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Crauti amari per Angela Merkel

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Boccia gli eurobond e i mercati vanno ko: ma se l'euro va a rotoli il conto più salato lo pagheranno i tedeschi

Andrea Tempestini
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  C'era una volta uno slogan della Lavazza che per invitarti a bere il caffè diceva: più lo mandi giù e più ti tira su.  Riveduta e corretta dai tempi, la battuta oggi suona così: più fai i vertici e più le Borse vanno giù. Anche ieri infatti c'è stato un altro scivolone e i listini di tutta Europa sono precipitati. Milano, per non deludere Mario Monti che vuole sempre fare la figura del primo della classe,  si è distinta rispetto alle altre piazze crollando in un sol colpo del 4 per cento. Naturalmente, per non farci mancare nulla, anche lo spread è salito, il che significa che la prossima emissione di titoli di Stato ci costerà di più.  A provocare tutto ciò, il preannuncio che il vertice europeo del 28, quello per cui dovremmo digerirci una riforma del mercato del lavoro che è una «boiata» (parola di Giorgio Squinzi, neo presidente della Confindustria, uno che di lavoro se ne intende, avendo decine di fabbriche in tutto il mondo), sarà un fallimento. Dalla consueta riunione di ministri buontemponi che ogni volta promettono di salvare l'Europa senza mai fare niente, si uscirà come al solito con un nulla di fatto.  Ad annunciarlo è stata l'azionista di maggioranza dell'Europa,  colei che ha in mano le chiavi della cassaforte, la quale, con la consueta levità da elefante in cristalleria, ha respinto l'idea  degli eurobond.  La proposta di finanziare in questo modo i Paesi Ue è stata liquidata da Angela Merkel in due parole: soluzione sbagliata.  Sono mesi  che la cancelliera crucca  insiste a dire di no a una soluzione che a tutti sembra la più sensata.   Da  un anno la nuova Lady di ferro s'impunta, sostenendo che non intende far pagare ai tedeschi il conto di greci, portoghesi, spagnoli, italiani e, da ultimi, ciprioti. «Se hanno speso troppo, tirino la cinghia», pare sia la sua frase preferita. La testa più dura d'Europa, a quanto pare, non intende sganciare un euro per paura di perdere le prossime elezioni e così asseconda i luoghi comuni in cui crede il tedesco medio, ovvero che il Sud Europa si sia in questi anni comportato da cicala e ora pretenda che il saldo sia versato dalle formichine teutoniche. Una stupidaggine che soltanto la miopia di una classe politica crucca può alimentare. L'Italia, la Spagna e la Grecia hanno commesso molti errori e sui debiti e le mancate riforme ci hanno marciato. Ma chi se n'è approfittato è stata proprio la Germania, che negli ultimi dieci anni da potenza in crisi, costretta a chiudere molte delle sue fabbriche e a licenziare parte dei dipendenti, si è vista agevolata proprio dai ritardi dei Paesi membri della Ue, primo fra tutti il Belpaese, il quale, non avendo cambiato nulla a proposito di sprechi e ritardi, ha perso competitività proprio nei confronti dei tedeschi. Fin qui la storia. Tuttavia anche il futuro non è come lo racconta Angelona. Se infatti Berlino insiste nella sua condotta e costringe i Paesi in difficoltà ad uscire dall'Euro, i primi a lasciarci le penne saranno proprio i crucchi. A rivelarlo è il settimanale Der Spiegel, il quale, citando uno studio del ministero delle Finanze germanico, spiega che il crollo della moneta unica raddoppierebbe i disoccupati, che salirebbero a 5 milioni, e farebbe cadere l'economia di  un dieci per cento. Dati pensantissimi, che ricalcano quelli che molte banche d'affari stanno sfornando in questi giorni, ipotizzando vari scenari per la crisi dell'Euro, compreso il fallimento degli Stati in difficoltà o l'uscita dalla moneta unica. Se, per esempio, la Grecia ripristinasse la Dracma i costi per i suoi cittadini oscillerebbero tra i 9.500 e gli 11.500 euro nel primo anno, cui si aggiungerebbero altri 3-4 mila negli anni a venire, con una caduta del prodotto interno lordo fra il 40 e il 50 per cento. Ma  anche se la Germania mandasse all'aria l'Unione sarebbero guai: ai tedeschi, bambini compresi,  toccherebbe mettere mano al portafogli  per 6-8 mila euro il primo anno, più altri 3.500-4.500 in seguito, con una diminuzione del prodotto interno lordo fra il 20 e il 25 per cento.  Un prezzo molto più alto di quello che dovrebbe sostenere Berlino se si sobbarcasse il salvataggio di Grecia, Irlanda e Portogallo messe insieme: in tal caso i concittadini di Angela Merkel  se la caverebbero solo con un migliaio di euro. Perché dunque non si scopre il gioco della cancelliera e la si mette con le spalle al muro? Tutti gli Stati membri, la Francia e l'Italia per prime, hanno interesse a chiudere al più presto la crisi, senza lasciar peggiorare le cose, dato che ogni giorno che passa costa di più. La risposta è semplice: per imporre alla Merkel gli eurobond bisognerebbe avere la forza.  O per lo meno qualche premier che sappia battere i pugni sul tavolo. Secondo voi il sobrio Monti ne è capace? A voi la risposta.  di Maurizio Belpietro  

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