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Amici e colleghi usati da spie per trovare gli evasori

Le Entrate potranno avviare indagini finanziare e chiamare in causa parenti e conoscenti, costretti a rispondere

Andrea Tempestini
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Un questionario ti allunga la vita…O almeno così sperano gli italiani (la prima tranche farà le pulci a 35 mila persone) che finiranno  sotto la lente degli ispettori del fisco. Se è vero che il nuovo redditometro vuole evitare gli errori del passato e garantire un maggiore confronto tra contribuente e controllori, la letterina con tanto di domande a cui rispondere che arriva a casa del sospettato evasore rappresenta il primo passo verso un approccio più garantista. E il questionario, in effetti, è una sorta di avviso di garanzia. Ti dice che il fisco ha messo a raffronto i dati che possiede sul tuo reddito e sulle spese che hai sostenuto e che c'è qualcosa che non quadra. Tecnicamente si chiama incongruità. Insomma, per confermare o confutare questi sospetti pone degli interrogativi al contribuente e questi  è chiamato a rispondere entro 15 giorni. Può chiedere, motivando, un differimento, ma se non risponde rischia una sanzione amministrativa che oscilla tra i 258 e i 2.065 euro, ma soprattutto non può più portare in sede di contenzioso quelle stesse notizie o quegli stessi documenti.    «Il contribuente selezionato per la verifica in esito alle analisi di incompatibilità tra spese sostenute e reddito dichiarato – spiega il commercialista Federico Grigoli, partner dello studio Pirola, Pennuto e Zei  - si vedrà recapitare un questionario contenente domande quali ad esempio “documentare le spese sostenute per viaggi, crociere, iscrizione a circoli e acquisti di beni preziosi” oppure “documentare somme derivanti da eredità o vincite” oppure ancora “informazioni su atti di liberalità documentati”. E se la persona messa nel mirino non vuole rispondere? Sanzione amministrativa a parte, il vero rischio è che gli elementi e i dati non trasmessi in risposta non possano essere poi usati a favore del contribuente (ma su questa impostazione dell'agenzia la giurisprudenza non è concorde) ai fini dell'accertamento salvo che il cittadino sia in grado di dimostrare che l'inadempienza è dovuta a forza maggiore. Comunque, se dopo le risposte fornite attraverso il questionario, l'ufficio ritiene che ci siano elementi idonei a fondare un accertamento, allora prende il via la fase di contraddittorio con l'invio dell' invito a comparire di persona, o per mezzo dei rappresentati, al fine di fornire chiarimenti. In tale fase il contribuente ha sicuramente più possibilità di circostanziare la sua posizione». Appurato che conviene rispondere, emerge con chiarezza che l'obiettivo del nuovo redditometro di «irrobustire» il rapporto tra fisco e contribuente nasconde delle sorprese poco piacevoli.  Primo. «Bisognerà innanzitutto capire – continua Grigoli – se le domande poste dal questionario saranno generiche o molto specifiche. Oggi gli strumenti in possesso dell'amministrazione finanziarie sono talmente tanti che non sarebbe difficile porre degli interrogativi chiari e ben circostanziati ai cittadini, in modo da dare loro la possibilità di rispondere più agevolmente. Ma il mio timore è che alla prova dei fatti assisteremo al processo contrario. Con domande generiche e l'obbligo del contribuente di circostanziare». Secondo. Come evidenziato nella circolare numero 24/E, «se  il contribuente non si presenta, l'ufficio valuta l'opportunità di adottare più penetranti poteri di indagine conferiti all'Amministrazione…anche in ragione della significatività dello scostamento tra reddito dichiarato e reddito determinabile sinteticamente. Attraverso ad esempio l'utilizzo dello strumento delle indagini finanziarie…». In poche parole, in mancanza di collaborazione la morsa del fisco tenderà a farsi sempre più stretta. E così, passerà al setaccio le varie banche dati a cui ha accesso e chiederà agli istituti di credito di fornirgli tutte le informazioni che ritiene opportune sui nostri conti e sui nostri investimenti Terzo. Siamo ancora reticenti? E allora- come sottolinea il Sole 24 Ore - Il fisco può chiamare in causa i nostri conoscenti o comunque persone che hanno intrattenuto rapporti con noi. In sostanza, se continuiamo a fare gli indifferenti gli ispettori avranno la facoltà informarsi presso terzi su modalità ed entità delle spese che abbiamo sostenuto. Potranno andare dal nostro gioielliere di fiducia e chiedere dell'ultimo prezioso acquistato, interrogare il ristoratore che siamo soliti frequentare, ma anche mettere alle strette l'amico o il familiare dal quale abbiamo ottenuto un prestito per superare un momento di difficoltà. Anche se bisogna ricordare che nel processo tributario la prova testimoniale non ha valore. di Tobia De Stefano

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