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ADESSO IN BORSA MI QUOTO IOWall street, l'ultima frontier

Siti specializzati raccolgono nomi e storie di ragazzi che, per finanziare un'impresa, chiedono di investire su di loro. Per poi dare i dividentdi

Andrea Tempestini
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Non è forse il capitale umano la risorsa più importante di un'azienda? Non si tratta della ricchezza insostituibile per il successo di ogni impresa? E allora perchè non quotare direttamente in Borsa i ragazzi che promettono di diventare un tesoro? Così sui siti Usa cominciano a circolare nomi e storie di giovani che, per completare i loro studi o per finanziare un'impresa hanno deciso di quotare se stessi.  C'è il caso di Arian Foster, giocatore di football americano che sta pensando al giorno in cui dovrà appendere al muro le sua robusta armatura che lo fa sembrare un robot lanciato per i campi verdi alla velocità di un bisonte. Vuole fondare un'agenzia specializzata nel marketing nello sport mettendo sotto contratto un po' di campioni. Per arrivare allo scopo ha offerto se stesso (e la sua idea) sul mercato azionario. Vuole fare le cose in grande: ha bisogno di dieci milioni di dollari e promette ai sottoscrittori il 20% dei futuri guadagni.  Oppure c'è Clara Aranovich, 27 anni, che vuol fare la registra. Studia ancora  cinematografia e ha grandi progetti per la testa. Ma anche pochi soldi. Ha bisogno di cinquantamila dollari e per trovarli si è messa sul mercato. Offre ai sottoscrittori della sua idea il 5% degli utili per i dieci anni successivi al debutto. Ma i casi sono molto più numerosi e la diffusione di Internet favorisce la crescita del settore. Evidente, infatti, che la quotazione non viene fatta a Wall Street ma su circuiti che girano sulla rete.   Il sistema si chiama crowdfunding e la sua diffusione si sta allargando per coprire nuove esigenze: non solo famiglie, imoprese, start-up, cultura e nonprofit. Oggi sono in grande ascesa i portali per gli studenti.  I più noti, negli Usa, si chiamano Upstart, Pave, CarreerConcept, Lumni. Consentono a chiunque di investire anche solo 100 dollari sul futuro di giovani universitari e ricercatori. Oppure come nel caso del giocatore di football sulla sua capacità di costruire una ricca rete di campioni. I beneficiari si impegnano, con formule diverse, a ripagare il “debito”: secondo un vero proprio piano di ammortamento (formula classica un po' in declino), oppure con una quota fissa del proprio reddito futuro per un periodo determinato. Per esempio la futura regista Clara Aranovich condividerà gli utili per 10 anni, a prescindere dalla cifra effettivamente restituita. Oppure ancora con obbligo di restituzione totale ma con durata e rate variabili in funzione della propria mutevole capacità di reddito.  Certo non sempre le operazioni vanno benissimo. Per esempio il collocamento di Aran Foster ha avuto molti probleni a causa di un infortunio che gli ha rovinato la stagione.  Come osserva l'economista Alessabndro Messina, che si occupa di approfondire la materia, il tema è scottante per un paese come l'Italia, dove una visione indeterminata dell'istruzione universitaria (diritto od opportunità?), la bassa mobilità sociale, l'assenza di un “mercato” degli atenei (il valore legale della laurea) finora hanno bloccato lo sviluppo del prestito agli studenti. Che ha le sue controindicazioni anche negli Usa al punto che del problema è stato investito direttamente il presidente Obama vista la difficoltà che molti studenti incontrano a restituire il prestito. Ma che può rivelarsi fattore importante di innovazione soprattutto se non si tratta più di un debito ma di capitale di rischio. Anche la Consob sembra aver capito meglio le potenzialità del fenomeno e nel Regolamento sulle start-up innovative relativo all'equity crowdfunding, ha positivamente limato quelle rigidità operative che ne caratterizzavano la prima stesura. Vedremo se ciò aiuterà il reperimento di capitali per le giovani imprese in possesso dei requisiti per crescere. Arriveremo anche in Italia a qotare le potenzialità di studenti e ricercatori? Per il momento c'è ancora il prestito d'onore con il suo carico di burocrazia. Poi chissà?  Finanziare la formazione dei giovani sta diventando un grande problema. con riflessi importanti sul diritto allo studio. Forse puntare sui ragazzi potrebbe essere una maniera per mettere davvero la finanza a servizio del futuro. di Nino Sunseri

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