Imu, dall'abolizione alle detrazioni: tutte le ipotesi per la tassa sulla casa
Relazione del Ministero dell'Economia: esenzione, rendita catastale, reddito, Isee. Cosa cambia per Erario e contribuenti
Novanta pagine, una decina di proposte concrete da sottoporre alla discussione della maggioranza. E' la relazione sull'Imu consegnata dal ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni per studiare le possibili opzioni riguardo la tassa sulla casa: eliminazione, rimodulazione, esenzioni e detrazioni varie. E tutto, naturalmente, con la relativa ricaduta finanziaria per le casse dello Stato e politica per i partiti che sostengono l'esecutivo Letta. Le posizioni, in questo senso, sono chiare: il Pdl preme l'elminazione totale della tassa, mentre il Pd preferirebbe non gravare eccessivamente sui conti pubblici. Esenzione totale - Il team del Ministero dell'Economia e delle Finanze ha preso in considerazione ogni sfumatura d'intervento, con risultati anche sorprendenti come sottolinea il Sole 24 Ore. Si parte dall'esenzione totale per le prime case (eccetto ville, case signorili, castelli), che produrrebbe per i 17,8 milioni di contribuenti interessati un risparmio medio di 227 euro a testa. Misura che costerebbe all'erario 4 miliardi e che, sottolineano dal Ministero, renderebbe l'Italia una mosca bianca in un panorama europeo dove tutti i principali Paesi dell'Unione hanno una forma di prelievo sulla prima casa. Aumento detrazione - L'altra via è mantenere la tassa, ma rimodularla per mezzo di un aumento delle detrazioni. Si parte da quella base di 200 euro (più 50 per ogni figlio) e si arriva al minimo di 300 euro fino al massimo di 500 euro. I due problemi maggiori riguardano la sperequazione dell'intervento, che favorirebbe più i contribuenti con reddito elevato che il ceto medio, e graverebbe soprattutto sui contribuenti delle aree urbane, togliendo introiti ai piccoli centri. Allo Stato costerebbe fino a 2,7 miliardi. Detrazione in base alla rendita - Se ci si basa sulla rendita catastale, le detrazioni salgono a 437, 508 e 618 euro per le abitazioni rispettivamente con rendita di 650, 756 e 920 euro. In questo caso migliorerebbe la progressività dell'imposta, favorendo gli immobili di minor valore, ma penalizzati sarebbero ancora i piccoli centri urbani. L'Erario perderebbe fino a 2,2 miliardi. Detrazione in base al reddito - Concentrandosi sul reddito del contribuente, invece, lo sconto sarebbe notevole per chi ha reddito di 55.000 euro e rendita catastale oltre i 418 euro, aumentando la detrazione dagli attuali 200 euro a 280, 330 e 400 euro. Per il Ministero, il rischio è quello di favorire gli evasori fiscali e fenomeni di elusione come l'intestazione fittizia a un familiare con reddito più basso. Allo Stato la misura costerebbe 2 miliardi. Detrazione in base all'Isee - Prendendo in considerazione l'indicatore Isee e l'effettiva composizione del nucleo familiare e del patrimonio reale, il Ministero ipotizza una detrazione di 600 euro che eliminerebbe quella attuale di 200 e gli annessi bonus di 50 euro per figlio. La detrazione sarebbe piena per i più poveri (Isee sotto i 13.000 euro) e andrebbe a calare fino ad annullarsi sopra i 70mila euro. Una Imu così impostata toglierebbe all'Erario 2 miliardi. Detrazione sui valori Imu - Per rivedere al meglio l'imposta, è ormai noto che servirebbe una riforma catastale profonda e funzionale. Si potrebbe tamponare l'attesa (anche lunga) applicando le detrazioni in base ai valori di mercato messi a punto dall'Osservatorio del mercato immobiliare. Il guaio è che sarebbero "valori di larga massima" quindi a forte rischio di "ingiustizia" fiscale. Lo Stato perderebbe 2,3 miliardi. Via Imu, sì Service Tax - L'alternativa non è l'abolizione dell'Imu, ma la sua sostituzione con la Service Tax che comprenderebbe tutte le imposte sull'abitazione, rifiuti compresi. Situazione complicata, con molti distinguo (per esempio, sgravi per i non proprietari tenuti comunque a pagare la Tares), ma che costerebbe "poco" allo Stato: appena 700 milioni di euro. Imu sì, ma con credito d'imposta - Resta poi l'ultima ipotesi, sorta di escamotage fiscale: mantenere l'Imu sulla prima casa rendendola però detraibile ai fini Irpef. Di fatto, si tratterebbe di un prestito (infruttifero) allo Stato sotto forma di credito d'imposta, che per giunta costerebbe allo Stato 3,3 miliardi di euro.