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A Formigoni arrival'invito a scomparire

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Pare che i magistrati puntino all'arresto-show: lui dovrebbe dimettersi e il centrodestra finirebbe ko

Andrea Tempestini
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  Finalmente a Roberto Formigoni è arrivato l'avviso a comparire. Scriviamo finalmente perché almeno si è conclusa la telenovela che andava avanti da giorni, tra smentite e controsmentite. Previo lancio stampa, la convocazione gli è stata notificata ieri dalla Procura di Milano, fissando l'incontro per i prossimi giorni. L'accusa che gli viene rivolta è di essersi fatto corrompere da viaggi di piacere, con l'aggravante transazionale forse perché le vacanze le ha trascorse all'estero, nei più bei mari del mondo. Nulla di nuovo dunque rispetto a quanto si sapeva, ma la conferma di un provvedimento che qualcuno si era incaricato di anticipare ai giornali già un mese fa senza che l'interessato ne sapesse niente. Tuttavia, a pensarci bene forse una novità c'è ed è dovuta alle voci che hanno preso a circolare ieri con insistenza, rilanciate poi da ambienti politici vicini all'Idv. Secondo gli spifferi, i pm si appresterebbero addirittura a mettere al gabbio il governatore. Un arresto in grande stile, magari da eseguire proprio il giorno in cui Formigoni si presenterà ai magistrati. Vero o falso? Non si sa. Avendo però noi memoria dei costumi di Mani pulite non escludiamo nulla, anche i sussurri più incredibili. Nel 1992 spesso erano i cronisti a dare la notizia ai carcerandi, i quali seduti in poltrona erano ignari di ciò che stava loro per succedere. Nel caso i boatos corrispondessero al vero, vorrebbe però dire che al Celeste presidente la Procura ha consegnato l'invito a scomparire, ovvero l'atto che lo mette spalle al muro, costringendolo a dimettersi. Di governatori finiti in manette non ce ne sono infatti molti, ma quei pochi non hanno potuto restare al loro posto a lungo. Non importa che poi le accuse si siano rivelate in gran parte infondate, come nel caso di Ottaviano Del Turco, nel frattempo la carriera politica era stata spezzata. Con un ordine di carcerazione preventiva tra le mani, Formigoni non potrebbe continuare a dire non mi dimetto, come ha fatto e promesso anche ieri in conferenza stampa. Né potrebbe attendere il giudizio sereno dei giudici: prima ancora del processo sarebbe costretto a rimettere il mandato. E' questo che vogliono i pubblici ministeri? Un gesto plateale per estirpare l'ultimo baluardo di centro destra e chiudere la stagione di Berlusconi e dei suoi uomini? Vogliono garantirsi una volta per tutte che nella patria dei moderati nessuno riprenda in mano il testimone? Oppure le accuse sono tanto gravi da non consentire ai magistrati di attendere nemmeno la chiusura delle indagini e la richiesta di rinvio a giudizio? Forse si teme che lasciando il governatore al suo posto questi possa inquinare le prove o, peggio ancora, reiterare i reati? Oppure, molto più semplicemente, visto che fino ad oggi i coimputati non hanno parlato, ma anzi hanno negato che Formigoni fosse coinvolto nei reati che gli vengono contestati, si intende ora provare col diretto interessato? Sono domande che ci facciamo in queste ore mentre si rincorrono le voci più gravi e alle quali non sappiamo dare risposta. Per verificare se i nostri quesiti siano giustificati o meno non ci resta dunque che attendere i prossimi giorni. Una considerazione però invece è possibile da subito e riguarda il clamore che  dall'inizio ha suscitato l'inchiesta sulla sanità lombarda. Fin dal primo momento i giornali si sono appassionati al caso e non tanto perché ci fosse di mezzo un ospedale stimato come il San Raffaele, ma perché poteva finire nei guai il governatore della Lombardia, cioè della regione eletta a modello, per le cure e per altro. Formigoni era il vero obiettivo delle cronache e, come ora si deduce, dell'inchiesta. Anche se gli accusati erano altri, era il pesce grosso che si voleva pescare.  Analoga attenzione invece non abbiamo riscontrato in altri casi, per esempio in quello che ha portato al rinvio a giudizio di un altro governatore, questa volta rosso e non di centrodestra. Nichi Vendola è stato quasi protetto dalla stampa. Per mesi, anzi anni, è sembrato un estraneo all'inchiesta sulla sanità pugliese. Mentre c'era chi trafficava in protesi, favori e nomine di primari nelle asl della Regione Puglia, il leader di Sinistra e Libertà rimaneva sullo sfondo. Il presidente c'era ma a sua insaputa. All'assessorato alla sanità pasticciavano in escort e clientele, ma lui poteva non sapere.  Certo, quel caso ha goduto della straordinaria arma di distrazione di massa costituita da Patrizia D'Addario, che concentrando gli occhi dell'opinione pubblica sul lettone di Putin e le serate di Berlusconi, ha fatto distogliere lo sguardo dal marcio pugliese. Ma adesso che Tarantini e le sue belle sono stati derubricati in procura come sui giornali e per il governatore è stato chiesto il rinvio a giudizio la distrazione continua. Niente titoli in prima pagina, nessuna richiesta di dimissioni ieri. Anche se i pm lo accusano, anche quando ne attaccano il sistema di potere, Nichi non fa notizia. A lui nessun avviso a scomparire. Quello è un privilegio riservato al Celeste governatore della Lombardia.  di Maurizio Belpietro  

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