Bersani dimostri di non essere un coniglio
Il Cav lo vuole sfidare come fece con Prodi nel 2006. Pur di vincere, il Pd ha imbarcato Vendola: sarebbe bello sapere cosa pensano su tutte le stangate che hanno colpito il ceto medio
Vediamo di non prenderci in giro: alle prossime elezioni la scelta non sarà tra Monti e Bersani o tra Ingroia e Grillo, ma tra il segretario del Partito democratico e Silvio Berlusconi. Gli avversari che si confrontano e cercano di prevalere l'uno sull'altro sono il capo della sinistra e quello del centrodestra: gli altri sono comparse destinate a sparire il giorno dopo l'apertura delle urne, tornando agli affari propri. Del resto qualche giorno fa il fondatore del Movimento cinque stelle ha annunciato che subito dopo la campagna elettorale ricomincerà a fare spettacolo. E ieri l'ex rettore della Bocconi si è lasciato sfuggire che potrebbe presto riprendere gli amati studi. Siamo perciò pronti a scommettere che anche il procuratore palermitano tiene in serbo un'uscita di sicurezza, in Guatemala o in Sicilia. Che le cose stiano così, nonostante i tanti che si affannano ad accreditarsi come sfidanti lo dicono con chiarezza i sondaggi: più passano i giorni e si radicalizza il confronto e più gli schieramenti si fanno chiari. Sebbene in campo ci siamo molti giocatori, così come é stato negli ultimi vent'anni, alla fine la partita si giocherà a due e non a tre o quattro. Il bipolarismo ormai fa parte del nostro sistema e tutti i tentativi di smontarlo e di riportare il Paese al passato, con alleanze pentapartito come vorrebbero i reduci democristiani, sono destinati al fallimento. Gli italiani infatti non sono fessi e sanno che il voto dato a Ingroia, a Monti oppure a Grillo non servirà a portare nessuno di questi signori a Palazzo Chigi. Può essere un voto di protesta o di testimonianza, magari anche un'apertura di credito nei confronti di una forza politica che che si farà, ma il 26 di febbraio né l'ex pm, né l'ex professore o l'ex comico riceveranno da Napolitano l'incarico di formare il nuovo esecutivo. Allo stato attuale l'uomo che ha appeso la toga a un chiodo per dar vita insieme a De Magistris e Di Pietro a Forza Manette può dirsi fortunato se riuscirà a entrare in Parlamento superando lo sbarramento del 4 per cento. Stessa prospettiva per Rigor Montis, il quale pur avendo nei mesi scorsi fatto il pieno di elogi e riconoscimenti fatica a trasformare i peana in voti, al punto che se la sua coalizione non riuscisse a ottenere il 10 per cento sarebbe fuori sia da Montecitorio che da Palazzo Madama. Dovrebbe andare meglio a Beppe Grillo, il cui movimento é accreditato secondo gli esperti di un 15 per cento di consensi, ma la percentuale non permette di incassare né il premio di maggioranza né alcuna possibilità di essere determinante ai fini della costituzione del nuovo governo. Eliminati i voti a perdere, non restano in campo dunque che Bersani e Berlusconi. Il primo è favorito, forte del consenso ottenuto tra gli elettori di sinistra grazie alla vittoria delle primarie, ed é sostenuto anche dall'alleanza con la sinistra estrema: se si votasse oggi é assai probabile che la vittoria sarebbe sua. Il secondo però non cede e come si é visto in passato è capace di imprevedibili rimonte. La prova ci è stata fornita l'altra sera in tv, quando in un'arena in cui tutto era predisposto per "matarlo", alla fine Berlusconi é riuscito a incornare il torero. Insomma, la sfida é tutt'altro che scontata e da qui alla fine di febbraio potremmo vederne delle belle. Ma ciò che più di ogni altra cosa ci piacerebbe vedere è un confronto diretto tra i duellanti. Destra e sinistra allo specchio, sui temi del lavoro, delle tasse, del futuro di questo paese. Ieri il Cavaliere ha offerto al segretario del Pd la disponibilità ad un pubblico dibattito da realizzarsi in tv, come capitò nel 2006 tra lui e Prodi. Bersani ha fatto rispondere dal suo ufficio stampa che lui i duelli li fa con i suoi pari grado: essendo candidato alla presidenza del consiglio intende discutere con chi lo sarà per il centrodestra. Una furbizia, anzi, un espediente per levarsi d'impiccio, sottraendosi a un esame difficile che potrebbe anche essergli fatale. Anche se sul simbolo del Pdl non c'è il nome del Cavaliere, il capo della sinistra sa bene che Berlusconi è il suo avversario, il solo che deve battere per conquistare la guida di questo paese. Non c'è Monti, Ingroia, Grillo o altri da vincere, ma lui, l'uomo che dal 1994 tiene insieme i moderati, il solo che negli ultimi vent'anni è stato capace di sbarrare la strada alla sinistra. Dunque, non la faccia troppo lunga il signor segretario. Non giochi con le tre tavolette, che qui non è il momento di giocare, essendoci in ballo i destini del Paese. Trovi il coraggio che gli manca e accetti la sfida che gli viene rivolta. Siamo ansiosi di conoscere il suo pensiero su redditometro, patrimoniale, nuove tasse, stangate varie e impoverimento del ceto medio. Siamo certi che sarà uno spasso. Il dibattito, ovvio. Mica il suo governo con Vendola e compagni. di Maurizio Belpietro