Gyorgy Matolcsy, presidente della Banca centrale d'Ungheria: "L'euro è una trappola, non una miniera d'oro"
A Budapest si felicitano per lo scampato pericolo: non hanno perduto la sovranità monetaria. Dall'esterno, possono dispensare anche consigli più o meno disinteressati: «È giunto il momento di cercare una via d'uscita dalla trappola dell'euro», sentenzia Gyorgy Matolcsy, dal 2013 governatore della Banca Centrale d'Ungheria, sul Financial Times. Sono trascorsi trent'anni dal crollo del Muro di Berlino e circa due decenni dall'entrata in vigore della moneta unica europea, ma fra i due eventi c'è un legame: «Alexandre Lamfalussy, l'economista ungherese, aveva ragione nel dirci che era necessaria una moneta comune per rafforzare il legame tra le potenze europee e difendere l'Ue dai sovietici». Soltanto che «la decisione finale di creare l' euro venne presa a Maastricht nel 1992, con il crollo dell' Unione Sovietica. La ragion d' essere della valuta è venuta a mancare proprio mentre veniva creata». E, a quel punto, si è trasformata in una sfida agli Stati Uniti, perché la Russia non costituiva più un pericolo. Così, «la visione europea degli Stati Uniti d' Europa negli ultimi due decenni ha portato a una guerra americana, sia aperta che occulta, contro l' Ue e l' Eurozona». LE PAURE FRANCESI - L' analisi, economica del ma anche politica è impietosa. Matolcsy è stato due volte ministro dell' Economia e il confronto con i partner comunitari lo ha messo di fronte ad alleanze ed equilibri instabili. Si è convinto che la creazione dell' euro «è stata una trappola della Francia. Mentre la Germania si univa, François Mitterrand, allora Presidente francese, temeva il crescente potere tedesco e credeva che convincere il Paese a rinunciare al marco tedesco sarebbe bastato a evitare un' Europa tedesca. Il cancelliere dell' epoca, Helmut Kohl, cedette e considerò l' euro il prezzo da pagare per una Germania unificata». Leggi anche: Socci legge i segnali: "Tempesta perfetta in arrivo". Perché in un modo o nell'altro Conte andrà a casa Ma ora, spiega il banchiere, «dobbiamo trovare il modo di liberarci da questa trappola. Gli europei devono rinunciare alle loro pericolose fantasie di creare un potere in grado di competere con gli Stati Uniti. Nei prossimi decenni i membri della zona euro dovrebbero essere autorizzati a uscire dall' area valutaria, e quelli rimanenti dovrebbero costruire una valuta globale più sostenibile. Nel 2022 celebriamo il trentesimo anniversario del trattato di Maastricht che ha adottato l' euro riscrivendo gli accordi». Ammettere che è stato un fallimento è il primo passo. Matolcsy, sul quotidiano di Londra, capitale di un Paese dove si sono tenuti ben stretti la sterlina, è a suo agio nell'affermare che «la maggior parte dei Paesi della zona euro ha avuto un andamento migliore prima dell' euro che dopo la sua entrata in vigore. Secondo l' analisi del Center for European Policy nei primi due decenni di euro ci sono stati pochi vincitori e molti perdenti. Non era certo stata necessaria una valuta comune per le storie di successo europee di prima del 1999, e la maggior parte degli Stati membri dell' Eurozona non ne ha beneficiato in seguito». GERMANIA IMPREPARATA - Non se n'è avvantaggiato nessuno, nemmeno Berlino, perché «ora abbiamo una Germania europea, non un' Europa tedesca, e l' euro non è stato in grado di impedire l'emergere di un'altra forte potenza tedesca. Ma anche i tedeschi sono caduti nella trappola dell' euro "troppo bello per essere vero". L'inclusione delle economie dell' Europa meridionale nella zona euro ha portato a un tasso di cambio abbastanza debole da consentire ai tedeschi di diventare la più potente macchina di esportazione globale dell' Unione europea. Questa opportunità inaspettata li ha riempiti di soddisfazione. Hanno trascurato di aggiornare le proprie infrastrutture o di investire adeguatamente nei settori in espansione. Hanno mancato la rivoluzione digitale, calcolato male l' emergere della Cina e non sono riusciti a costruire aziende globali paneuropee. Allo stesso tempo, aziende come Allianz, Deutsche Bank e Bayer si sono prodotte in inutili sforzi per conquistare Wall Street e gli Stati Uniti. Molto meglio rimanere padroni a casa propria, insomma con il fiorino ungherese, che si può svalutare a seconda delle esigenze dell' economia, pur di attrarre investimenti esteri. di Mario Dergani