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Caro Albertini, che errore: così gioca per la sinistra

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L'ex sindaco di Milano deve capirlo: se no si ritira il centrodestra rischia in Lombardia e a Roma

Giulio Bucchi
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di Maurizio Belpietro Caro Albertini, ci conosciamo da anni, ovvero dai tempi del suo debutto in politica come sindaco di Milano e so dunque per esperienza che quando lei si ficca in testa una cosa, anche se è sbagliata, è difficile riuscire a levargliela. Ciò nonostante ci provo, nella speranza che, più della cocciutaggine con cui persegue il suo desiderio di guidare la Lombardia, prevalga l'altrettanta determinazione che di lei conosco nel non darla vinta alla sinistra. Come ho spiegato nei giorni scorsi, quando le ho rivolto l'appello, la faccenda della sua candidatura non riguarda solo i cittadini lombardi, ma tutti i moderati. I quali, se hanno una possibilità di non consegnare il Paese ai compagni Bersani & Vendola, devono sapere che questa passa da Milano e appunto dal suo permanere in corsa per il posto di governatore. La legge elettorale, che assegna un premio di maggioranza alla Camera alla coalizione vincente, predispone  una diversa ripartizione dei seggi al Senato, affibbiandoli su base regionale. Se il centrodestra rimane saldo e vince in Lombardia e nel Veneto, difficilmente il Pd e i suoi alleati potranno avere la maggioranza in entrambe le Camere e dunque saranno costretti a venire a patti e non gli sarà consentito di varare la valanga di tasse e di norme che promettono nei loro rispettivi programmi. Fin qui le ragioni per cui le ho chiesto un passo indietro, evitando di dividere il fronte del centrodestra. Ma veniamo al merito. Lei mi risponde di no, dicendomi in sostanza che con il suo Movimento Lombardia civica s'ispira al Ppe. Beh, e qual è la novità?  Nei Popolari europei ci sta tutto il Pdl e anche l'Udc di Casini e pure loro si ritengono seguaci dei fondatori dell'Europa libera. Il problema è che più passa il tempo e meno si ha la sensazione che l'Europa sia libera. A molti anzi appare una caserma piena di vincoli, in cui si tiene conto dei parametri imposti da qualche burocrate, ma assai poco della pancia degli europei, che da un po' di tempo, in alcune aree tra cui  l'Italia, ci risulta essere vuota.  L'Europa unita è importante, ma si tratta di capirci:  di quale Europa parliamo?  Dell'Europa dei banchieri o di quella dei cittadini?  Io sono per la seconda. E lei? Finora non l'ho capito. Caro Albertini, lei parla di deriva demagogica del centrodestra, di populismo senza futuro, ma dimentica che oltre il sessanta per cento degli italiani ritiene sbagliata la rigidità imposta come una cappa di piombo da Bruxelles e non perché voglian continuare a spendere quattrini che non ha, ma perché pensa che alcune cose decise a Parigi o Berlino semplicemente non vadano bene. Essere europei, credere nell'Europa, significa dire sempre sì, adeguarsi ad ogni misura anche quando è sbagliata? Io non credo. L'Europa è unita se tutti contribuiscono alle decisioni, non se le prende qualcuno per conto degli altri e soprattutto badando al proprio tornaconto. Il che non vuol dire non voler onorare i propri debiti. A quelli provvediamo e provvederemo, ma visto che si tratta del nostro portafogli se non le dispiace vorremmo decidere noi quando svuotarlo e non lasciare la scelta alla signora Merkel. Non c'entrano per nulla la demagogia, l'Imu e altre faccende tipo la patrimoniale. C'entra invece la politica economica. Non servono solo le imposte per far funzionare questo Paese. Anzi: di troppe tasse si muore, come hanno scritto oggi i principali economisti e come cominciano a sostenere anche le banche d'affari. A forza di tosare la pecora la si fa morire ed è quel che sta avvenendo con Mario Monti, il quale crede di poter applicare le formule per tanti anni insegnate all'Università, ma non si rende conto che qui non c'è di mezzo la teoria, bensì la carne viva delle famiglie. Uno dietro l'altro si stanno accorgendo che, se si va oltre la retorica, se si superano i pregiudizi positivi di cui gode il presidente del Consiglio, poi la situazione è peggiore di quel che sembra. Seguire pedissequamente le indicazioni di Berlino non ha risolto i nostri problemi ma li ha aggravati. Non rifaccio il solito elenco: chi legge Libero sa che disoccupazione, debito pubblico, Pil e conti delle famiglie presentano tutti  bilanci in negativo. Taccio sulla lotta all'evasione: non c'è governo che non la prometta. Ma in questo caso, come scrive una banca amica del premier come Goldman Sachs, siamo rimasti alla propaganda e la gran parte dei patrimoni è fuggita all'estero. La realtà è molto più cruda: dopo un anno di aumenti Iva, il gettito è calato tra i 5 e i 7,5 miliardi. Segno che si fa più nero di prima. Insomma: tutti vogliono la crescita, lo sviluppo, la lotta all'evasione, i tagli alla politica, ma poi, quando è il momento, dalle parole non si passa ai fatti e temo che anche stavolta i compagni di viaggio di cui lei si circonda (Fini, Casini, i montiani) faranno altrettanto.  Come avrà notato ho tenuto per ultima la questione della Lega. Tra lei e il Carroccio c'è una vecchia ruggine e lei farebbe qualsiasi cosa pur di non averlo tra i piedi. Anche accreditare l'idea che siano contro l'Europa e vogliano uscire dall'Euro. Stupidaggini. Già non era vero quando c'era Bossi, il quale usava ogni argomento per spararle grosse, figurarsi ora che a guidare le camicie verdi c'è Roberto Maroni. Il segretario leghista non è uno sciocco e non vuole affatto meno Europa, ma semmai di più. Fosse per lui unirebbe Lombardia e Veneto alla Baviera o alla Svizzera o all'Austria. E rafforzerebbe l'Euro, creandone uno forte (da spendere al Nord) e uno debole (per i Paesi in difficoltà). Altro che separatisti: l'unico divorzio possibile qui resta quello dallo Stato spendaccione e sprecone. Quello Stato in bancarotta che la sinistra e una parte della Dc hanno contribuito a creare. E ora lei mi vuole dire che è disposto ad aiutare la prima a vincere le elezioni e i secondi a risorgere nascosti dietro a facce presentabili come la sua? Su, Albertini, mi dia retta: faccia un passo indietro, che la sua carriera politica è bene non sporcarla con certe macchie.                 

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