Cerca
Cerca
+

I film di Sergio Leonequotati in Piazza Affari

I figli del regista di «C'era una volta in America» portano in Borsa la società di distribuzione fondata 25 anni fa con il padre e che oggi fattura 13 milioni

Matteo Legnani
  • a
  • a
  • a

Il botteghino aprirà i battenti il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia. E potrebbe esaurire i biglietti in giornata. In vista della «prima» del 18 dicembre quando, una volta conclusa l'offerta di titoli sul mercato, esordirà in Piazza Affari la Leone film Group, fondata 25 anni fa da Sergio Leone assieme ai figli Andrea e Raffaella.  Una sfida inedita almeno per l'Italia,   visto che in Europa (Gaumont, Jean Luc Besson) o più ancora negli Usa (Lionsgate, ad esempio) non mancano le proposte indipendenti che sfidano in Borsa i colossi (Murdoch, Sony o, nel suo piccolo, Mediaset) dell'entertainment.   E forse non è un caso che a provarci siano gli eredi del regista più popolare del nostro cinema. «Basta consultare sul web l'International Movie Database - spiega Andrea, 45 anni -  per scoprire che  cinque film di nostro padre figurano nella classifica dei 250 film più amati di sempre». A partire da  «Il Buono, il Brutto, il Cattivo», in quinta posizione dietro film come «il Padrino» e «Pulp Fiction». Una grande eredità, che i fratelli Leone hanno recuperato per intero. «Nel 2011 - racconta ancor Andrea - abbiamo ricomprato e restaurato l'ultimo film che ci mancava: “C'era una volta in America”». «È l'unico affare - interviene Raffaella, 52 anni -  che abbiamo fatto con il cuore prima che con la testa». Già, perché i fratelli Leone, così come voleva papà («Lui ha sempre saputo abbinare la passione con il rispetto del budget»), non campano di cimeli o ricordi. Certo, il magazzino dei film di papà Leone rende pur sempre un milione abbondante all'anno, ma in 25 anni di lavoro (la società nasce nell'89, poco prima della scomparsa del regista)  Andrea e Raffaella hanno costruito un piccolo impero che comprende: i diritti su 400 pellicole; la produzione di «Quello che so sull'amore» di Gabriele Muccino (e della nuova pellicola  del regista «Fathers and Daughters») e di «Amiche da morire» di Giorgia Farina. Oltre alla distribuzione di film di successo in arrivo da Hollywood, ultimo in ordine di tempo Rush  di Ron Howard, che narra la rivalità tra James Hunt e Niki Lauda.   Nel corso di questi anni i due Leone junior, poco più che ventenni al momento dell'esordio, hanno messo a frutto senza clamori («Con il nostro nome non dovevamo andare a caccia di visibilità...») il patrimonio di prestigio e di conoscenze accumulato in Usa dall'autore di Per qualche dollaro in più. E così, a a poco, forti del dna paterno ma anche dell'esperienza acquisita sul campo, Andrea e Raffaella hanno preso a fare affari con nomi del calibro di Steven Spielberg o di Martin Scorsese piuttosto che con le altre majors di Hollywood. Il risultato? Il giro d'affari, dagli 11,7 milioni del 2011 è salito ai 13,1  dell'anno scorso e agli 8,8 milioni del primo semestre di quest'anno.  E la crisi, per paradosso, rende possibili nuovi sviluppi.   «Il mercato italiano - dicono i fratelli Leone - valeva l'8 per cento per le case di Hollywood. Oggi il valore è più o meno dimezzato». Non è un problema per le major, che possono contare sul boom di nuovi mercati (la Russia sale con grande velocità), ma i costi più bassi sono  un'opportunità da sfruttare per strutture più  piccole e flessibili, probabilmente le più leste a capire un mercato in grande evoluzione, dove bisogna saper fronteggiare la crisi dei dvd o i minori incassi delle tv (grandi concorrenti i telefilm e le soap opera), o attrezzarsi per cavalcare il cinema via web «perché  Netflix - prevede Raffaella - arriverà presto anche qui».   «Ci siamo resi conto - commenta Andrea - che, anche nel cinema, l'ora delle aziende familiari è finita. Ci vuole un modello industriale». E capitali, quelli che la Leone film si accinge a chiedere in Borsa. E che saranno interamente destinati ad un aumento di capitale per finanziare la crescita: 12 milioni da raccogliere tra gli investitori istituzionali, più 5 milioni offerti ai privati. Una novità assoluta per un titolo quotato all'Aim (la Borsa alternativa) che potrà essere  sottoscritto attraverso due piattaforme di trading (Banca Sella e Directa Sim).  Il quantitativo minimo? Trecento azioni, ovvero più o meno 1.500 euro per partecipare a una sfida «per qualche dollaro in più». Senza aver paura dei Lupi a Wall Street, titolo dell'ultimo film della ditta Scorsese-Di Caprio che i fratelli Leone presenteranno a metà gennaio a palazzo Mezzanotte. E forse quella sera, in Piazza Affari, risuoneranno le note di Ennio Morricone. di Ugo Bertone

Dai blog