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In arrivo la patrimoniale:follia da apprendisti stregoni

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Monti dice di ispirarsi a Einaudi, eppure vuole tassarci i patrimoni. Una misura popolare ma che non servirebbe a nulla, come riconosce perfino Vincenzo Visco

Andrea Tempestini
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Mario Monti si è confessato con Sette, il settimanale del Corriere della Sera. Insieme a tante facezie (il colore preferito, il fiore che gli piace di più, i piatti che adora consumare...), l'intervista contiene anche una rivelazione interessante, che riguarda il politico a cui s'ispira. Il presidente del Consiglio infatti ammira Luigi Einaudi, ministro delle Finanze di De Gasperi, ex governatore della Banca d'Italia e presidente della Repubblica tra il '48 e il '55. Il fatto che egli segua l'esempio del grande liberale mi ha colpito, anche perché in genere se una persona ha stima di un'altra, anzi la elegge a suo punto di riferimento, in genere poi cerca di seguirne l'esempio. Non è questo il caso del nostro premier, soprattutto per quanto riguarda l'argomento tasse. Per appurarlo bastava leggere ieri Repubblica, giornale assai vicino al governo, per non dire che lo fiancheggia. Da un lato c'era un ampio titolo richiamato anche sulla prima pagina, in cui Monti assicurava la fine dei sacrifici e l'inizio della crescita. Dall'altro, nella pagina di fronte, venivano annunciate le misure su cui ambienti vicini all'esecutivo e alcune forze politiche che lo sostengono stanno lavorando, allo scopo di abbattere il debito così come previsto dal fiscal compact. In pratica si va dalla patrimoniale al prestito forzoso per finire alla super Imu. Che poi sono tutti modi per declinare lo stesso argomento: la patrimoniale colpirebbe depositi, conti amministrati, gestioni patrimoniali o polizze e, probabilmente, immobili posseduti dalle famiglie; il prestito forzoso agirebbe più o meno sugli stessi beni, ovvero sui risparmi degli italiani, fatta salva una certa cifra sotto la quale scatterebbe l'esenzione; infine la super Imu sarebbe a carico  di chi è proprietario, avendole comprate o ricevute in eredità,  di tre case o più. In ogni caso si tratterebbe di una tassa straordinaria, che potrebbe diventare ordinaria sul patrimonio. Cioè di uno strumento di cui lo stesso Luigi Einaudi diffidava, ritenendo che dovesse davvero essere una cosa unica, ma soprattutto che dovesse essere il segno di un cambiamento di rotta. A un'imposta straordinaria deve corrispondere una straordinaria riduzione della spesa e il «peso dell'insieme  delle molte e inspiegabili imposte sul reddito dev'essere ridotto ad un limite ragionevole». Da noi si rischia invece di usare la patrimoniale per evitare di mettere lo Stato a dieta. In tal caso, come scrisse Francesco Giavazzi, bocconiano e consulente di Monti, i benefici della tassa  farebbero la fine  delle privatizzazioni degli anni Novanta, cioè bruciati da una macchina statale vorace e inefficiente. L'imposta sui patrimoni è un modo per non fare ciò che serve, per alimentare il concetto che c'è un'uscita di sicurezza da cui fuggire in caso di  disastro e dunque ritardare l'evacuazione della barca che affonda, un po' come fece il capitano Schettino con la Concordia. E invece non c'è nessuna manovra che possa impedire il naufragio, se non quella di alleggerire la nave dalle zavorre.  Le scialuppe di salvataggio sono già state messe in mare, con l'Imu (una patrimoniale sulla prima casa, perché essendo abitata dalla famiglia che la possiede non produce reddito), con il bollo sui  conti amministrati, con l'imposta sui depositi e le case all'estero: tutte tasse sul patrimonio. Eppure, nonostante ciò, a sinistra c'è ancora chi è convinto che si possa  spremere il contribuente e l'idea ha preso piede anche in larghi strati dell'opinione pubblica. Certo, essendo la gran parte degli italiani provvista di pochi mezzi, plaude all'idea che si possa risolvere il problema mettendo le mani in tasca a chi ne ha di più. Basta sentire le trasmissioni radiofoniche, quando in regia aprono i microfoni. Ormai non c'è ascoltatore che non citi la patrimoniale, convinto che questa sia la soluzione. Un po' per invidia sociale e un po' perché è sempre meglio dire che c'è altro da tagliare, così si preserva il proprio. Il fantasma della super tassa si aggira dunque nelle stanze del Palazzo, come una delle misure risolutive e popolari, e giorno dopo giorno conquista sempre maggiori sostenitori fra i politici, oltre che sui giornali. Tuttavia, al di là delle perplessità di Luigi Einaudi, il politico più ammirato da Monti, e anche di Francesco Giavazzi, l'economista più pungente nei confronti del premier, davvero con la patrimoniale si potrebbero recuperare decine di miliardi? C'è da credere che si possa dimezzare il debito pubblico, come una volta la sparò grossa Giuliano Amato, prevedendo un prelievo di 30 mila euro sulla parte più ricca della popolazione? La risposta arriva da François Hollande, uno che la patrimoniale l'ha promessa ai suoi elettori e si appresta a introdurla in Francia: tassando chi ha un patrimonio sopra il milione, il Fisco francese prevede di incassare 4 miliardi. Tanti, ma niente a che vedere con quel che si immaginano gli improvvisati economisti che suggeriscono di introdurla in Italia. Del resto, che l'imposta sui ricchi, come ormai è chiamata, non sia la strada, lo sostiene Vincenzo Visco, ossia il Dracula fiscale di Prodi, non il consulente degli evasori. In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore un anno fa, l'ex viceministro dell'Economia bocciava senza appello le proposte di Veltroni, Capaldo, Amato e degli altri politici dalla tassa facile, sostenendo che fossero impraticabili, in quanto prevedevano un prelievo enorme su un largo strato della popolazione. Ecco perché invitava gli apprendisti stregoni a non promettere miracoli. di Maurizio Belpietro

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