Cerca
Cerca
+

Incubo-flop, e Monti sbrocca

default_image

Negli ultimi giorni su tasse, alleanze e successione al Colle il Prof ha continuato a contraddirsi. I suoi dicono che è stanco, ma il motivo è un altro: i sondaggi certificano il fallimento

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet Non so se davvero il governo sia mai stato sobrio come i giornali si sono affrettati ad etichettarlo fin dall'esordio. Posso però dire che, almeno nella sua espressione più rappresentativa, da qualche tempo sembra in preda ai fumi dell'alcol. Non passa infatti giorno che il presidente del Consiglio dica tutto ma anche il suo contrario, dando la sensazione che alla guida di Palazzo Chigi vi sia una persona fortemente confusa. La salita in politica, in effetti, ha segnato una svolta per Mario Monti, il quale fino a poco prima si era limitato a rare conferenze stampa e a poche selezionate uscite pubbliche, in genere convegni o assemblee di categoria. Da gennaio in poi, cioè da quando ha sciolto le riserve e si è buttato nella mischia della campagna elettorale, il premier ha invece dato vita ad una girandola di incontri, quasi tutti negli studi televisivi. E in queste occasioni si è fatto prendere la mano dalla mania di dichiarare. Così, dopo aver negato la possibilità di una riduzione delle tasse, per lo meno sul breve periodo, il professore ha giurato in diretta tv che le imposte si possono limare. Imu, Irpef e perfino Irap possono essere ridotte già dai prossimi mesi, al più tardi nel prossimo anno. Un'operazione propaganda stimata dal Sole 24 Ore in circa 30 miliardi.  Tuttavia le contraddizioni sono ancora più evidenti quando l'ex rettore della Bocconi accantona i temi economici per trattare quelli politici. L'altra mattina, ad esempio, a microfoni aperti ha dichiarato di essere favorevole alla nomina di una donna alla presidenza della Repubblica, ma già poche ore dopo era pronto a correggersi e a sostenere la riconferma di Giorgio Napolitano (il quale non ha tardato a far sentire la propria voce, escludendo qualsiasi sua disponibilità ad una soluzione del genere). Stessa storia a proposito dei rapporti con il Partito democratico, che un giorno vengono giudicati possibili e quello dopo invece archiviati per incompatibilità ambientale.  Di Vendola si sa: un giorno Monti ha rivolto al leader di Sel parole quasi affettuose, facendo intravedere la possibile nascita di una collaborazione post elezioni anche con Sinistra ecologia e libertà, ma il giorno dopo si è rimangiato ogni cosa. Uguale trattamento è stato riservato a Grillo e al suo movimento: prima Monti ha detto che molte cose accomunano i Cinque stelle a Scelta civica, quindi ha liquidato il comico come un pericolo per il Paese, perché un suo successo metterebbe a rischio la stabilità finanziaria dell'Italia. Senza contare che l'altro giorno il presidente del Consiglio si è fatto portavoce delle preoccupazioni di Angela Merkel in caso di vittoria del Pd, per poi rimangiarsi ogni cosa in seguito alla smentita dettata dalla stessa cancelliera. Insomma, è evidente che negli ultimi tempi qualcosa è successo e il sistema nervoso del premier ne è uscito un po' scosso. Dicono i bene informati che sia effetto dello stress da campagna elettorale. Ma a chi gli gira intorno pare che più degli impegni - oltre all'opera di convincimento degli italiani a concedergli credito e voti su di lui grava l'attività di governo - pesino le notizie dei sondaggi a ridosso del 24 febbraio. Le rilevazioni non sarebbero affatto favorevoli per il movimento del professore, al punto che davvero i candidati rischierebbero di rimanere fuori dal Parlamento.  All'inizio la notizia che Scelta civica non raggiungesse il 10 per cento pareva una cattiveria messa in giro da Silvio Berlusconi per danneggiare il neonato movimento, ma ieri il pericolo è stato rilanciato da testate di diversa collocazione. Dal Fatto quotidiano al Sole 24 Ore, passando per La Stampa, tutti accreditavano la tesi di un brusco calo dei consensi dopo un iniziale entusiasmo. Di qui probabilmente il nervosismo di Monti, che nel giro di qualche settimana potrebbe essere privato del giocattolo cui in questo anno e mezzo si è tanto affezionato. Uscendo da Palazzo Chigi, il professore difficilmente verrebbe ricompensato con altri prestigiosi incarichi. Se i suoi voti non dovessero risultare determinanti per la stabilità di una futura maggioranza, il premier potrebbe non vedersi offerto né un posto da ministro né uno da presidente del Senato, poltrona alla quale ambisce anche - e forse con maggiori possibilità - il suo più stretto alleato, quel Pier Ferdinando Casini che dopo anni a Montecitorio ha scelto di passare a Palazzo Madama. Da escludere invece il Quirinale. L'offerta, ammesso e non concesso che fosse frutto di una reale intenzione e non di una tattica per tenersi buono Monti ed evitarne la discesa in campo, era probabilmente valida solo nel caso il professore se ne fosse rimasto in disparte, se cioè avesse evitato di correre alle elezioni. Ma ora che Monti si è fatto il suo partitino è assai difficile che Bersani o altri vogliano  ricompensarlo con una poltrona sul Colle. Anzi, quel posto è già prenotato da Prodi, il quale potrebbe ascendere al trono quirinalizio con i voti di Grillo.  Insomma, dopo tanta fatica il presidente del Consiglio rischia di rimanere a bocca asciutta. Un esodato come i tanti prodotti dalla sua riforma delle pensioni. Quasi quasi vien voglia di lanciare un appello per salvare il soldato Monti. 

Dai blog