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I pensionati perderanno fino a 2mila euro l'anno

Saranno rivalutati del 100% rispetto all'inflazione solo gli assegni fino a 1.500 euro mensili. Per gli altri aumenti parziali

Giulio Bucchi
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Brutte notizie in arrivo per i pensionati. Per effetto della legge di Stabilità, infatti, gli assegni rischiano di subire un rilevante ridimensionamento: chi oggi percepisce 1.500 euro lordi perderà mille euro nel corso dei prossimi tre anni. Chi ne prende più di 2.500 subirà una contrazione di duemila euro all'anno. La chiave di tutto è la rivalutazione rispetto all'inflazione. Il cui nuovo sistema risulta penalizzante rispetto alle regole precedenti la riforma   del 2011, determinando la sforbiciata  di cui sopra. Fino al decreto Salva-Italia del 2011 era funzionato così: le pensioni fino a tre volte il minimo ricevevano un adeguamento pari al 100% dell'aumento dell'inflazione, quelle fra le tre e le cinque volte si rivalutavano al 90% mentre quelle dalle cinque volte in su si dovevano accontentare del 75%. Il primo cambiamento era intervenuto col governo Monti: rivalutazione al 100% per 2012 e 2013 solo per gli assegni fino a tre volte il minimo (e per quelli superiori a quel limite ma inferiori a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante). Dal salva-italia in poi Con la legge di Stabilità, il quadro diventa quello che segue: rivalutazione piena (100%) per le pensioni fino a tre volte il minimo, al 90% per quelle tra le tre e le quattro volte, al 75% per quelle tra le quattro e le cinque volte. Come si raggiunge il quintuplo del minimo Inps (cioè 2.405 euro) la rivalutazione si ferma al 50%. Peggio ancora per quanti percepiscano una pensione pari o superiore a sei volte il minimo (quindi dai 2.886 euro in su): costoro non si vedranno riconoscere alcun beneficio. Detto questo, resta da vedere l'impatto delle nuove misure sulle tasche dei pensionati. I calcoli li ha fatti il Sole24Ore, e c'è poco da stare allegri. Si fa prima a dire chi esce indenne: chi fino al 2011 prendeva fino a 1.405,05 euro al mese non hanno subito decurtazioni negli ultimi due anni. Quanti fino al Salva-Italia avessero percepito, per esempio, 1.500 euro (cioè più di tre volte il minimo), fino ad ora hanno perso 1.03 euro secchi all'anno. E da qui al 2016 peggiorerà: per effetto della legge di Stabilità, il saldo finale tra trentasei mesi sarà di 1.068 euro in meno su base annua. In termini percentuali, il taglio vale il 4.9%. E più cresce il valore dell'assegno, più cresce l'entità della perdita. Chi nel 2011 incassava una pensione da 2.600 euro al mese, per effetto del ticket Salva-Italia e legge di Stabilità, ora del 2016 avrà maturato una perdita netta di oltre duemila euro all'anno, pari al 5,5% dell'importo complessivo. E le dichiarazioni del ministro Enrico Giovannini non promettono nulla di buono: «La messa in sicurezza del sistema pensionistico non assicurerà necessariamente un futuro dignitoso per tante persone». Aspettando la consulta Paradossalmente, gli unici che rischiano di uscire non del tutto malconci da tutto questo sono i percettori delle cosiddette pensioni d'oro. Intorno all'annunciato contributo di solidarietà a carico di chi prende pensioni a cinque zeri l'incertezza regna infatti sovrana. Non è ancora chiaro se il prelievo dovrà toccare solo ai maxi-assegni superiori ai trecentomila euro o se reggerà l'impianto progressivo per quelle dai centomila in su (contributo del 5% per i pensionati a 150mila euro, del 10% per quelli a 200mila e 15% per quelli a 250mila). Quale che sia la formulazione definitiva del prelievo, si dovrà passare il vaglio della Corte costituzionale. E qui il precedente è di quelli che fanno sperare male: pochi mesi fa la Consulta aveva infatti bocciato l'analoga misura introdotta dal governo Berlusconi e confermata dall'esecutivo Monti. «La norma impugnata», ricordava giusto ieri il presidente della Corte Gaetano Silvestri, «violava l'articolo 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza, giacché i prelievi che si impongono ai cittadini devono rispettare il criterio che ad eguale reddito venga applicato eguale prelievo». Marco Gorra  

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