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Sputtanato per sempre. Fini ora che fai, ti cacci?

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Aveva detto: "Me ne vado se la casa di Montecarlo è di Tulliani". Ora attendiamo le sue dimissioni

Andrea Tempestini
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Dovendo difendere il suo capo, Italo Bocchino l'altra sera via radio ha sostenuto che gli articoli di Libero dedicati a Gianfranco Fini siano ispirati da Silvio Berlusconi, il quale sarebbe informato d'ogni didascalia prima che il giornale vada in stampa. Il numero due di Futuro e Libertà, come spesso gli capita, ha perso un'ottima occasione per tacere ed evitare brutte figure. Già, perché non erano ancora trascorse ventiquattro ore dalle sue dichiarazioni ai microfoni della Zanzara, il programma di Giuseppe Cruciani e David Parenzo in onda su Radio 24, che la cronaca si incaricava di smentirlo. Le agenzie di stampa davano infatti conto di un articolo in uscita sul numero dell'Espresso da domani in edicola, rivelando che secondo alcuni documenti sequestrati dalla magistratura titolare dell'inchiesta sui finanziamenti facili della Banca Popolare di Milano, Giancarlo Tulliani, cioè il cognato di Fini, era proprietario di una società immobiliare a Santa Lucia e per costituirla si era appoggiato a James Walfenzao, lo stesso fiduciario che nel luglio del 2008 acquistò la casa di Montecarlo.  Che c'entrano Tulliani e il pasticciaccio brutto dell'appartamento nel  principato di Monaco con le parole di Bocchino? C'entrano, perché ogni volta che il presidente della Camera finisce nel mirino dei giornali, in particolare del nostro, il numero due di Fli prova a dire che la faccenda dell'immobile donato ad An e svenduto al cognato del capo è una macchinazione, anzi una bieca operazione della macchina del fango azionata da Silvio Berlusconi. Lo stesso numero uno di Futuro e Libertà, ogni volta che si sfiora l'argomento e che lo si critica per i suoi comportamenti, come ad esempio la vicenda della sua scorta, si atteggia a vittima e si precipita in tv ad accusare il Cavaliere di essere dietro gli attacchi. Ora però un giornale di De Benedetti, cioè di quel gruppo editoriale che ha a lungo coccolato il presidente della Camera in funzione anti-Berlusconi, rivela prove alla mano la strana esistenza di una società immobiliare proprio nel paradiso fiscale caraibico, proprio dove aveva sede la società che comprò la casa di Montecarlo  e guarda caso costituita proprio dalla stessa persona che figura come acquirente dell'immobile.  Altro che calunnie, altro che macchina del fango. Nell'appartamento romano di Francesco Corallo, un chiacchierato imprenditore che gestisce migliaia di slot machine, i pm hanno scovato documenti interessanti, tra i quali un modulo che dimostra come il cognato di Fini fosse l'effettivo proprietario della società immobiliare di Santa Lucia. Non solo, tra le carte dell'imprenditore, accusato di corruzione e oggi latitante, i magistrati hanno rinvenuto anche vari fax risalenti alla primavera del 2008, cioè prima che fosse venduto l'appartamento di Montecarlo, tra i quali anche alcuni che riproducono i passaporti sia di Giancarlo Tulliani che della sorella Elisabetta, la compagna di Gianfranco Fini, e un modulo per l'apertura di un conto corrente a Santa Lucia.  Ma come, ma la simpatica famiglia Tulliani allargata a Fini non aveva sempre negato di avere affari nel paradiso caraibico? Non aveva sempre detto che la storia era tutta una maxi balla, anzi un'operazione di depistaggio messa in piedi da Berlusconi per tramite di Valter Lavitola? E poi cosa ci fa in casa di un imprenditore molto discusso, accusato di corruzione e latitante, la copia dei passaporti di Giancarlo ed Elisabetta Tulliani? Che rapporti ha la signora Fini con un signore che traffica con le macchinette mangia soldi? E perché mai a difendere Corallo, assistendo anche alla perquisizione della sua abitazione, c'è un avvocato di grido, ma soprattutto di Futuro e libertà, come Giulia Bongiorno? Bocchino ci dirà che si tratta di casuali coincidenze? Oppure comincerà a strillare sostenendo che dietro l'articolo dell'Espresso c'è la mano di Berlusconi? Il gruppo della sinistra radical chic è caduto nelle mani dell'odiato Caimano?  A rivelare i fatti non sono Libero, il Giornale o quello strano trafficone di nome Lavitola: qui c'è il fior fiore del giornalismo. E allora, non sarebbe meglio finirla e rispettare la parola data? Non sarebbe ora che, dopo anni passati a nascondere il pasticciaccio, qualcuno avesse il coraggio di dirci come andarono le cose, assumendosene la responsabilità, senza nascondersi dietro i «non sapevo» e «mio cognato non mi ha informato»? All'epoca Gianfranco Fini disse che se fosse stato dimostrato che Giancarlo Tulliani era il beneficiario di quella svendita immobiliare, lui si sarebbe dimesso. Noi stiamo ancora aspettando e dopo le rivelazione dell'Espresso ci rivolgiamo direttamente al presidente della Camera: che fai, te ne vai? di Maurizio Belpietro

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