Parte il Palio per Mps:pure Renzi tiene una banca
La Fondazione rischia di perdere l'istituto. Per salvarla, si scatenano i fedelissimi del sindaco. A partire dal suo collega senese
Soldi e potere comandano sempre. Puoi essere rottamatore finché vuoi, ma se diventi segretario del Pd non puoi non passare dallo storico bancomat della sinistra: il Monte dei Paschi. Fra dieci giorni l'istituto più vecchio del mondo rischia di non avere più fra i suoi soci la Fondazione, che esprime il «meglio» della politica locale ex Ds ed ex Margherita. Fra 10 giorni i democratici potrebbero ritrovarsi più poveri di quello che sono, dopo l'ingloriosa caduta in Borsa di Rocca Salimbeni. Fra 10 giorni potremmo assistere alla rinascita di una banca, che è stata letteralmente messa alle corde dalle peripezie finanziarie degli uomini messi lì dal politburo comunista-pidiessino-diessino-piddino. E la grana è tutta in mano a Matteo Renzi, l'uomo che mette le mani in tutto ma non vuole sporcarsele. La questione è semplice: la Fondazione, che ha il 33% della banca, si era indebitata per 200-300 milioni con un pool di banche. L'obiettivo era restare primo azionista della banca senese. La quale banca però, per colpa della crisi, delle inchieste e di operazioni sbagliate da anni non dà più dividendi. Per cui la Fondazione, cioè l'organo politico nell'istituto, non incassa più niente. Risultato: le banche che le hanno prestato i soldi ora battono cassa. E in base agli accordi, se il titolo di Mps in Borsa scende sotto 0,128 euro, possono prendersi le azioni, cioè il 33%. Con tanti saluti alla Fondazione. Ora il prezzo è a 0,16. I problemi però non finiscono qui. Visto il comatoso stato di salute dei conti di Montepaschi, un anno fa il cda guidato da Alessandro Profumo si è fatto dare un 3-4 miliardi dallo Stato. Quattrini non proprio regalati, visti gli alti tassi d'interesse. Per uscirne non c'era dunque altra via che un aumento di capitale. Da 3 miliardi. Da fare subito, a gennaio. Ed ecco l'altra rogna: la Fondazione chiede di posticipare la data, a giugno almeno, perché ora non avrebbe un euro e si ridurrebbe a un azionista qualunque. Una fine ingloriosa: trattati come un socio di minoranza che rompe le scatole in assemblea... I democratici sono furibondi. Una settimana fa i delegati della Fondazione sono andati da Fabrizio Saccomanni per chiedere aiuto, dato che il Tesoro è l'organo di vigilanza su questo tipo di enti. Il ministro però sembra avere le mani legate. L'unica cosa è quella di assecondare una classica «operazione di sistema». Che è già pronta. Tre fondazioni - Compagnia San Paolo, Cariplo, CariVerona - scambierebbero le loro quote in Intesa e Unicredit con parte del pacchetto della Fondazione Mps nel Monte dei Paschi. L'ente toscano poi potrebbe vendere le azioni ereditate in Intesa e Unicredit, in modo da avere le cartucce per scacciare i creditori e dire la sua nell'aumento di capitale. Contro questa operazione c'è però Profumo, che ha fretta di liberarsi della Fondazione e delle sue pretese. Scintille a sinistra, che hanno riacceso a Piazza Affari i riflettori sul titolo (+4,95%). Che c'entra Renzi? C'entra, c'entra... Il piano salva-Fondazione è spinto da Bruno Valentini, sindaco renziano di Siena. Le due fondazioni in Intesa (Cariplo e Sanpaolo) sono alleate di Giovanni Bazoli, il cui nipote è un deputato Pd, ovviamente renziano. Stiamo parlando della galassia sinistra della Dc, quella per intederci che andava da Andreatta fino a Prodi, il quale Romano non è stato ininfluente alle primarie per il successo di Matteo. Alle primarie ci è andato pure Profumo, presidente della banca, che pare abbia scelto il sindaco di Firenze. Tre indizi fanno una prova, no? E poi la tempistica: negli ultimi quattro anni il Pd non è riuscito a trovare una via di salvezza nella banca: da una settimana o poco più però il partito è in pressing contro i numeri che condannano la Fondazione, fatalità da quando il «rottamatore» è leader. In tutto questo incastro ci sarebbe anche il mercato, ovvero decine di migliaia di dipendenti, correntisti e risparmiatori che non meritano di subire perdite per i giochi di potere del Pd. Renzi ha due strade: mollare la Fondazione e ritrovarsi contro il partito, o salvare la Fondazione e ritrovarsi contro gli elettori. Fare il segretario del Pd costa caro. di Giuliano Zulin