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Appello a Napolitano: tira subito fuori Sallusti

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Un cronista in galera è un problema di tutto il Paese. Ora intervenga il presidente: lettori, aiutateci a convincerlo

Giulio Bucchi
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di Maurizio Belpietro Cosa volete che sia: ogni giorno vanno in galera centinaia, forse migliaia di persone, molte delle quali innocenti, dunque una più o una meno non cambia tanto. Se poi il detenuto si chiama Alessandro Sallusti ed è detestato da mezza Italia e da tre quarti dei suoi colleghi (ma non escludo che la frazione arrivi ai nove decimi), è assai probabile che, oltre ai molti che fanno mostra di indifferenza dinnanzi all'arresto di un giornalista, ci sia anche un certo numero di signori che addirittura gioiscono e brindano alle manette. Che poi schiavettoni non sono e neanche sbarre e catenacci, perché finora il direttore del Giornale è stato trattato con i guanti di velluto, al punto che la Procura ne ha disposto la traduzione non in carcere, ma al comodo della dimora che egli divide con la sua compagna, l'ex sottosegretaria berlusconiana Daniela Santanchè; magione che, come ci ha informato il reportage pubblicato dal quotidiano sabaudo e dunque per definizione rigoroso e democratico, è dotata di tutti i comfort e dunque garantisce una detenzione   extra-lusso, quasi come un soggiorno in un grand hotel. Cosa volete che sia: in fondo, se Sallusti insiste a non volere stare a casa e pretende di andare a San Vittore per non godere di sconti o trattamenti di favore in quanto ritiene di non dover essere rieducato, non è poi un male. Qualche giorno - o mese o anno - di prigione serve a far abbassare la cresta a gente che, esternando tutti i giorni in tv e pubblicando ogni mattina sui giornali, si è montata la testa e pensa di saperla più lunga di un onorevole o, peggio, di un magistrato. Vedrete che lasciarne uno a frollare in cella qualche giorno - o mese o anno - insieme a stupratori, veri o presunti, a rapinatori, veri o presunti, magari anche a qualche omicida, presumibilmente vero, sarà d'esempio anche agli altri. I quali  così sapranno cosa li attende e si regoleranno di conseguenza. E poi in fondo, Sallusti è un delinquente abituale, un recidivo, un diffamatore di professione: lo ha stabilito una sentenza della Cassazione, che avendo rintracciato precedenti sentenze a suo carico, magari anche solo multe, lo ha classificato per sempre, macchiandogli la fedina penale e qualificandolo come criminale. Altro che firmare il giornale, tra poco l'unica firma che gli verrà quotidianamente richiesta sarà quella di fronte al piantone della Questura, il quale così potrà certificare che il pregiudicato Sallusti Alessandro non si è sottratto alla pena. Cosa volete che sia: Sallusti sta fermo un giro, ma poi appena lo liberano ricomincia il gioco e magari ci guadagna pure, perché appena fuori può scrivere le sue prigioni, andare nelle trasmissioni televisive, che se lo contenderanno a suon di bigliettoni, e, addirittura, buttarsi in politica, fondando un suo movimento contro le ingiustizie, le carcerazioni preventive e gli errori giudiziari. Se va così, quasi quasi c'è perfino la possibilità che i giudici che lo hanno condannato a 14 mesi di detenzione, negandogli qualsiasi attenuante, anche quella della buona fede di aver creduto in un articolo del giornale sabaudo e dunque di averlo ripreso, alla fine gli abbiano fatto un favore. Anzi, c'è perfino la possibilità che le toghe rosse abbiano fatto la sua fortuna e in tal caso saranno costrette a mordersi le mani. Cosa volete che sia: per non aver scritto un articolo ma aver solo consentito che ne fosse pubblicato uno che si rifaceva a una notizia sbagliata e non smentita; per non aver mai pubblicato una rettifica che non è mai giunta in redazione e non aver messo in prima pagina la sentenza che ripristinava la verità perché nessuno glielo ha chiesto; per non aver accettato di sborsare trentamila euro oltre