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Pensioni, le ipotesi: congelamento o taglio

Nella legge di Stabilità è assalto agli assegni: li vogliono spremere (ancora)

Andrea Tempestini
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È un attacco concentrico e qualche effetto (taglio) lo avrà. La manovra a tenaglia sulle pensioni iniziata nell'ultimo anno con il non adeguamento dei trattamenti all'inflazione per quelli superiori a soglie modeste (fino a 3.000 euro lordi), è solo un primo bossolo tracciante di una strategia ben più sottile e diffusa.  Giusto lunedì l'aula di Palazzo Madama comincerà l'esame del disegno di legge sulla Stabilità per il 2014 predisposto dal governo di Enrico Letta. E la deindicizzazione delle pensioni è proprio annidata tra gli articoli. Ma le proposte - anche fantasiose - sono ben più corpose. «In materia pensionistica», sintetizza Pier Luigi Franz sottile studioso di norme e lacciuoli normativi, «ci si trova di fronte ad un delirio di proposte ed emendamenti in cui il qualunquismo e il pressappochismo la fanno da padrone con lo scopo solo di catturare voti in vista di future elezioni». Franz parla di una sorta «di tiro al bersaglio da parte dei senatori di tutti i gruppi politici che hanno fatto a gara per chi l'ha sparata più grossa con l'unico obiettivo di colpire e addirittura anche con effetto retroattivo i vitalizi di maggiore importo, impropriamente ritenuti “d'oro” anche a fronte di versamenti di contributi previdenziali per oltre 40 anni, e di bloccare per altri anni la rivalutazione Istat delle pensioni».  Peccato che «questi illustri parlamentari proponenti», ironizza l'ex giornalista che per 40 anni ha seguito come un certosino i lavori della Corte Costituzionale, «non conoscono davvero la Costituzione della Repubblica e in particolare gli articoli 2, 3, 23, 36, 38 e 53, e le sentenze emesse in materia dalla Corte Costituzionale (da ultimo la n. 116 di quest'anno) e dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo perché c'è da restare davvero trasecolati di fronte a tanta ignoranza». Nella sventurata ipotesi che il Senato - nonostante il parere di non ammissibilità - dovesse approvare alcuni di questi bizzarri emendamenti la quasi totalità delle pensioni di professionisti, dirigenti, manager e quadri (anche non iscritti all'Inps ma ad altre casse previdenziali) non verrebbe rivalutata neppure nel 2014 dopo il blocco biennale imposto dal governo Monti, ma addirittura potrebbe subire un nuovo pesante taglio per finanziare gli esodati, nonostante la Consulta con sentenza n. 116 di quest'anno abbia già bocciato proprio la decurtazione dei vitalizi superiori ai 90mila euro decisa del governo Berlusconi nell'estate 2011 e poi confermata dal governo Monti. Provvedimenti errati e incostituzionali che già quest'anno (e il prossimo costeranno) alle casse dello Stato un aggravio milionario per la restituzione di quanto furbescamente sottratto.  La Corte aveva contestato e annullato il prelievo perché per essere valido doveva essere applicato a tutta la platea dei pensionati per dare seguito al principi della progressività costituzionale di contribuzione fiscale. Essendo stata applicata la norma solo su base discriminatoria (oltre 90mila euro), i supremi giudici avevano bocciato il prelievo e costretto Inps e casse a restituire (in due comode rate) il maltolto con gli interessi.  Il grimaldello per scippare quattrini anche a chi ha versato contributi per decenni e quindi giustamente incassa anche pensioni consistenti, forse lo offrirà un tempestivo ordine del giorno dei grillini che in nome dell'equità distributiva - e scavalcando l'indignazione per le vere pensioni d'oro - hanno proposto di tosare, ma in maniera diversa, un po' tutti. Pagando tutti chi un centesimo, chi migliaia di euro (come Lamberto Dini e Giuliano Amato) decadrebbe il pregiudizio incostituzionale che ha bloccato i precedenti tentativi Berlusconi e Monti. L'idea è di far pagare un'aliquota aggiuntiva dello 0,1% per le pensioni   che vanno da 1 fino a 6 volte il minimo; 0,5% per quelle che superano   dalle 6 alle 11 volte le pensioni minime; 10% per i pensionati che   superano il minimo di oltre 15-20 volte; 15% per chi è al di sopra   delle minime di 20-25 volte e così procedendo fino ad arrivare alla   sforbiciata del 32% per le pensioni al di sopra di 50 volte il   minimo. L'emendamento pentastellato farà forse da cavallo di Troia per rivoluzionare il pianeta pensionistico (oltre 160 miliardi di spesa l'anno), visto che il 5% appena dei pensionati (quelli con trattamenti di platino) si mangia la metà di quel che   spende lo Stato per il sistema previdenziale, 45 miliardi.  Ma c'è dell'altro e sempre in ambito giuridico, ma questa volta europeo. La raffica - che potrebbe falciare tutti  (pensionati d'oro o di stagno, dipendenti pubblici con il ricco retributivo e lavoratori privati con il ben più parco contributivo) arriva dalla Corte europea dei diritti dell'uomo  di Strasburgo che lo scorso 8 ottobre ha stabilito il principio secondo cui «in caso di difficoltà finanziarie, che impediscono per di più il rispetto di obblighi internazionali, uno Stato può imporre alcuni tagli alle pensioni di una determinata categoria di persone». La decisione della Corte di Strasburgo non è di immediata applicazione nel nostro Paese, perché dovrà superare lo scrutinio di costituzionalità. Ma offrirà il fianco all'ennesimo giro di valzer sulle pensioni. Allungamento dell'età lavorativa, aumento contributivo, riduzione dell'assegno, limatura dell'indicizzazione. Chiamatela pure ennesima riforma, declinatela come preferite. In tasca entreranno meno quattrini. Con tanto di sigillo europeo. di Bernardo De Sol

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