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Tasse e propaganda: ecco l'eredità di Monti

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Dopo un anno di governo tutti i dati economici hanno il segno meno. Anche il Fmi se ne accorge e boccia le politiche dell'austerità. Ma in campagna elettorale Mario fa professione di ottimismo

Andrea Tempestini
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di Maurizio Belpietro Mentre Mario Monti, abbandonato il loden, ha indossato i panni del politico, assicurando di aver salvato l'Italia e promettendo di tagliare le tasse, un'altra verità si fa strada tra i fumi della propaganda elettorale. A fornirla sono dati inequivocabili, che dimostrano come il presunto salvataggio somigli più a un funerale che a una festa di matrimonio tra il premier e il Paese. Cominciamo dalle cifre rilasciate ieri dall'Istat. Secondo l'istituto di statistica lo scorso anno l'inflazione è aumentata, raggiungendo il tasso del 3 per cento, livello che ci riporta indietro di qualche anno. Non soltanto non c'è stato alcun incremento di stipendio, e solo una crescita delle tasse, ma ad assottigliare i portafogli degli italiani ha contribuito anche il rincaro dei prezzi. Il fenomeno è ancor più preoccupante, e incide sulla vita delle famiglie, se si considera il fatto che siamo in presenza di un calo dei consumi e dunque i listini, anziché salire, avrebbero dovuto abbassarsi. Ma, come spiegano gli esperti, l'effetto è provocato dal rincaro della benzina a causa delle accise decise dal governo. Insomma, gli italiani pagano di più quando fanno il pieno, ma l'aumento grava anche sul resto dei prodotti messi in vendita. Siccome però le cattive notizie non vengono mai da sole, ecco un'altra prova del miracoloso  salvataggio compiuto da Mario Monti. Nel 2012 le aziende italiane hanno chiesto all'Inps quasi 1,1 miliardi di ore di cassa integrazione, con una crescita superiore al 12 per cento. Le pratiche per accedere al sussidio di disoccupazione, in compenso, sono andate anche peggio, raggiungendo nei primi undici mesi dell'anno quota 1.285.299, con un aumento del 14,49 per cento. Se possibile, più negative sono le domande di mobilità, cioè di chi ha perso il lavoro ma ancora si finge che ce l'abbia. A novembre la percentuale di crescita rispetto all'anno precedente ha sfiorato il 18 per cento. Ora, se in Italia le aziende chiudono e mettono in libertà le maestranze non è colpa di Mario Monti, così come non si può attribuire la crisi a chi sta a Palazzo Chigi. Ciò nonostante chi guida il governo  qualche responsabilità ce l'ha: se invece di parlare per un anno di crescita, annunciando provvedimenti dietro l'angolo che l'avrebbero rilanciata, il presidente del Consiglio avesse fatto qualcosa di concreto, forse oggi qualche disoccupato in meno l'avremmo.   Ai microfoni della Rai il premier non solo ha annunciato di essere ottimista, prevedendo una rapida uscita dal tunnel e perfino un futuro taglio delle tasse. Tuttavia, se si dà retta alle statistiche fornite dall'ente governativo, il peggio non sembra dietro le spalle ma davanti a noi. E le misure messe in campo dall'esecutivo tecnico invece che migliorare la situazione sembrano al contrario averla peggiorata. Il sospetto che le cose stiamo come diciamo cominciano a nutrirlo anche le teste d'uovo del Fondo Monetario Internazionale, ovvero dell'organismo che vigila sui conti dei Paesi. In un rapporto diffuso ieri e firmato dal capo degli economisti dell'Fmi s'intravede infatti il dubbio che le politiche di austerity introdotte dagli Stati europei, volute da Angela Merkel e sostenute per quanto riguarda l'Italia da Mario Monti, abbiano portato più guai che benefici.  La sensazione è che, rivisti i conti, qualcuno si sia accorto che sono sbagliati. Le politiche fiscali (più tasse per rimettere in sesto i bilanci dei Paesi, in pratica la ricetta Monti) hanno momentaneamente aggiustato i rendiconti contabili, ma poi hanno provocato una depressione dalla quale l'Europa fatica a rialzarsi. Il report dell'Fmi è uno schiaffo alle politiche del rigore: a forza di strette si è infatti ristretta l'economia, generando meno profitti di quanti se ne facessero prima di intervenire sul debito. Oltre alle cattive notizie sul fronte dei bilanci che mettono a dura prova l'ottimismo elettorale del premier, facendo dubitare del salvataggio di cui egli si fa vanto ogni qual volta le tv gliene danno l'occasione, ieri ne è arrivata anche un'altra. La pessima nuova non riguarda direttamente Monti e i suoi conti, ma tocca nel vivo gli italiani, i quali - già alle prese con la crisi - si troveranno presto a dover fronteggiare anche il fisco e le sue richieste. Annunciato a tutta pagina dal Sole 24 Ore, è infatti in arrivo il temuto redditometro, ovvero i parametri con cui saranno controllati i contribuenti, i quali non dovranno rispondere solo delle tasse e delle spese future, ma anche di quelle arretrate. Lo strumento indagherà i consumi degli italiani dal 2009 ad oggi e chi sarà chiamato a rispondere delle spese dovrà esibire scontrini e prove documentali di aver pagato le imposte nel rispetto della legge. Insomma, altro che taglio delle tasse per 15 miliardi come due giorni fa annunciava il Professore. Con lui al governo è in arrivo una nuova stretta.  Ancora non sappiamo se Monti sappia fare i conti delle famiglie e delle sue ambizioni elettorali, di certo ha imparato in fretta a fare promesse. L'unica voce che non incide sul bilancio e non richiede una manovra. Annunciare è gratis, governare un po' meno.

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