Articolo 18, un totem che fa fuggire le aziende all'estero
A differenza di quel che ha detto Matteo Renzi, nel dibattito sull'articolo 18 non c'è nulla di ideologico, ma c'è tutto di pratico. In un Paese che ha il 13 per cento di disoccupati e dove la cassa integrazione non è usata come un ammortizzatore sociale momentaneo ma come uno strumento per mantenere finta occupazione, con il paradosso che ci sono lavoratori che stanno in cassa integrazione da vent'anni e che diventano pensionati pur essendo stati più in cassa che al lavoro, continuare a sostenere che un dipendente non può essere licenziato non solo è antistorico, ma significa non aver capito nulla di ciò che sta succedendo in giro per il mondo. Punto primo. Non so se qualcuno ricorda, ma quindici anni fa la sinistra ci impegnò in una discussione lunga ed estenuante sulla globalizzazione. Erano i tempi dei no global, ossia del convincimento che l'apertura dei mercati avrebbe impoverito ancor più i Paesi poveri e arricchito quelli ricchi. Come la realtà ha dimostrato, la globalizzazione ha invece impoverito i Paesi ricchi, rendendo più vulnerabile il loro sistema di welfare e il loro mercato del lavoro, e ha contribuito ad aprire delle prospettive ai Paesi poveri e a fasce di popolazione che fino a ieri non riuscivano neppure ad avere assicurata la possibilità di nutrirsi. Clicca sul link e leggi l'editoriale integrale di Maurizio Belpietro