita fiscale. Mentre da anni si cerca di dimostrare che Silvio Berlusconi ha evaso le tasse gonfiando le fatture sui diritti televisivi, nessuno sembra darsi grande pena invece per il tesoro estero dell'Avvocato Agnelli, che pure appare più cospicuo. I pm, anche se convinti della sua esistenza, hanno recentemente archiviato l'indagine sulle finanziarie estere nella cui pancia ci sarebbe un miliardo di euro.  Nessuno si strappa le vesti neppure per la presunta evasione  da 225 milioni  del  gruppo Espresso, roba vecchia dell'Ottanta. Si vede che in Piemonte son più furbi. Ciò detto, torno al nocciolo della questione. Tu dici: l'Italia non è più in grado di sopportare una guerra che dura da vent'anni. Un governo insieme tra Pd e Pdl non si può fare e nemmeno andare alle elezioni è la soluzione, perché dalle urne potremmo uscire uguali a prima: un terzo di italiani che detesta l'altro terzo e ciò che resta, cioè Grillo, a sputare in faccia ai primi due. Per cui, se ho capito bene, tu proponi che il Cavaliere faccia un passo indietro: accetti di lasciare la politica e in cambio gli sarà fatta salva la ghirba. In pratica, qualcuno gli dovrebbe offrire la garanzia di non colpirlo al cuore come conseguenza del suo ritiro. E per sostenere l'ipotesi dell'accordo tra gente che si odia citi il caso degli ufficiali tedeschi che trattavano con i capi partigiani per salvare vite e scambiarsi prigionieri. Per giungere a un'intesa non c'è bisogno di stimarsi né che i firmatari siano esenti da colpe:  americani e inglesi, dopo aver  battuto i nazisti, trattarono  con i russi e insieme fecero pure Norimberga. Vero.  Negoziare serve a evitare il peggio e nei casi citati si scongiurarono altri morti e una nuova guerra. Tuttavia, caro Giampiero, per fare un accordo bisogna essere almeno in due. Le parti devono cioè avere intenzione di raggiungerlo. Se così non è, se uno dei contendenti  rifiuta anche soltanto di sedersi al tavolo della trattativa, allora non c'è nessuna possibilità di intesa. Cosa dovrebbe fare Berlusconi? Firmarselo da solo il trattato di pace? Una pace unilaterale in cui annuncia di ritirarsi e di abbandonare al suo destino quel terzo degli italiani che lo ha votato? In tal caso non si parla di armistizio e nemmeno di tregua, ma di resa. Anzi, di fuga. È questo ciò che pensi? Il Cavaliere farebbe meglio ad arrendersi ai suoi nemici e a ritirarsi in pensione ad Arcore o, preferibilmente, ad Antigua? È l'esilio cui si dovrebbe rassegnare? Uscire di scena in attesa che non i giudici, ma la storia gli dia ragione? Vedo che tu citi Charles de Gaulle, il quale in effetti  lasciò per ben due volte, ma non certo per volere dei magistrati: a liquidarlo, sia la prima volta che la seconda, furono i francesi, i quali gli voltarono le spalle, bocciando nel 1951 il suo partito e, nel 1969, il referendum con cui il generale voleva modernizzare la Francia. Ma poi, tu sei davvero convinto che basterebbe sbarazzarsi di Berlusconi per risolvere il problema di questo Paese? Io credo di no. Anzi, penso che sarebbe un modo ipocrita per illudersi ancora una volta di aver chiuso la questione, così come pensammo di aver fatto nel 1992. Ricordi? Allora il male assoluto era rappresentato da Bettino Craxi. Era lui il simbolo da abbattere e infatti la furia popolare aiutata dai giudici e dalla sinistra lo ha abbattuto, costringendolo alla fuga e alla morte in esilio. Ma, fatto fuori lui, è cambiato qualcosa? L'Italia ha camminato più spedita? La giustizia è diventata più efficiente e giusta? Il Paese è stato modernizzato, gli sprechi si sono ridotti, i ladri diminuiti? No, niente di tutto questo è avvenuto. I veleni messi in circolo da Tangentopoli, il mancato coraggio nel guardare in faccia ciò che era accaduto e quali fossero le responsabilità della classe politica, ci hanno intossicato per  vent'anni e oggi stiamo peggio di prima.  Cacciare Berlusconi ad Antigua o gettarlo a marcire in una cella non ci aiuterà ad andare meglio o, usando la tua metafora, ad impedire che il Titanic Italia affondi. Cosa credi che accadrebbe se il Cavaliere all'improvviso sparisse dalla scena politica? Pensi che gli elettori di centrodestra seguirebbero le sue sorti, evaporando d'un tratto come per miracolo? Ritieni che lascerebbero campo libero al Pd oppure si rinchiuderebbero dentro la riserva indiana di un Popolo della libertà privato della sua guida e dunque malandato?  Te lo dico io che accadrebbe: per reazione, per dispetto, per rabbia e per antipatia nei confronti della sinistra, voterebbero in massa Grillo. E allora sarebbero cavoli amari per tutti.  Altri vent'anni di guerra non ce li leverebbe nessuno. Neanche un giudice pronto a mettere nel mirino il capocomico a cinque stelle.  @BelpietroTweet

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