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Il trucco di Monti & Co. per alzare le tasse di nascosto

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Il carico fiscale si impenna anche con le aliquote invariate. Ma il ministro Grilli, gelido come un bastoncino Findus, si limita ad annunci e rinvii, come con l'Irap

Giulio Bucchi
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di Maurizio Belpietro Ma quanto sono bravi questi ministri tecnici? Altro che i politici. Se c'è da fare un annuncio, promettere una riforma oppure un taglio alle tasse, i professori non li batte nessuno. Sarà la cultura, sarà la preparazione, sarà la cattedra da cui distillano le loro gocce di saggezza, sta di fatto che i super esperti hanno capito subito e meglio degli onorevoli di professione che la promessa non è per sempre, ma solo per l'istante in cui la si fa. E soprattutto non costa niente, non è da iscrivere a bilancio e non richiede la copertura finanziaria come una legge: basta dirla e finisce lì. Per cui ieri, il Findus del Consiglio dei ministri, Vittorio Grilli, l'unico che riesce a battere in freddezza e rigidità perfino Mario Monti, ha comunicato ai contribuenti che è possibile una riduzione dell'Irap, cioè della tassa che grava sulle imprese e che le costringe a pagare anche se non hanno guadagnato nulla, ma nel 2014. Sì, avete letto bene: non ora e nemmeno nel 2013, ma fra due anni. Per  il momento però ci potremo accontentare della nascita del fondo taglia tasse e ovviamente del rincaro dell'Iva: dunque prepariamoci a mettere mano al portafogli. Il bastoncino Findus, per intenderci, è lo stesso che con la legge di stabilità ha fatto il giochetto delle tre carte, quello che ha annunciato una riduzione dell'Irpef sui meno abbienti, precisando solo in un secondo tempo che ciò avrebbe però comportato un aggravio del carico fiscale sul reddito degli italiani. Un taglio alle tasse che nasconde l'aumento è una di quelle furbate che neppure il vampiro di Prodi, Vincenzo Visco, era riuscito a partorire, probabilmente avendo un minimo di decenza. Le dichiarazioni di Grilli, rese di fronte a una platea di commercianti,   sono apparse a molti una beffa, perché, come detto, non c'è stato alcun impegno concreto da parte del ministro dell'Economia. Generiche promesse e rinvii al futuro, ma nulla di più. Chi vivrà vedrà, ma con l'aria che tira non è detto che le imprese soggette all'Irap vivano il tempo sufficiente per scoprire se gli annunci di Grilli saranno messi in pratica oppure no.  Per ora non rimane dunque che constatare quanto sia complicato e costoso il meccanismo con cui in Italia si fanno pagare le imposte. Altrove il fisco è efficiente, rapido e chiaro e il contribuente non è costretto a risolvere i rebus contenuti nella dichiarazione dei redditi. Da noi versare quanto si deve allo Stato è invece un'impresa che richiede l'aiuto di consulenti e super esperti. Basti dire che ogni anno il modello da inviare all'Agenzia delle entrate è accompagnato da un'enciclopedia. Cinquecento pagine per districarsi fra le regole da rispettare, un'opera che neanche i più rodati commercialisti riescono a compiere senza rischi. La Cgia di Mestre ha fatto i conti di quanto costa ad ogni contribuente tutta questa fatica e, mettendo insieme le parcelle saldate ai vari Centri di assistenza fiscale e ai ragionieri, ha stimato che il solo sforzo interpretativo del 740 faccia spendere ai contribuenti cinque miliardi l'anno. Non è finita. Siccome non c'è la sola fattura dei Caaf e dei consulenti, ma anche il tempo che si perde per andare dal commercialista e dai patronati, secondo il centro studi veneto ai cinque miliardi se ne devono aggiungere altri quattro. In totale, per pagare le tasse ed essere contribuenti onesti, gli italiani spendono dunque nove miliardi, l'equivalente di una manovra. Una somma mostruosa, che se risparmiata consentirebbe di ridurre le imposte e di finanziare la ripresa. Una cifra che sarebbe un toccasana per il bilancio pubblico, nel quale si fatica a trovare un solo miliardo per rilanciare gli investimenti. Forse qualcuno di voi si domanderà perché il ministro Grilli, invece di fare promesse da marinaio, non si dedichi a disboscare il groviglio di norme, rendendo più semplice il versamento all'erario. Perché cioè non cerca di usare quei nove miliardi buttati al vento. Non lo fa perché tassare è la cosa più facile che ci sia, per ministri di scarsa fantasia e limitato coraggio. In questo, tecnici e politici non fanno differenza. Quando c'è da trovare risorse vanno sempre a prenderle là dove si fa meno sforzo: benzina, sigarette, stipendi, casa.  E infatti sull'abitazione, che è posseduta dall'ottanta per cento degli italiani, si sta per abbattere un'altra stangata. Non essendo bastata la prima, quella varata dal governo appena entrato nelle sue funzioni, Mario Monti ha intenzione di tosare gli italiani un'altra volta usando il mattone.  Dopo l'Imu, i cui effetti non sono  ancora del tutto noti ai contribuenti ma lo saranno presto appena dovranno saldare la rata di dicembre, è in arrivo la rivalutazione degli estimi. Non si tratta di un aumento delle aliquote, ma,  come nel gioco delle tre tavolette ricordato prima,  di un sistema per stabilire che le case valgono di più. La percentuale di imposte rimane la stessa, ma siccome è cambiato il valore, toccherà versare di più. E questa non è una promessa, ma una certezza.    

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