ai trentamila già sborsati a titolo di risarcimento danni a un giudice il cui nome nell'articolo non era mai stato fatto; ecco, dicevo, per aver commesso tutti questi gravi reati, Sallusti deve scontare soltanto 14 mesi, qualcosa in meno di quanto spetti a chi svaligia un appartamento o a chi stupra una donna o a chi provoca lesioni a un essere umano. Cosa volete che sia: in conclusione in gattabuia ci va Sallusti, mica noi, e dunque  chissenefrega di lui. La maggior parte delle persone ha altro cui pensare. In ordine di importanza c'è la salute, poi viene il posto di lavoro, quindi i risparmi che si sono messi da parte e che Mario Monti minaccia di fregarsi, l'Imu, il redditest, la rata del mutuo da pagare, la moglie, i figli, la suocera, le vacanze di Natale, i soldi per le ferie che non ci sono più, e poi forse arriva Sallusti che, se proprio tutto gli va male, le vacanze le passa al fresco. Certo, cosa volete che sia. Quattordici mesi o forse più -  perché giovedì lo condanneranno per non essere rimasto rinchiuso in casa -  riguardano un giornalista, cioè uno scribacchino, uno privilegiato che guadagna migliaia di euro, per di più uno con l'aggravante di essere di destra e anche un po' antipatico. In fondo hanno messo dentro uno che ci dava un'idea diversa di questo Paese. Uno che non era politicamente corretto. Uno che si batteva contro il conformismo di sinistra. Un tizio che le cantava chiare e non abbassava la testa neppure di fronte a D'Alema. Un tipaccio insomma. Eppure, checché ne pensiate, per quanto facciate spallucce, per quanto giriate lo sguardo altrove concentrandovi sugli affari vostri, quella di ieri è una brutta giornata. Una delle più brutte di un'Italia che si dice democratica e che si fa vanto con la sua Costituzione di rispettare la libertà di espressione, garantendo il diritto all'informazione. Bisogna tornare indietro di quasi sessant'anni per trovare un altro giornalista che va in galera, bisogna rifarsi al codice penale fascista per prevedere che una parola sbagliata, o anche solo non gradita, sia punita con la detenzione. In nessun altro Paese che si dice europeo può accadere una cosa del genere. In nessun altro luogo civilizzato si irrompe in redazione con le manette. Dunque, per quanto vi crediate assolti dalla responsabilità di indignarvi e di fare qualcosa, non lo siete. In particolare non lo sono i parlamentari, i quali si sono pilatescamente lavati le mani, evitando di cancellare il carcere per il reato di diffamazione e lasciando che Sallusti fosse arrestato. Non è assolto neppure il governo, che per impedire la barbarie di un giornalista tradotto in catene avrebbe potuto fare un decreto di una riga: la detenzione per chi scrive un articolo non è più prevista. Non muovendo un dito, Parlamento ed esecutivo hanno lasciato il cerino in mano al capo dello Stato, l'unico che oggi può intervenire per porre fine a una carcerazione che ci fa precipitare nel Terzo Mondo. Con Giorgio Napolitano ho spesso incrociato la spada e anche in questi giorni lo abbiamo criticato per la questione del suo appannaggio, che secondo noi è aumentato ma secondo il Quirinale è diminuito, ciò nonostante oggi mi sento di rivolgergli un appello. Presidente, intervenga lei, dia la grazia a Sallusti e la faccia finita con questa oscenità. Non lo chiedo per spirito di corpo, non difendo la categoria ma il buon nome dell'Italia. Un Paese non può dirsi democratico se toglie il diritto di parola a un giornalista sbattendolo dietro le sbarre. Lo so che per dare la grazia ci vuole che qualcuno la richieda e Sallusti non ne ha alcuna intenzione. Ma la legge dice che lo può fare un famigliare, l'avvocato o qualcuno a lui vicino. Bene. La chiedo io e la chiedono tutti i giornalisti di Libero. La chiedono i lettori del nostro giornale che vorranno unirsi a noi in questo appello. Il suo predecessore firmò la grazia all'assassino del commissario Luigi Calabresi. Non credo che lei voglia negarla a chi al massimo ha assassinato un pezzo di carta.  

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