Salvini scala il centrodestra
Appena conosciuto l'esito del voto in Emilia e in Calabria, Matteo Renzi ha cantato vittoria: due a zero per noi, è stato il commento del presidente del Consiglio, il quale ha poi aggiunto che ai duri e puri le urne hanno riservato «percentuali ridicole». Eppure, se si va oltre le apparenze, oltre cioè la conquista della Calabria (l'Emilia è una regione di sinistra e nessuno poteva immaginare un ribaltone: nonostante gli scandali e le inchieste giudiziarie, Bologna e dintorni sono e restano rosse), si scopre che il premier non ha alcuna ragione per cantare vittoria, ma semmai ne ha molte per non stare sereno. La prima e più significativa è che al voto è andato poco più di un terzo degli aventi diritto, che se confrontato con il 68 per cento che si recò alle urne lo scorso maggio in occasione delle elezioni europee, significa un dimezzamento della base elettorale. Certo, Stefano Bonaccini è stato eletto, ma con il 49 per cento, cioè con la metà di un terzo: in pratica è stato votato da un elettore su sei ossia poco più del 15 per cento e consolarsi come ha fatto Renzi dicendo che l'affluenza è secondaria non è una buona idea. E non solo perché Bonaccini è un governatore voluto da una minoranza, ma soprattutto per via del fatto che alla chiamata elettorale non hanno risposto molti elettori del Partito democratico, segno inequivocabile che un pezzo della base Pd si sta ribellando al segretario Pd. Clicca e leggi l'editoriale integrale di Maurizio Belpietro