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Stabilità, la manovra arriva in Parlamento

Il testo arriva alle Camere. Scontro sulla Tasi, costerà più dell'Imu. Bagarre anche sul taglio del cuneo fiscale. Il Pdl: "No ai tagli sulla sicurezza"

Ignazio Stagno
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Nemmeno sette giorni e già cambia tutto. Dopo gli annunci sulla legge di stabilità del premier Enrico Letta, la manovra che sta per essere approvata comincia ad essere ben diversa da quella promessa dall'esecutivo. Tasi da alleggerire, Sanità senza tagli e, possibilmente, senza ticket sulla specialistica dal 2014, più fondi da destinare alle forze dell'ordine e al pubblico impiego, raddoppiare le detrazioni sul lavoro. La manovra, dopo la “promozione” del Consiglio dei ministri, si avvia a iniziare il suo iter in Parlamento. Già lunedì 21 dovrà superare il primo importante test: il vaglio di Bruxelles. Ma tra Montecitorio e il Senato Pdl, Pd e gli altri partiti della maggioranza sono pronti alla guerra per aumentare le risorse di almeno 10 miliardi di euro. Il margine è strettissimo. Tutti, in sintesi, vogliono aumentare la disponibilità di risorse e ridurre le disuguaglianze, ma da via XX settembre blindano la manovra: "Ogni cambiamento, avverte il ministero dell'Economia, è a fronte di nuove tasse o altri tagli", fa sapere il ministro Fabrizio Saccomanni. I sindacati, da subito sul piede di guerra, hanno annunciato quattro ore di sciopero. (leggi l'articolo sullo sciopero dei sindacati e il taglio agli statali). II presidente del Consiglio Enrico Letta ha ammonito chi è già salito sulle barricate: "In questi mesi ho imparato che si blocca tutto quando non si scioglie alla radice il problema dei cosiddetti concerti, quando non si riesce a dire 'nò a un ministero. La prima cosa è quella di stilare le priorità e dire chi comanda. Meno concerti ci sono e più una cosa funziona".  L'avvertimento di Squinzi - Sull'alta tensione legata all'approvazione della legge di Stabilità interviene anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che è preoccupato che  nel passaggio da decreto a legge "saltino fuori le solite porcate, porcherie, di cui abbiamo larga esperienza nel passato: mi auguro che questo non avvenga''.  E aggiunge: "Perché la presidenza italiana della Ue sia utile ''abbiamo bisogno di stabilità politica e mi auguro che il governo possa durare anche qualche mese più in là, visto che da maggio ad ottobre 2015 abbiamo l'Expo e presentarsi in una situazione di instabilità politica non sarebbe positivo''. Poi in risposto all'appello del presidente Napolitano dice che ''la mancanza di coraggio non è da parte delle imprese, ma in questo momento da parte del governo che non ha ritenuto di mettere mano con forza alla riduzione della spesa pubblica'. 'Con 850 miliardi di spesa pubblica, un taglio del 2-3-4% libererebbe risorse enormi: noi chiedevamo 10 miliardi  per il cuneo fiscale''. Cuneo fiscale - La richiesta più pesante riuguarda la sanità. In tanti chiedono di rivedere i tagli alla Sanità e le agevolazioni alle imprese per rimpolpare i famosi 14 euro destinati dalla manovra Letta a rimpinguare la busta paga dei lavoratori. ll Pd propone di concentrare le risorse verso i redditi più bassi, ma l'importo resterebbe esiguo e non è escluso che durante il percorso parlamentare di raddoppiare i 2,5 miliardi oggi disponibili e tenere conto anche dei figli a carico. Il Pdl invece è sul piede di guerra per la Tasi che potrebbe pesare sulle tasche dei contribuenti più dell'Imu 2012, quando ancora si pagava sulla prima casa. Secondo i calcoli del "Sole24Ore", nella sua versione "standard"(ovvero considerando l'aliquota base dell'1 per mille) la Tasi costerà più dell'Imu sulla prima casa, 3,7 miliardi di gettito attesi contro i 3,3 miliardi della defunta Imu con aliquota al 4 per mille. Infine resta da sciogliere il nodo statali. Nodo statali  - In gioco ci sono le buste paga di 3 milioni di dipendenti. Il Pdl con Gasparri chiede di rivedere i tagli soprattutto per il comparto sicurezza. Anche le risorse per la cassa integrazione vengono considerate insufficienti dai sindacati. E non è detto che il taglio lineare delle agevolazioni fiscali (dai mutui alla sanità), già oggetto di critiche da parte del Pd, possa passare indenne il passaggio di Senato e Camera. In tal caso la sostituzione della clausola di salvaguardia imporrebbe di trovare una nuova garanzia di 3 miliardi già dal 2015. Insomma la manovra che uscirà dalle Camere sarà ben diversa da quella di cui ha parlato Letta. E a pagare saremo sempre noi. 

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