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Stop al voto: Grillo fa troppa paura

Beppe per la prima volta apre a possibili alleanze (vedi Di Pietro): se vincesse col Porcellum sarebbe a rischio il Monti bis. Per neutralizzarlo il Quirinale può solo far modificare la legge elettorale, ma ha bisogno di più tempo

Andrea Tempestini
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  di Franco Bechis Per ora il gioco più in voga dell'autunno - «chi stacca la spina a Mario Monti» - non inizierà ancora. Lo ha minacciato Silvio Berlusconi nell'ormai celebre conferenza stampa di villa Gernetto, sia pure con il groviglio contraddittorio di dichiarazioni dei giorni successivi. Lo ha ventilato più di un esponente politico, facendo circolare perfino l'ipotesi di una prima mossa di Giorgio Napolitano in grado di sparigliare i giochi di tutto, anticipando le elezioni e quindi riservando a se stesso anche la nomina del prossimo governo. Secondo il chiacchiericcio parlamentare in quel modo il presidente della Repubblica avrebbe protetto Monti dal logorio ai fianchi a cui in piena campagna elettorale è ormai sottoposto, lasciandolo fuori dalla contesa e pronto a tornare in campo davanti al quasi certo caos del voto. Ieri però dal Colle è arrivata una smentita ufficiale a queste voci, con l'insolita formula di un comunicato proveniente «da ambienti» vicini a Napolitano. Eccone il testo: «A proposito di certe indiscrezioni di stampa, negli ambienti del Quirinale non si coglie il senso del parlare a vuoto di elezioni anticipate non essendone presentate le condizioni e non emergendo motivazioni plausibili».  I sondaggi - È  chiaro che il Quirinale - anche  volendolo - non ha poteri di scioglimento anticipato della legislatura, perché questo evento dipende dal venire meno di una maggioranza parlamentare. Ma il desiderio del Colle di proteggere la carta Monti e forse anche di riservare in extremis a Napolitano la nomina del prossimo governo, c'è davvero. Per la prima volta negli ultimi mesi sembra meno fantasiosa l'ipotesi di un prossimo quadro politico che escluda del tutto ogni utilizzo di Monti nella prossima legislatura. Il protagonista evidente di questa fine legislatura è ormai Beppe Grillo con il suo movimento. I sondaggi accreditano possibilità elettorali sempre più ampie al Movimento 5 Stelle, nonostante una evidente incapacità di sapere navigare con il vento in poppa (il caso Ballarò di questa settimana ne è testimonianza). Finora questa crescita di Grillo è stata un problema per il Pdl, che restando solo rischiava di essere irrilevante perfino come partito di opposizione, e in coalizione con la Lega può solo sperare in qualcosa in più. La novità di questa settimana è però l'apertura fatta dallo stesso Grillo a un allargamento del suo movimento che fin qui era stato escluso. Ufficialmente c'è stata solo l'indicazione della candidatura di Antonio Di Pietro al Quirinale. Ma la mossa imprevista ha fatto immaginare la possibilità con l'attuale legge elettorale, di un Movimento 5 Stelle disposto a coalizzarsi, sia pure con movimenti provenienti dalla società civile.  Qualcuno ha scritto di un Di Pietro che comunque qualche gradimento elettorale ancora avrebbe, unito a una lista organizzata dalla Fiom, e ipotizzato perfino un Antonio Ingroia candidato premier di coalizione.  Forse non c'è molto di vero in tutto questo, ed è possibile anche che l'apparentamento finisca con il nuocere alla corsa vertiginosa del M5S. Ma la sola ipotesi circolata dice che la competizione potrebbe non essere più con la coalizione Pdl per giocarsi la leadership della opposizione: il Movimento 5 Stelle può puntare ora alla corsa per palazzo Chigi contro la coalizione Pd-Sel. È  evidente che una presenza Fiom nel fronte di Grillo è in grado di ridurre e non di poco la chance di Nichi Vendola.  Quanto al Pd, oggi le primarie stanno catalizzando l'attenzione di elettori smarriti su quel partito. Ma quella battaglia aspra fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi dopo le primarie sembra destinata a lasciare ferite che inevitabilmente indeboliranno quel partito. Insomma, per molte ragioni Grillo fa paura. Anche al Quirinale. È evidente che se mai la coalizione a 5 stelle dovesse conquistare con il Porcellum la maggioranza alla Camera, anche se al Senato non ce la dovesse fare (nessuno in questo momento è in grado di avere la maggioranza dei seggi) renderebbe politicamente impossibile un nuovo governo di transizione guidato da Monti. Sarebbe difficile qualsiasi tipo di governo, ma impossibile uno a guida del senatore a vita tanto caro a Napolitano.  La carta sicura - Monti è la carta sicura da giocare in caso di vittoria parziale (solo alla Camera) della coalizione Pd-Sel, se in Senato fossero determinanti l'Udc (non facilissimo) o il Pdl. Ma con Grillo primo attore, si scompaginano tutti i calcoli fatti in questi mesi.  Il tema delle prossime settimane sarà dunque neutralizzare Grillo. Il modo più semplice per farlo è cambiare la legge elettorale: nuovo sistema con premio di maggioranza ridotto, o semplice modifica al Porcellum per stabilire un tetto minimo di voti per fare scattare il generoso premio di maggioranza attuale. Napolitano da tempo sta cercando di forzare questa strada. L'alternativa è quella della coalizione di sinistra allargata fin dall'inizio all'Udc e ad altri eventuali movimenti centristi. Politicamente poco praticabile se non si trova un modo di neutralizzare Vendola (ad esempio il listone unico con il Pd). Ma con il fiato di Grillo sul collo, tutto può diventare possibile.  

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