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Bersani & C, fatela finita

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Il ricatto dei pm e il pregiudizio anti-Cav trattengono il segretario del Pd dall'unica mossa che può salvare il Paese dal caos: l'accordo con il Pdl. Vien quasi da rimpiangere Togliatti...

Andrea Tempestini
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di Maurizio Belpietro «Fate presto», titolò un anno e mezzo fa, in piena crisi causa spread, il Sole 24 Ore.  «Fatela finita», viene ora voglia di titolare di fronte allo spettacolo offerto da Pier Luigi Bersani, Beppe Grillo, Mario Monti e tutti gli altri che in queste ore vi prendono parte. Le elezioni ci sono state e gli italiani hanno sentenziato che il Partito democratico non è maggioranza nel Paese. Non lo è neppure il centro destra, sebbene solo 124 mila voti lo separino dalla sinistra. E non è autosufficiente neanche il Movimento Cinque stelle: nonostante sia praticamente il primo partito del Paese,  in Parlamento non ha i numeri  in grado di consentirgli di governare. Dunque, che si fa? Si continua nel balletto cui abbiamo assistito in questi giorni, a urne aperte, con il segretario del Pd che insegue il santone di Genova con il cappello in mano, scongiurandolo di votargli la fiducia, e Grillo che gli risponde dandogli della faccia di..., dello stalker, del molestatore di onorevoli, imputandogli di aver aperto un mercato delle vacche pur di sottrargli qualche parlamentare? Quello che abbiamo di fronte non è un bello spettacolo. Anzi, non è neppure uno spettacolo, ma solo una commedia penosa.  Bersani e il suo partito non hanno la maggioranza. Punto. I voti che hanno raccolto sono inferiori al trenta per cento e soltanto la vituperata legge «porcata», ovvero il sistema elettorale che ogni giorno si prefiggono di cambiare, ha regalato loro duecento deputati  in più di quelli ottenuti dal centrodestra. Senza il porcellum,  Pd e Sel, Pdl e Lega, e anche il Movimento 5 Stelle avrebbero più o meno le stesse forze. Dunque sarebbero costretti a trovare un'intesa, a meno di non fare precipitare l'Italia in una situazione pericolosa, ovvero in una specie di limbo, senza un nuovo presidente della Repubblica, ma con quello vecchio in scadenza, senza un nuovo governo, ma con quello mai votato da nessuno ancora in carica, senza nessuno che abbia la responsabilità di guidare il Paese. Tuttavia una legge elettorale, seppur odiata, c'è, e quella stessa legge ha attribuito al partito di Bersani e ai suoi alleati una maggioranza solida alla Camera e dunque tocca all'erede di Togliatti e di Berlinguer decidere il da farsi. Per di più al Quirinale c'è un sopravvissuto dell'era togliattiana e berlingueriana, ossia l'ex comunista Giorgio Napolitano. Tutto dunque concorrerebbe affinché si arrivasse in tempi brevi ad una soluzione di buon senso, cioè a una linea dettata dalla realtà e non dalla fantasia e nemmeno dall'improvvisazione.  Ci fosse Togliatti al posto di Bersani (ma, non ne dubitiamo, anche Berlinguer), a quest'ora il segretario del più grande partito della sinistra avrebbe già raggiunto un accordo con il centrodestra, stabilendo ciò che occorre fare nell'interesse del Paese, fosse anche un'amnistia per fermare i pm e tutti i processi che complicano la nostra vita politica. Altro che bocciare il governissimo perché i militanti non capirebbero. Macché legittimo impedimento ad accordarsi con Berlusconi, come ieri ha detto la portacroce del segretario Pd Alessandra Moretti. Uscito da una guerra, Togliatti, pur di pacificare il Paese, firmò un salvacondotto per i fascisti e per i compagni. Berlinguer, pur di isolare il terrorismo, fece l'accordo con la Dc e varò il compromesso storico e la solidarietà nazionale. E il compagno Bersani, l'erede di una tradizione storica e pragmatica, cinica e spregiudicata, che fa? Non è capace neanche di stringere un'alleanza che chiuda un periodo giustizialista durato troppo e che ci sta mandando alla deriva?  Che cosa impedisce di varare un governo con il centrodestra per fare quelle quattro cose che servono a far ripartire l'economia e l'Italia? Il processo Ruby? Oppure la faccenda De Gregorio, ovvero la storia di un senatore comprato e venduto, esattamente quel che secondo Grillo si sta ora tentando di fare con alcuni eletti del suo movimento e che nel passato fu fatto con gli onorevoli  di centrodestra al fine di far nascere il primo governo a guida comunista? Posso dirlo senza essere incriminato per apologia di reato? Se Berlusconi è stato o meno a letto con Ruby non me ne frega niente. A me interessa molto di più degli imprenditori che si suicidano in Veneto perché non sanno come mandare avanti le loro aziende. Di un cialtrone come De Gregorio, portato in parlamento da Di Pietro, mi importa meno di zero, ma delle centinaia di migliaia di nuovi disoccupati mi preme assai di più. A forza di discutere di Ruby, dell'Unipol, di De Gregorio e dei diritti Mediaset anziché di quel che sta succedendo alla nostra economia, stiamo andando in malora e io non voglio che l'Italia vada in fallimento perché devo sapere se una tipa ha baciato il capo del centrodestra alla francese, se lo ha fatto con la lingua o con le labbra. Provate a pensare a un anno e mezzo fa, tornate indietro con la memoria al 12 novembre 2011, quando Berlusconi rassegnò le dimissioni nelle mani di Giorgio Napolitano. Mezzo Paese festeggiò. Mezza Italia si radunò in piazza e brindò, quasi che si trattasse della liberazione dal nazi-berlusconismo. Monti appariva il nuovo Ferruccio Parri, il salvatore. Risultato: a quindici mesi di distanza l'Italia sta peggio di prima. Il Pil è caduto in un anno del 2,4 per cento, il debito ha superato il 127 per cento del Prodotto interno lordo, ovvero una percentuale mai raggiunta da quando se ne tiene il conto, la pressione fiscale reale è al 55,5 per cento, i consumi delle famiglie sono calati del 4,3 per cento in dodici mesi, la disoccupazione sfiora il 12 per cento:  in pochi mesi ci sono centinaia di migliaia di persone che hanno perso il lavoro.  A forza di litigare, di discutere del Cavaliere e dei suoi guai giudiziari per nascondere quelli del Pd e il crac di Mps, di esaltare, in funzione anti-Berlusconi, Fini, Casini, Monti e altre nullità del genere, stiamo andando a puttane, condannandoci a una fine miseranda. Ci vuol molto a capire che, oltre a fare presto, serve farla finita? Ci sarà mai un leader a sinistra che dimostri di essere tale e di chiudere una stagione  durata vent'anni  con una sola parola: «basta»?. Io me lo auguro. Ma credo che insieme con me se lo auguri la maggioranza degli italiani. Che brutta vita: ci tocca rimpiangere Togliatti...

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