Redditometro, il Garante della Privacy pone il veto: "Dati certi e metodo trasparente, o non si parte"
La creatura di Attilio Befera registra una battuta d'arresto all'ultimo step prima del via. Bisogna rivedere i metodi. Niente spese presunte, solo quelle certificate
Che il redditometro si basi su dati certi, che preveda un chiaro contraddittorio e sia trasparente coi contribuenti. Altrimenti niente via libera. A porre un limite alle pretese di "onniscienza" dell'Agenzia delle Entrate, che del redditometro vuole fare lo strumento perfetto per fare i conti in tasca agli italiani e stanare qualsiasi forma di elusione ed evasione fiscale, è il Garante della Privacy. L'ente di tutela della riservatezza dei cittadini, dal quale si aspettava l'ultimo disco verde prima che lo strumento di controllo ideato da Attilio Befera divenisse operativo, ha imposto un pacchetto di sei correzioni. Altrimenti il redditometro non può partire. Le controproposte - Si parte dalla richiesta di accuratezza dei dati: il garante ha già riscontrato discordanze nei database tra famiglia fiscale e anagrafica, da cui dipende la correttezza della ricostruzione del reddito. Cassate le medie Istat: le medie dell'Istituto di Statistica per le spese ricorrenti (come abbigliamento, alimentazione o vacanze) non potranno essere applicate nei calcoli del redditometro, proprio perché sono valide nel generico ma non nello specifico. Colpo d'arresto anche per il "fitto figurativo": Befera vorrebbe sottoporre ad accertamento gli italiani che non risultano né proprietari di immobili né intestari di contratti di locazione nel comune di residenza. Ma il garante della Privacy invita a rivedere i meccanismi perché, stando agli attuali parametri, sarebbero "attenzionati" dal redditometro anche due milioni di minori. Metodo scientifico - Diretta conseguenza di quanto detto finora, è che il Garante impone che il reddito del contribuente venga ricostruito solo in base a elementi certi e documentati, e non su spese presunte. E' chiesto anche il potenziamento dello strumento del contraddittorio (ma già l'Agenzia delle Entrate si stava muovendo in questa direzione): nell'invito al contribuente dovrà essere specificata chiaramente la natura obbligatoria o facoltativa degli ulteriori dati richiesti dall'Agenzia (come l'estratto conto) e le conseguenze di un eventuale rifiuto anche parziale a rispondere. Dati presunti di spesa, non ancorati ad alcun elemento certo e quantificabili esclusivamente sulla base delle spese Istat, non potranno costituire oggetto del contraddittorio. E questo perché la richiesta di tali dati (relativi ad ogni aspetto della vita quotidiana, anche risalenti nel tempo) entra in conflitto con i principi generali di riservatezza e protezione dati sanciti in particolare dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il contribuente, è l'ultima richiesta del Garante della Privacy, dovrá essere informato in maniera preventiva in sede di dichiarazione dei redditi e in maniera permanente sul sito dell'Agenzia delle entrate, del fatto che i suoi dati personali saranno utilizzati anche ai fini del redditometro.