Silvio fa un miracolo. Ora deve farne un altro
Ribaltato ogni pronostico, ma non basta. Adesso a Berlusconi serve una grande idea e un grande progetto per riunificare i moderati
di Maurizio Belpietro Gli italiani hanno votato senza ascoltare Angela Merkel e senza adeguarsi alle indicazioni del Financial Times e dell'Economist; ignorati pure gli appelli degli intellettuali di complemento, a cominciare da Umberto Eco per finire a Gustavo Zagrebelsky, che in questa campagna elettorale si erano spesi come sempre per la sinistra. Secondo euroburocrati, quotidiani dell'establishment finanziario e esponenti del mondo radical chic, gli elettori avrebbero dovuto consegnarsi nelle mani di Pier Luigi Bersani e di Mario Monti, accettando di farsi massacrare da altre e ben più pesanti tasse di quelle finora imposte ai contribuenti. Per fortuna le persone non ragionano come vorrebbero politici e giornalisti, ma sanno fare i propri conti senza farsi condizionare né dalle cancellerie europee né dai manifesti di scrittori e giuristi progressisti. E alla fine hanno scelto di votare con la propria testa, ribaltando ogni previsione e ridicolizzando i sondaggi. La sfida elettorale fino a ieri sembrava infatti avere un esito scontato. Il centrodestra veniva dato per sconfitto e l'unica alea semmai consisteva nella percentuale che il 24 febbraio avrebbe conquistato Bersani: avrà i numeri per governare da solo oppure dovrà far ricorso al sostegno di Mario Monti? Al Senato il Pd sarà autosufficiente oppure servirà la ruota di scorta che il premier ha approntato per l'occasione? Ecco, la questione sembrava ridotta a questo, senza alcun margine di incertezza. E invece i risultati scaturiti dalle urne hanno stravolto ogni certezza e rovinato ogni calcolo, della sinistra, degli euroburocrati, dei poteri forti e di quelli incartati. Dal voto esce con le ossa rotte quella che si reputa la classe dirigente del Paese, o meglio le persone che ambiscono a essere la classe dirigente e hanno sommo disprezzo del popolo, delle sue ambizioni e delle sue condizioni. Risultato, le elezioni ci consegnano un Paese vero, che soffre la crisi, che cerca soluzioni nuove e diverse da quelle che qualcuno vorrebbe imporgli. Un anno e mezzo fa Silvio Berlusconi fu costretto alle dimissioni dalle pressioni dei poteri forti ed internazionali e al suo posto fu nominato, per volere dei mercati, un professore. Mario Monti ha applicato alla lettera le istruzioni sollecitate dall'Europa, autoproclamandosi salvatore dell'Italia. Ma il principale sconfitto di queste elezioni è proprio lui, l'interprete della linea rigorista. Nonostante l'appoggio ricevuto, da Obama e dalla Merkel, dai giornali, dal presidente dell'Europarlamento e da tutti i burocrati di Bruxelles, il premier non è riuscito ad andare oltre il dieci per cento e il suo apporto alla coalizione di sinistra è divenuto ininfluente. Un peso piuma fra almeno tre pesi forti. Monti infatti non è riuscito a scavalcare il Pdl, come aveva in animo di fare, ma è stato superato, oltre che dal centrodestra, perfino da Grillo, divenendo il quarto partito. Insieme con lui fallisce il disegno del Terzo Polo tenuto a battesimo da Gianfranco Fini e da Pier Ferdinando Casini. I due dinosauri della politica che più hanno contribuito alle dimissioni di Berlusconi e al fallimento del precedente governo escono bastonati dalla consultazione elettorale. I loro partiti sono annientati. L'ex segretario del Movimento sociale neppure entra in Parlamento e con lui sono esclusi tutti i suoi colonnelli. Il segretario dell'Udc riuscirà forse ad approdare al Senato ma solo perché si è candidato sotto copertura, nascosto fra le pieghe del partito di Monti. Il vero Terzo Polo non è né democristiano né montiano. Se esiste una forza che si frappone alla destra e alla sinistra oggi è rappresentata da Beppe Grillo o, meglio, dal Movimento Cinque stelle, uno schieramento variopinto di persone che provengono da storie diverse, con un programma politico antisistema. Idealisti e giovani che sono contro le opere pubbliche, che della propria inesperienza si fanno vanto, e in un momento complesso, in cui sono indispensabili decisioni rapide e investimenti efficaci, non sono proprio le caratteristiche migliori per far ripartire la crescita del Paese. Ma con un partito che ha il 25 per cento bisognerà fare i conti, anche perché, se destra e sinistra non lo faranno, alle prossime elezioni le Cinque stelle brilleranno su Palazzo Chigi con una maggioranza assoluta. Grillo è il risultato di un malcontento diffuso fra gli elettori, ma non è la soluzione dei problemi dell'Italia. Anzi. Forse è un segnale di aggravamento. Perché di fronte alla crisi, di fronte all'aumento della disoccupazione e al fallimento dei principali partiti, gli italiani non hanno premiato la lista del professore che ha guidato il governo negli ultimi 15 mesi. Né hanno favorito l'uomo che fino a un anno e mezzo fa ha incarnato l'opposizione. Nonostante tutti pronostici a lui favorevoli, nonostante il vantaggio accumulato, Bersani non ha sfondato, ma si è fatto sottrarre voti proprio da Grillo, scavalcato in regioni a forte tendenza rossa. Un segno che il segretario del Pd e la sua colorata brigata non sono riusciti a convincere gli italiani. Questo dovrebbe far riflettere Bersani e i suoi, inducendoli a non cercare scorciatoie. Fare scouting, tentare di tenere in piedi una maggioranza già azzoppata con i pochi voti di centristi e grillini disposti a farsi sedurre dalla sinistra non porterebbe molto lontano, ma ci regalerebbe solo un esecutivo che tira a campare. Non sono le scorciatoie o le furbizie che servono all'Italia. Di fronte al risultato di ieri serve una rifondazione della classe politica. Una grande opera di rinnovamento che riguarda tutti, soprattutto chi credeva di avere già vinto. Il discorso ovviamente vale anche per il trionfatore morale di questa competizione. Silvio Berlusconi era stato dato per morto e sepolto e invece è risorto un'altra volta, ma sbaglierebbe se non cercasse in fretta un piano per ricostruire il centrodestra. Dalle precedenti elezioni ha perso per strada molti milioni di voti. Ora, per recuperare consenso più di quanto abbia fatto durante la campagna elettorale, c'è bisogno di una grande idea e di un grande progetto che riunifichi le forze moderate di questo Paese. Gli illusionisti alla Giannino hanno fallito e anche i tecnocrati alla Monti. Ma per sedurre i moderati delusi non basta una barzelletta. Serve qualcosa di più. Saprà Berlusconi fare il gran salto? Ce lo auguriamo.