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Alitalia, stop da Airfrance: "Il prezzo è troppo basso"

Secondo il vettore transalpino la soluzione del governo "è insufficiente". Replica: "L'aumento di capitale si farà anche senza i francesi"

Giulio Bucchi
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Il salvataggio di Alitalia si farà. Ma a prezzo di forzature che non lasciano prevedere un futuro facile. Ad ammettere la prima e più importante è stato lo stesso premier Letta  nell'intervista rilasciata al Sole 24 Ore: «L'intervento di Poste ha obbligato i privati a investire. Scommettendo sul futuro». L'assegno da  75 milioni di euro che Sarmi staccherà per partecipare alla ricapitalizzazione della ex compagnia di bandiera è sicuramente una fiche molto pesante sul piatto del salvataggio. Il cui valore  si moltiplica, proprio in virtù del ragionamento di Letta. L'intervento della Spa pubblica vincola i «capitani coraggiosi» guidati da Colaninno a mettere nuovamente mano al portafoglio. Sui 300 milioni complessivi di ricapitalizzazione gli attuali soci italiani sono chiamati a partecipare con 50. Altri 75 competono ad Air France, mentre un consorzio di banche guidato da Intesa e Unicredito è pronto a farsi carico dell'eventuale inoptato fono a un massimo di 100 milioni. Ma la quota francese è tuttora in bilico. Dopo aver puntualizzato, venerdì sera, che il via libera all'aumento di capitale non comporta automaticamente la loro partecipazione, ieri hanno gettato altra sabbia negli ingranaggi: «Il piano di emergenza proposto non è sufficiente» e «il valore della compagnia non è stato determinato» riferiscono fonti di Air France  al quotidiano transalpino Les Echos. Secondo quanto riporta invece Le Figaro, la compagnia franco-olandese  resta comunque interessata a salire al 50% di Alitalia, con l'obiettivo  di ottenerne la gestione operativa e varare così  un piano di ristrutturazione alternativo. L'ad Alexandre de Juniac è orientato a rimanere alla finestra, «in attesa di una soluzione ai problemi finanziari del vettore». Una posizione, quella riferita da Le Figaro, che ignora gli ultimi avvenimenti e probabilmente risale all'inizio della settimana. Ma a questo punto la posizione del socio stranieri è meno vincolante di quanto non fosse fino a pochi giorni or sono. Le indiscrezioni riferiscono di un Sarmi che già avrebbe messo al lavoro la sua squadra di esperti a un piano in tre punti per sfruttare le sinergie fra Poste e Alitalia: il potenziamento del trasporto aereo della posta, lo sviluppo dell'e-commerce in cui le Poste sono entrate da meno di un anno e la condivisione dei canali di vendita per i biglietti on line e l'accentramento su un'unica piattaforma della gestione dei sistemi operativi. Forse è un po' tardi per puntare i piedi. E infatti fonti vicine al piano di salvataggio varato venerdì  dal cda dell'ex compagnia di bandiera, fanno sapere che la ricapitalizzazione  si farà con o senza l'apporto del socio francese. Anche se  è auspicabile che  Air France insieme a tutti i soci partecipi all'operazione. «L'operazione è stata strutturata in modo tale da garantire la riuscita, con o senza la partecipazione dei francesi». Ma a testimoniare che i malumori serpeggiano anche al di qua delle Alpi è arrivata ieri la presa di posizione di Gian Maria  Gros-Pietro, presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo: «Noi chiediamo un management  professionale per una gestione trasparente del gruppo, che assicuri   una corretta comunicazione agli azionisti», ha affermato, sottolineando che «non può succedere di comunicare agli investitori 15  giorni prima che non c'è carburante». Anche perché la partecipazione dei soci bancari «non può essere di lungo periodo», ha aggiunto, «e Alitalia ha bisogno di inserirsi in un network e trovare un partner». L'obiettivo degli ultimi dieci anni. di Attilio Barbieri

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